La Repubblica - 10.08.97

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Anche Colombo contro l'indulto "Troppi lati oscuri nelle stragi"

Il pm di Mani pulite perplesso sugli atti di clemenza: "Ma Tangentopoli non c'entra"

di LUCA FAZZO

MILANO - Dottor Colombo, c'è chi dice che voi di Mani pulite siete contrari all'indulto per i terroristi perché temete che apra la strada ad un'amnistia anche per corrotti e corruttori. "Ma no, cosa c'entra... Non so se tra le conseguenze possibili ci sia anche questa, se qualcuno ci stia davvero pensando. È vero che io ho dei dubbi forti, delle grosse perplessità, sulle proposte che stanno circolando in tema di indulto per i cosiddetti anni di piombo. Ma le ho unicamente per il loro contenuto e per il momento in cui cadono. Queste perplessità le potrei riassumere così: ci sono ancora troppi lati oscuri di quegli anni per pensare ad un provvedimento generalizzato di clemenza. Troppe cose che dobbiamo ancora sapere". 

Gherardo Colombo non è solo uno dei pubblici ministeri di punta del pool Mani pulite. È un magistrato che ha indagato a lungo, quando stava all'Ufficio Istruzione del tribunale milanese, sul fronte dell'eversione.  E, soprattutto, ha lavorato per anni sui misteri più torbidi di quegli anni, come consulente della Commissione parlamentare sulle stragi. Fa parte di Magistratura Democratica, la componente dei giudici che più si è mostrata possibilista sulla necessità di chiudere la pagina delle leggi speciali contro la lotta armata.  "Io mi rendo conto che il problema esiste - dice Colombo - nel senso che la stagione del terrorismo è finita, e si pone la questione di persone che sono in carcere ormai da molti anni. Ma credo che un provvedimento di clemenza possa arrivare solo nel momento in cui si sia fatta una chiarezza sui fatti che in quel periodo si sono verificati nel nostro paese. Mentre, purtroppo, al raggiungimento di questa chiarezza manca, evidentemente, ancora tantissimo". 

Il punto cruciale, secondo Gherardo Colombo, "è quello dei rapporti tra pezzi delle istituzioni e gli ambienti dell'eversione". Dei legami sotterranei che negli anni di piombo correvano tra i due fronti apparentemente contrapposti si sa molto poco, dice il magistrato milanese. E Colombo non crede affatto che questo problema riguardi solo l' eversione "nera", i rapporti tra neofascisti e apparati deviati dello Stato.  "Di pagine da chiarire ce ne sono anche sul versante del terrorismo rosso... Le prime cose che mi vengono in mente sono quelle di cui mi sono occupato più direttamente quando lavoravo alla Commissione stragi: penso alla vicenda Moro, che in alcuni aspetti è ancora tutta da scrivere, o al rapimento di Ciro Cirillo, i cui lati oscuri sono forse ancora maggiori, basta pensare a quanto potrebbe dirci sui rapporti tra camorra e corruzione".

Non è, spiega Colombo, una questione di puntiglio investigativo: "Il problema è che tutto quanto non è venuto alla luce continua a pesare, fa sentire la sua presenza ancora oggi... La parola ''ricatto'' forse è eccessiva, ma può servire a spiegare cosa intendo". 

Centrale, per Colombo, è anche la questione dei diritti delle vittime: "Non possiamo ignorare la circostanza che in giro ci siano ancora tante persone che aspettano di sapere perché un proprio familiare è saltato per aria. Prima di voltare pagina queste risposte è doveroso darle".

Ma c'è anche chi dice che le opinioni delle vittime contano fino a un certo punto, e che lo Stato deve avere una visione più ampia. "Io credo che dietro queste posizioni ci sia un equivoco sul senso del diritto penale, che serve essenzialmente a tutelare i cittadini: se c'è un sentimento molto diffuso tra le vittime e i loro familiari contro un provvedimento di clemenza, questo sta a significare che la ferita non è ancora chiusa".  

E bisogna tenerne conto? "Non sono io la persona che deve decidere di cosa tenere conto o no. Ma da cittadino mi pare di sì".  

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