La Repubblica - 30.07.97
"Questa non è la mia legge"
Toni Negri: "Così non uscirei nemmeno fra tre anni"
di CONCITA DE GREGORIO
ROMA - Rebibbia, vecchio carcere. Qui sono i detenuti per terrorismo, qui c'è Toni Negri. Divide la cella con Domenico Giglio, br condannato all'ergastolo. Due deputati dell'Ulivo visitano il carcere poche ore dopo che la commissione Giustizia della Camera ha votato il progetto di legge sull'indulto. C'è un punto, di quel testo, che dice questo: lo sconto della pena si calcola anche sugli anni passati in libertà tra un periodo di carcere e la sentenza definitiva. Toni Negri, ideologo di Autonomia operaia, è stato a Parigi dall'83 al mese scorso: "Esule", dice lui. Latitante, dice la giustizia italiana. Fuggì a Parigi all'indomani della sua elezione nelle liste radicali, sfruttando l'immunità parlamentare. Quattordici anni libero.
Lo sconto di pena vale anche per lui? Un attimo dopo il voto, alla Camera, si è scatenata la reazione della destra, ma anche di una parte della maggioranza di governo: è uno scandalo, è una legge-fotografia ritagliata apposta sul caso-Negri. È veramente così? Luigi Olivieri, avvocato, presidente del comitato carceri in commissione Giustizia, su quel punto si è astenuto: "È ambiguo", dice. Con lui entra in carcere Roberto Sciacca, deputato dei comunisti unitari, romano. Venerdì scorso aveva già incontrato Negri a Rebibbia. "Era molto preoccupato per la sorte degli esuli", avverte entrando. Lo incontrano in un corridoio del braccio P8, appena dentro. Negri si scusa con un gesto, "sono in deshabillè...". In effetti: pantaloni corti verde militare, camicetta azzurra, zoccoli bianchi su calzini neri. Non è un problema. Il problema, invece, è questa legge. Ha visto i tg, sa già tutto. Ogni tanto scivola una parola in francese. "Sulla Tre, sulla Uno ho visto dei servizi molto cauti, c'era solo una notizia, poi una valanga di commenti. Spiegatemi bene, cosa dice questa legge?, non ho capito bene". Olivieri e Sciacca spiegano, la sigaretta di Negri arriva fino al filtro. "Grazie a dio, grazie a dio non mi riguarda. Io dipendo dalla legge Gozzini. Se dovessi aspettare questa legge non uscirei nemmeno fra tre anni". Non lo riguarda, si ripete.
Prende carta e penna: "Sono stato proclamato deputato nel luglio '93, sono subito andato a Parigi. Tre mesi dopo la Camera ha votato l'autorizzazione al mio arresto. 300 a favore, 296 contro, 4 voti di differenza, e i dieci radicali che erano usciti. Ma lì c'era un Pci giustizialista, vi ricordate?, Pajetta sputò in faccia a Pannella. Dunque. Dal settembre '93 io sono stato esule". Latitante, diciamolo, e la legge dice chiaramente che "il provvedimento vale per gli imputati scarcerati qualora non si sottraggano alla cattura". Dunque a chi serve questa legge?, chiede accendendosi un'altra sigaretta. Quattro in venti minuti, ne fuma. A chi serve? "Non doveva essere un gesto politico, non doveva aprire una strada a una soluzione reale per gli ex terroristi coi conti ancora in sospeso?" Scrive su un foglio: "21 anni a chi ha l'ergastolo, pene dimezzate. Dieci, cinque, tre anni. Non si capisce perché il Polo abbia votato contro, e soprattutto non si capisce perché la sinistra abbia votato a favore. Se è come mi dite la maggior parte di coloro che non hanno scontato tutte le pene rischiano di essere esclusi dall'indulto". Perché la maggior parte? "Ma come, i dati lo conoscete, no? Chi era in Italia adesso, dopo vent' anni, ha già scontato quasi tutto. Il vero problema sono gli esuli: chi è fuggito all'estero non ha nessun interesse a tornare. Hanno pene che sono sotto i dieci anni, se gli va bene dovrebbero scontarne quattro, hanno una casa, una famiglia, un lavoro, perché dovrebbero tornare in Italia a farsi il carcere? Sarebbero disposti forse ad un atto di sottomissione allo Stato se la prospettiva fosse quella di chiudere il conto e rifarsi una vita. Absurde, assurdo... La classica cosa della giustizia italiana".
Ci sono due punti, in effetti, di questa legge che escludono dai favori dell'indulto chi ha commesso certi reati in certe condizioni. Spiega Olivieri, che tre ore prima ha votato: "L'indulto non vale per i latitanti, nè per chi ha commesso fatti di sangue, nè per chi ha provocato "morte o lesioni personali gravissime" in episodi di terrorismo catalogati come strage, devastazione". Sono due articoli del codice penale: il 482 e il 285, dice la legge. Il beneficio non vale neanche per chi sia stato condannato per concorso morale?, chiede Negri. I deputati cercano un codice penale, Olivieri fa una telefonata. "No, se la condanna è per strage o devastazione è escluso dal beneficio anche chi è condannato per concorso morale", conclude Olivieri. Col codice sulle ginocchia, Negri parla come fra sè: "Ma almeno il concorso morale ce l'hanno tutti, lo davano come la pasta e fagioli. Allora la misura è pensata perché restino esclusi dal beneficio la Mambro e Fioravanti...E Sofri? No, il reato di Sofri non è terrorismo. Sono tutti esclusi. E a chi serve allora?" Un'altra illusione, ecco: "Avevamo bevuto un bicchiere di vino, qui in carcere, con Giglio e gli altri, quando abbiamo saputo che si arrivava a qualcosa. Invece. Così non ci sarebbero nemmeno gli estremi perché il presidente", Scalfaro, intende, "conceda le semigrazie. È ridicolo, dannoso, ipocrita". Bè, insomma, magari qualcosa di buono c'è, si guardano i parlamentari. "Domani ti mando il testo, tu leggi i giornali", gli dice Sciacca. "Niente giornali, ho finito le 170 mila lire della settimana, di più non mi tocca. È una regoletta fatta per i mafiosi, non so se sapete". Va bene, allora teniamoci in contatto. "Sì, in contatto". Arrivederci, Negri. "Arrivederci, vedete un po' di fare che la legge serva a qualcuno. Sennò, si non è solo tempo perso".