Il Messaggero - 28.12.97

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Lo scontro sulla giustizia/Mentre l’Ulivo gela un’eventuale soluzione per Tangentopoli e non esclude misure di clemenza per i terroristi

«Indulto e amnistia? Dopo le riforme»

Forza Italia frena l’ipotesi di chiudere subito gli anni di piombo. Ma An lascia aperti spiragli

di CARLO FUSI

ROMA Dalle polemiche sull’amnistia alla grazia concessa dal presidente Scalfaro ad alcuni brigatisti, il 1997 si chiude all’insegno dei problemi della giustizia. E allo stesso modo si aprirà il 1998: con quegli stessi argomenti e in più il rovente caso Previti. Il rapporto tra politica e magistratura è la scacchiera sulla quale si muovono i tanti ”pezzi” interessati, ma c’è anche la questione delle riforme (non a caso la Bicamerale proprio sulla giustizia ha registrato l’impasse maggiore) e addirittura il destino personale di alcuni leader politici di primo piano. Nulla di strano dunque, che quando, a qualunque titolo, si parla di giustizia gli animi si infiammino e i partiti si accapiglino. Adesso è il turno dell’indulto. La mossa del Colle ha rilanciato l’iniziativa verso le forze politiche: mettere mano ad un provvedimento di clemenza che chiuda definitivamente la pagina della lotta - vittoriosa - contro il terrorismo non è atto visto con ostilità dal Quirinale. Questo il messaggio del presidente, o almeno così molti esponenti politici l’hanno interpretato. «Onestamente non so se la decisione di Scalfaro va valutata in questo modo - osserva il pds Gavino Angius - tuttavia in termini obiettivi l’effetto che produce è proprio quello». Idem il forzista Peppino Calderisi: «Il tema c’è, è inutile negarlo. Nè si deve gridare allo scandalo se se ne parla». Mentre Gianni Alemanno, esponente di punta della destra sociale dentro An, giudica «probabile che su questo tema si determini in Parlamento una maggioranza trasversale», e Giulio Maceratini, capogruppo al Senato, sottolinea che «dopo vent’anni occorre chiudere questa vicenda politica».

Tuttavia sbaglierebbe chi, di fronte a tanto buonismo di fine anno, pensasse che la strada verso un indulto per i terroristi - doverosamente accompagnato da misure per i parenti delle vittime - è spianata. Si parla di giustizia, no? E perciò vale il teorema esposto all’inizio: è materia incandescente. Infatti se lo slogan ”indulto sì, amnistia no” è la trincea dietro la quale si barrica l’Ulivo (anche se nel centro-sinistra ci sono tanti ad esempio tra i Popolari che a sentir parlare di indulto rizzano le antenne), nel Polo che le cose si complicano. Intanto perché se An mostra interesse per l’atto di clemenza verso i terroristi o almeno non lo boccia a priori («Non si può stare fermi», teorizza Francesco Storace), molto più fredda è l’accoglienza da parte di Forza Italia. «Che se ne parli nessun problema - dice il capogruppo forzista al Senato, Enrico la Loggia - ma si tratta di questioni che vanno affrontate con serenità, dopo il varo delle riforme e della nuova Costituzione». Il riferimento alle riforme è, ovviamente, tutt’altro che casuale. FI, infatti, se c’è da scendere in trincea è sull’amnistia che vuole farlo: l’indulto è cosa che, eventualmente, seguirà. Non a caso Michele Saponara usa il machete: se c’è una cosa da fare, dice, è l’amnistia per Tangentopoli e non l’indulto per i terroristi. «Infatti la vicenda di Tangentopoli quale corruzione come sistema è ormai stata svelata, e quindi può considerarsi chiusa, mentre troppi episodi di terrorismo, si pensi al caso Moro, non sono stati ancora chiariti». Più o meno il contrario di quanto pensa quella ”maggioranza trasversale” invocata da Alemanno. Ma la tesi di Saponara, oltre che essere un pugno nello stomaco per l’Ulivo, è solo apparentemente paradossale. Fa il paio con la richiesta di affrontare solo dopo il varo delle riforme la questione del perdono giudiziario. La giusta chiave di interpretazione la offre Calderisi: «Un Paese normale - scandisce - dovrebbe veder processati e condannati tanto coloro che hanno corrotto a tutti i livelli, tanto quelli che, sotto la bardatura di motivazioni ideologiche, riunivano Pubblici ministeri e magistrati a Botteghe oscure e stabilivano strategie politico-giudiziarie, ossia definivano a tavolino la via giudiziaria al potere».

Difficile immaginare che su questo terreno Polo e Ulivo possano trovare utili punti di contatto. Soprattutto considerato che per varare l’indulto serve una maggioranza superiore a quella assoluta. Alle strette: nè indulto nè amnistia? Chissà. E’ il pensiero, tanto per fare un nome, di Antonio Di Pietro che osserva: «Le amnistie si concedono quando un periodo storico è finito. Noi siamo nel mezzo della bufera».

Intanto c’è anche chi punta il mirino direttamente sul Colle. E’ la Lega nord che invita a boicottare il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica: «Questo è uno Stato che perdona chi ammazza e punisce chi rispetta le regole», tuona Roberto Calderoli. Perciò non va seguito. Neanche in tv.

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