La Repubblica - 27.12.1997
"Ho saputo in carcere che ritornavo libero"
Parla Claudio Cerica, l'ex terrorista che restituì il portafoglio trovato per strada
di Raimondo Bultrini
ROMA - Claudio Cerica, un passato di attivista nel movimento del '77 a Porto Marghera, alla vigilia di Natale si presenta come ogni mattina a prendere il suo permesso di uscita dalla Terza casa di Rebibbia, un nuovo complesso per detenuti semiliberi. "Lei non deve più tornare qui", gli dicono, "il presidente della Repubblica le ha firmato la grazia". Cerica torna così alla ribalta della cronaca, dopo che nel febbraio scorso restituì il portafoglio a una signora, nonostante fosse ricercato dalla polizia. Un gesto che gli costò l'arresto, e - forse - la ritrovata libertà, anche se Cerica nega di aver calcolato l'effetto successivo. "Non potevo immaginare assolutamente - spiega - che quella donna si sarebbe presentata da me con un poliziotto. L'avevo fatto soltanto perché con la mia ragazza avevamo discusso proprio della via crucis di chi in Italia ha la disgrazia di perdere i documenti" si schernisce oggi Cerica, occhi chiari, giubbotto di pelle nera, aspetto da ragazzo di buona famiglia. E rivela che probabilmente il vero merito è di suo padre, ex democristiano, dirigente in pensione di un ente d'assistenza mutualistica, se il capo dello Stato lo ha messo nella lista dei "graziati".
Ecco com'è andata. Quando a febbraio la polizia, dopo averlo identificato per quel portafoglio, lo riporta in carcere, papà Cerica insieme a sua moglie fa lo sciopero della fame, e scrive una lettera a Scalfaro dai toni che Claudio giudica assolutamente inappropriati per una richiesta di grazia. Perché erano troppo sentimentalisti? "No, al contrario - racconta - erano pieni di rabbia e risentimento contro la giustizia italiana, per tutte le vessazioni che avevo subito negli anni. Così gli dissi che certo avrebbe ottenuto l'effetto contrario. Invece...". Che tipo di vessazioni avrebbe subito? "Le basti pensare che per l'omicidio di Giuseppe Taliercio sono stato prosciolto, poi riaccusato, poi di nuovo prosciolto, con un'odissea di 16 anni. Se non fossi stato accusato di quel delitto non mi sarei sottratto alla giustizia italiana, ma erano anni in cui era facile prendere 26 anni per concorso morale. In più, dopo essere stato assolto nell'86, fui arrestato nell'88 in Tunisia, caricato su un aereo e trasferito in Italia senza nessuna estradizione". Altro che Craxi... "Già, e pensi che ero cittadino francese, e non potevo essere estradato". Adesso comunque è finita. Che pensa di fare? "Quello che già facevo, lavorare per il reinserimento dei detenuti. Alla coop. "Il Samaritano" dove lavoro, ad esempio, aderiscono un'azienda di derattizzazione e un'altra d'informatica. Con loro presentiamo proposte a eventuali committenti. Se otteniamo la commessa, l'impresa si impegna a fare richiesta d'assunzione di uno o più detenuti. Non è facile purtroppo, come non è facile la vita dei semiliberi, la mia vita fino a tre giorni fa. Sebbene siano dei "privilegiati", subiscono limitazioni assurde: devono sudare sette camicie per ottenere il permesso di spostarsi da una zona all'altra della città, e mentre per tutto il giorno possono telefonare a chi vogliono, la sera gli è vietato. Senza contare che la domenica è proibita l'uscita, e chi ha figli durante la settimana di fatto non può vederli con un po' di serenità, perché i permessi sono solo di lavoro".
Quando parla degli altri detenuti si sente rabbia, invece che contentezza, nella voce di Cerica. "Non posso dimenticare uno come Giorgio Panizzari - racconta - detenuto comune politicizzato in carcere, in galera da 25 anni, che ha usufruito per un certo periodo della semiliberta, poi è stato riarrestato per rapina, infine assolto. Ma senza riacquistare i diritti della legge Gozzini. Ora è in sciopero della fame".