Il Messaggero - 28.12.97
PARLA BOATO
«Facciamo subito i conti col terrorismo»
di MARCO CONTI
ROMA - «Non c’è nessun nesso tra la grazia concessa da Scalfaro e le polemiche sull’amnistia. Gli argomenti sono diversi e vanno tenuti distinti, specie nei tempi. Violante ha parlato di un’eventualità, possibile solo dopo l’approvazione delle riforme. Mentre la grazia concessa da Scalfaro riapre il capitolo dell’indulto ai terroristi».
Marco Boato, relatore in Bicamerale dell’argomento più spinoso, la giustizia, è ottimista malgrado gli attacchi che piovono sul lavoro svolto in dieci mesi di Bicamerale.
«Ma l’indulto non c’entra nulla con le riforme ed è ora che il Parlamento se ne occupi varando un provvedimento che chiuda con il periodo del terrorismo».
E che magari riporti fuori Sofri, Bompressi e Pietrostefani?
«No. Per loro il capitolo della grazia è chiuso dal giorno in cui Scalfaro si pronunciò contro con la lettera a Violante e Mancino. Una decisione che mi ha amareggiato e deluso, ma che ha definitivamente precluso ai tre ogni possibilità. Ora per loro c’è la strada della revisione del processo, ma per gli altri l’esigenza resta. La decisione di Scalfaro è positiva per i sei ed è uno stimolo per il Parlamento perchè affronti oggi, e non fra due anni, il problema di come chiudere con il periodo del terrosrismo».
Ma la sortita di Violante sull’amnistia per tangentopoli non rischia di unificare i due problemi?
«Penso che tra due anni, archiviate le riforme istituzionali, sarà giusto che il Parlamento si ponga il problema di voltar pagina anche con un’amnistia, ma per l’indulto si deve far presto».
Così anche lei condivide il Violante-pensiero
«In realtà è il partito giustizialista che ha messo in bocca a Violante pensieri non suoi. Io ho letto l’intervista e il presidente della Camera non ha chiesto l’amnistia per tangentopoli. Ha solo detto che fra due anni, dopo l’approvazione delle riforme, presumibilmente si porrà il problema dell’amnistia a condizione che i condannati restituiscano il maltolto».
E allora perchè tanto clamore?
«Violante è stato vittima del partito delle procure in una sorta di nemesi storica che ha colpito chi per anni è stato indicato come punto di riferimento di quel partito».
Ma ora solo l’eventualità di un ”grande scambio”, riforme contro amnistia non rischia di mettere in crisi tutto il lavoro fatto in Bicamerale?
«Il ”grande scambio” è solo la proiezione inconscia di qualcuno. Non esiste nè per Violante nè per D’Alema. In realtà il partito giustizialista ha costruito tutto ciò solo per affossare le riforme. Questo partito ha ormai una fantasia paranoide del complotto, una malattia mentale che porta ad un’ossessione dietrologica secondo la quale non c’è nulla di trasparente nel nostro Paese. Mentre la questione delle riforme costituzionali ha seguito un iter del tutto trasparente.
Quindi Borrelli, Di Pietro e molti noti esponenti della sinistra giustizialista in realtà sono solo dei malati?
«Non faccio nomi, ma basta mettere in fila tutti coloro che in questi giorni si sono pronunciati per constatare che il partito delle procure è forte e che questo attacco a Violante è solo l’ultima tappa di una strategia volta ad affossare il lavoro della Bicamerale. D’altra parte l’obiettivo è dichiarato».
Se questa è l’ultima tappa, qual è stata la penultima?
«Quella che punta al referendum plurimo. Un’assurdità, non prevista nella legge istitutiva che non passerà».
Un’altra è la richiesta d’arresto per Previti
«Il caso Previti va distinto dalla Bicamerale. La richiesta è legittima e il Parlamento se ne occuperà. Ciò che mi preoccupa è la contestualità tra questa richiesta e l’attacco da parte della stessa Procura al progetto di rifoma istituzionale».
Concidenza sospetta
«Non solo sospetta. E’ esplicita. I vertici della Procura di Milano attaccano il lavoro in maniera diretta. Un tentativo di destabilizzazione che fa, con la richiesta d’arresto, una miscela esplosiva. Le due vicende vanno invece tenute distinte».
Quindi se c’è confusione di piani dicendo ”no” all’arresto di Previti si dà una risposta al Pool?
«La Camera deve valutare prescindendo da pressioni esterne e valutare Previti per quello che è, non legandolo a nulla».