La Stampa - 02 luglio 1997
"Chi ha ucciso deve pagare"
TRA RABBIA E MEMORIA
Bachelet jr.: il perdono non c'entra
Maria Grazia Bruzzone
Giovanni Bachelet, figlio di Vittorio Bachelet, il docente universitario e vicepresidente del Csm assassinato nel 1980 dalle Brigate rosse, è nel suo studio alla facoltà di Fisica dove insegna, ma della nuova campagna a favore dell'indulto per i reati di terrorismo non vorrebbe proprio parlare: ritiene che le vittime del terrorismo non debbano avere voce in capitolo. E, soprattutto, rifiuta di associare il dibattito sull'indulto alla venuta in Italia di Toni Negri, né vuole in qualche modo contribuire al clamore che ne è nato.
Però Toni Negri ha anticipato la sua venuta in Italia proprio per appoggiare la legge in discussione oggi.
"Quello che non va è proprio la confusione che così si alimenta: un conto è il problema di riequilibrare delle pene che, in un momento di emergenza, le leggi Cossiga - che io ho sempre ritenuto sbagliate e che fra l'altro non sono neppure state efficaci - hanno aumentato di un fattore tre, un altro è la cosiddetta "soluzione politica"".
Quella è esattamente la proposta di legge.
"Ma con Toni Negri non c'entra niente. I reati per cui è stato condannato non mi risulta che si preveda di ridurli. Una cosa è uno che ha rubato una macchina per finanziare il terrorismo e si è beccato magari diciott'anni: questo è il tipo di ingiustizia che mi interessa correggere. Quello di Toni Negri non mi interessa, anche perché, da lui e da altri, viene caricato di contenuti ideologici che non c'entrano affatto, come "chiudere una pagina della nostra storia"".
Alcuni promotori della legge parlano proprio in questi termini.
"Comunque, il problema di fondo è che ci sono alcuni reati per i quali, terrorismo o non terrorismo, esistono pene grosse. Quei reati lì con l'indulto non hanno nulla a che fare."
Dalla proposta attuale veramente sarebbero esclusi solo i reati per strage.
"Può darsi che ci siano casi del genere. Certo, non che se uno ha ammazzato un altro, lo si fa uscire. Ma se ha ammazzato un altro e gli hanno dato una pena superiore a quella data a un altro omicida, per le aggravanti del terrorismo, allora gli viene ridotta. Questo è il senso profondo dell'indulto... In ogni caso è un problema che verrà ampiamente discusso nelle sedi più opportune, vale a dire in Parlamento. Mentre mi pare uno sbaglio interpellare i parenti delle vittime".
Perché?
"Se una cosa e giusta da un punto di vista civico si fa, se è sbagliata, non si fa. Ma non è che la si debba fare o non fare per dispiacere ai parenti delle vittime. Della loro opinione o del loro risentimento allo Stato non deve importare".
A volte però si dice che le pene devono servire sia a punire i colpevoli, ma anche a risarcire le vittime.
"Queste sono cose barbariche. Non siamo mica in America. Nella nostra Costituzione c'è scritto che la rieducazione del condannato non deve mai andare contro il senso di umanità. E basta. Ed è già singolare che ci si accorga che il carcere è disumano quando ci va Adriano Sofri. Quel che mi scandalizza è che si alimentino campagne sproporzionate rispetto a casi di ingiustizia ben più gravi ma legati a persone che non hanno agganci con la politica".
Ce l'ha con gli imputati eccellenti?
"Insomma, per quali persone siamo diventati sensibili ai problemi della giustizia? Mafiosi, tangentisti e terroristi. Tre categorie legate alla politica e con molti amici nelle redazioni dei giornali".
Oggi Toni Negri.
"Questo personaggio, secondo i processi che ha subito, è stato testimone o partecipe di omicidio. Perché l'abbia fatto, se per ideologia comunista o altro, non mi importa. Se l'indulto serve a dargli il numero di anni giusto mi fa piacere. Ma non vedo perché dovrebbe averne meno."
Il verde Paolo Cento, uno dei promotori dell'indulto, sostiene che oggi che si cambia persino la Costituzione, il terrorismo appartiene a un'altra epoca.
"Ma se con l'indulto ci si prova ogni cinque anni! Prima e' toccato a Martelli, poi a Cossiga. E' che delle cose ci si dimentica".