La Repubblica - 06.03.98
Indulto o no?
La Francia dice no a eventuali estradizioni di terroristi o paraterroristi che l'Italia potrebbe chiedere e nel giro di poche ore, qui da noi, si torna a parlare dell'indulto. Ne parlano, naturalmente, i sostenitori, i verdi in prima linea. È tempo di superare gli anni di piombo, dice il deputato Cento, la commissione giustizia ha già esaminato sette articoli del disegno di legge ora all'attenzione della commissione affari costituzionali che deve esprimere un parere sul provvedimento. E aggiunge, un po' sibillinamente: dopo la presa di posizione della Francia, anche Flick e il governo non potranno più scaricare il problema solo sul Parlamento. La parola a Flick, dunque. E il ministro della Giustizia, guarda caso, non può fare altro che "scaricare il problema su una maggioranza parlamentare particolarmente qualificata".
Di indulto, per chiudere definitivamente gli anni del partito armato, si parla da quasi dieci anni. Il primo disegno di legge in materia è del 1989, l'ultimo dell'estate '97. Una nota comune in tutte le proposte, nonostante i momenti storici diversi e i partiti diversi che le presentavano: riequilibrare le pene differenziate previste per gli stessi reati a seconda se a commetterli erano stati terroristi o criminali comuni. In molti casi, poi, si è ipotizzato di commutare l'ergastolo con 21 anni di carcere, di ridurre le pene detentive temporanee e di condonare quelle pecuniarie e accessorie.
A dare una mano ai sostenitori dell'indulto ha pensato l'altra sera Folena, il quale, ricordando l'accordo di Schengen, ha rilanciato l' idea di un atto di forza che sancisca la chiusura di un periodo tragico per il Paese. Atto di forza, per Folena, nel senso di indulto. Ma è difficile che un indulto generalizzato possa essere ben visto e ben accolto dalle associazioni dei familiari delle vittime, che hanno già protestato per le frequenti apparizioni televisive o le partecipazioni a convegni di dissociati o irriducibili delle Br e dei Nar.
Si tenga conto che è indispensabile e prioritario trovare una soluzione al problema delle vittime del terrorismo, quantomeno per dimostrare, come afferma giustamente il Ppi Carotti, "che lo Stato è più sensibile alla questione dei servitori morti che non a quella degli assassini". Va dato atto a Folena che non ha dimenticato questo aspetto della faccenda. Solo tutelando definitivamente i diritti delle vittime si può pensare a chiudere gli anni di piombo.