La Repubblica - 06.08.97
Altolà di Flick: né indulto né grazia
"Temo che al perdono dei terroristi segua quello dei tangentisti"
di GIUSEPPE D'AVANZO
ROMA - Indulto, grazia, pentiti e pentitismo, 513 e 41 bis, Di Pietro senatore e Di Pietro pubblico ministero... La lista delle domande è ben lunga. Un Giovanni Maria Flick, guardasigilli soddisfatto del suo lavoro, dà due boccate alla pipa e principia: "Ecco una vera notizia: dal venti agosto avremo giudice unico e sezioni stralcio..."
Per carità, ministro, non mi vorrà parlare delle sezioni stralcio. Altre sono le domande che voglio farle... "Già, perché in prima pagina può finire a nove colonne soltanto l'articolo 513 nella convinzione che l'intera nazione può fermarsi per quella norma".
Di certo, intorno al 513 si è scatenata una baruffa arroventata. Inutile, a suo avviso? "Non sto dicendo che quella discussione sia stata inutile. Dico che è utile discutere delle sezioni stralcio perché questi provvedimenti restituiranno legalità al Paese".
Mi sta dicendo che la "questione giustizia" si risolve con sezioni stralcio e giudice unico? "E' proprio quello che sostengo. Con le sezioni stralcio e con altri provvedimenti simili si rimetterà in moto nell'arco di un anno una giustizia civile, nei fatti, paralizzata. Io sono convinto che dal tunnel buio delle polemiche sulla giustizia si esce soltanto restituendo alla giustizia la sua natura di servizio. La giustizia non deve essere lo specchio di tutte le contraddizioni del Paese e ho sempre sostenuto che bisogna spezzare quella spirale che avvita nella giustizia tutte le tensioni sociali che sono poi nodi del sistema. La giustizia deve diventare l'ultimo anello per la risoluzione dei conflitti sociali e dei comportamenti devianti. Dobbiamo eliminare il paradosso che, al contrario, vede la giustizia come il primo terreno di confronto. Ma lasciamo perdere ché di paradossi ne potrei elencare a bizzeffe".
Soltanto uno, per favore. "Non è un paradosso che uno Stato debba affermare la propria presenza in un territorio con l'esercito e non con le scuole?".
Oggi siamo alla prese con un altro problema: indulto o grazia? "Né indulto né grazia. Il governo ne deve rimanere fuori".
Senza prendere partito? "Esatto, senza prendere partito. Il governo deve soltanto offrire al Parlamento le informazioni utili a una valutazione politica che spetta in esclusiva al Parlamento".
Ma lei personalmente è per l'indulto o per la grazia? Che cosa pensa l'avvocato Flick? "L'avvocato Flick non esiste più. Ma le rispondo lo stesso. La mia opinione di cittadino e tecnico coincide perfettamente con quella del ministro. L'indulto è una valutazione di carattere squisitamente politico e giudico inopportuna ogni accelerazione o frenata. Come dimostrano le polemiche di questi giorni, le fughe in avanti non pagano. E poi le confesso che, come qualcuno teme, non mi piacerebbe che dopo l'indulto ai terroristi saltasse fuori l'indulto per Tangentopoli".
Niente indulto. E la grazia? Potrebbe essere una soluzione? "Assolutamente no. Perché se l' indulto è un provvedimento generalizzato, al contrario la grazia è un provvedimento personale che non può e non deve avere significati simbolici. E' un atto - la grazia - che deve giocarsi tra quattro protagonisti, le vittime, il condannato, il ministro di Giustizia e il capo dello Stato".
Giovanni Conso rimprovera al parlamentari di votare a volte "alla rinfusa" su alcune questioni molto tecniche come il 513. Lei è d' accordo? "Ho due personali sensazioni dinanzi al lavoro del Parlamento. La prima è positiva. Il Parlamento sta affrontando, in termini di globalità, tutte le dimensioni della questione giustizia. La seconda è perplessa. Ho il timore che, a volte, quando si affrontano temi tecnici, faccia aggio la posizione politica e, al contrario, quando la discussione è politica, come in Bicamerale, si c orra il rischio di oscurarla con valutazioni tecniche". Un esempio? "Non credo che fosse necessario stabilire in Costituzione i modi e le regole del trasferimento del magistrato dalla funzione inquirente alla funzione giudicante. Era sufficiente una legge ordinaria".
Sempre un colpo al cerchio e una alla botte, ministro. Non è l' accusa più frequente che le viene rivolta? "Sì, e sono stufo della storia del cerchiobottista. Mi sforzo soltanto di sfebbrare la temperatura delle polemiche proponendo soluzioni tecniche ai problemi. Questo è il mio lavoro. E credo di assolverlo con la concretezza degli interventi e la difesa dell'indipendenza della magistratura. Poi, ho anche avviato in cinquanta casi l'azione disciplinare, ma mai sotto la spinta emotiva o dell'opinione pubblica o di quale settore politico. Così continuerò a fare. A volte, ne sento di tutti i colori...".
Per esempio? "Mah, quella volta che mi hanno crocifisso per un foto in cui stringo la mano a Francesca Mambro... quando ho dovuto leggere che giravo per le carceri per preparare l' indulto. Quasi ogni domenica io visito un carcere e i terroristi sono più o meno duecento. Non avevo bisogno di andare in carcere per conoscere il loro pensiero".
E la Mambro? "Assistevo a una rappresentazione teatrale a Rebibbia. Alla fine strinsi la mano a tutte le "attrici". A tutte. Ovviamente, sui giornali finì la foto del saluto alla Mambro". Il 513 delle polemiche. Lei proporrà delle modifiche? "I miei emendamenti li avevo già presentati. Il primo, sulla possibile prescrizione dei reati. E' stato recuperato alla Camera. Il secondo prevedeva una normativa che proteggesse il dichiarante da violenze o minacce. Bocciato alla Camera e al Senato. Ora lo si vuole ripescare".
Quindi, lei è d'accordo con il "doppio binario" per i processi di mafia? "No, non voglio il "doppio binario". Voglio che non sia attenuato il sistema delle garanzie, ma non voglio che le garanzie possano essere strumento di impunità. Quindi, bisogna proteggere la raccolta delle prove da minacce e intimidazioni".
Nei giorni scorsi il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo... "Il ministro non discute con un tipo come Mutolo".
D'accordo, ma con il problema che le parole di Mutolo svelano, sì. Il collaboratore sostiene che pentiti, magistrati, poliziotti hanno tutti esagerato e, a volte, si è dato per vere circostanze vere soltanto all'ottanta per cento. C'è da saltare sulla sedia. Non le pare? "Non salto sulla sedia. Io devo affrontare il problema nei limiti imposti al Guardasigilli. Il ministro non ha competenze per intervenire su fatti specifici. Non può giudicare l'attendibilità dei collaboratori né ha gli strumenti per valutare l'importanza delle sue confessioni, lavoro che spetta alla speciale commisione".
Quindi, guarda e tace? "Non taccio, opero. Con concretezza. E dico che, da un lato, c' è la questione della protezione e, dall'altra, quella della valutazione giurisdizionale delle dichiarazioni del collaboratore. Io posso, come ho proposto in un disegno di legge, prevedere l'utilizzazione della collaborazione ai reati più gravi e condizionare la protezione e il trattamento dei benefici alla sottoposizione del protetto al contradditorio, definendo infine la non automaticità tra collaborazione e scarcerazione".
Come giudica la candidatura di Di Pietro? "Ho avuto di fronte Di Pietro come pm e l'ho apprezzato. L'ho avuto accanto come ninistro e l' ho apprezzato. Attendo a valutare il suo lavoro di senatore. Non dubito che ancora una volta lo apprezzerò".
Lo ha apprezzato anche quando - dopo - ha saputo di prestiti a tasso zero, Mercedes e similia? "L'ho saputo dopo e non mi pongo il problema adesso".
Lo voterebbe nel Mugello? "Non voto nel Mugello e, anche se votassi nel Mugello, non glielo direi. L'unico segreto della mia vita è il voto e me lo tengo ben stretto. Comunque sì, scriva che lo voterei".