La Stampa - 04 luglio 1997
Iotti: risolvere Tangentopoli
PRESIDENTE DELLA CAMERA "Ma l'amnistia di Togliatti era un'altra cosa"
di Gad Lerner
ROMA
Era appena incominciata l'estate del 1946. La giovane parlamentare ventiseienne Nilde Iotti incontrava nel Transatlantico di Montecitorio l'uomo della sua vita, Palmiro Togliatti, segretario del Pci e ministro di Grazia e Giustizia, proprio negli stessi giorni in cui quest'ultimo apponeva la sua firma sotto il più clamoroso dei provvedimenti di amnistia: amnistia per tutti i reati politici salvo quelli che fossero stati commessi da persone "rivestite di elevate responsabilità di comando civile o militare", e salvo i fatti di strage o di sevizie "particolarmente efferate". Era il 22 giugno. In poco più di un mese uscirono dalle carceri italiane 30 mila fascisti. Risultarono amnistiati 219.481 imputati, e fra questi ottennero l'indulto - grazie alla benevolenza talvolta scandalosa della magistratura - anche 2979 fascisti accusati di "sevizie particolarmente efferate". Oggi Nilde Iotti, sempre bella ex presidente della Camera, la stessa pettinatura e gli stessi occhi dei suoi vent'anni, difende appassionatamente, come fosse ieri, la controversa decisione di Togliatti. E segue il dibattito in corso su di un'eventuale "soluzione politica" per gli anni di piombo e gli anni della corruzione con distacco storico ("La situazione è radicalmente diversa") ma anche con preoccupata attenzione: "Mi chiedo se un Paese possa permettersi di tenere aperta una vicenda traumatica come Tangentopoli per così tanto tempo, senza darle quello sbocco risolutivo che certo non potrà venire dalle aule dei tribunali".
Onorevole Iotti, perché è improponibile il paragone tra l'amnistia di Togliatti e i provvedimenti oggi allo studio?
"Perché allora il Paese viveva una svolta senza precedenti e dunque il significato dell'amnistia era molto chiaro. Si rende conto? Per la prima volta in Europa, e forse nel mondo, accadeva che una monarchia venisse esautorata con il voto popolare. Togliatti non ebbe ripensamenti neanche dopo le proteste dei partigiani, della base comunista. L'argomento era: si ricomincia, con la Repubblica e la Costituzione c'è bisogno di tutti per costruire uno Stato diverso. Era talmente chiaro che si voltava pagina...".
Forse Togliatti riusciva a ragionare con tale distacco perché non aveva fatto il partigiano, non aveva vissuto personalmente il trauma della guerra civile.
"Anch'io partecipai a tante assemblee infuocate nelle sezioni comuniste, dove magari si presentava pure qualche vecchio segretario di sezione socialista per attaccare Togliatti, come se Nenni e De Gasperi non fossero stati d'accordo con l'amnistia. Ma le assicuro che Togliatti non era lontano dalla Resistenza. Di carattere era un uomo freddo, d'accordo. Ma lui, che odiava i distintivi, l'unico che ci teneva ad esibire sempre, spostandolo da una giacca all'altra, era quello che gli aveva donato il Corpo volontari della libertà. Se avesse potuto, si sarebbe fatto paracadutare nel Nord Italia. Freddo sì, ma l'utopia ce l'aveva dentro".
Tanti prefetti, questori, magistrati del regime conservarono così il posto. Non crede che l'amnistia di Togliatti abbia favorito una nefasta continuità tra lo Stato fascista e la Repubblica?
"Al contrario, l'amnistia di un contributo a rompere la continuità con un regime che continuamente predicava la vendetta. Il fatto stesso di promuovere un tale atto di generosità costituiva la rottura più clamorosa con il modo di pensare - direi, gramscianamente - col senso comune del periodo fascista. Tanto più che - parliamoci chiaro - condannare tutti i fascisti sarebbe stato impensabile".
E oggi, onorevole Iotti? Possiamo permetterci la stessa generosità nei confronti dei terroristi rossi e neri degli Anni Settanta?
"Le rispondo di sì, purché sia ben chiara la differenza quantitativa e qualitativa del fenomeno. Nel '46 si voltava pagina e dovevamo decidere la sorte di una grande moltitudine di "nemici". Per questo era necessaria l'amnistia di Togliatti. Parlare di amnistia, nel caso degli anni di piombo, sarebbe invece fuori luogo. Non dimentichiamoci che la lotta armata fu scatenata contro uno Stato democratico - chiunque lo governasse - non contro un regime fascista. Del resto vedo che il governo e il Presidente della Repubblica, opportunamente, ipotizzano piuttosto forme di grazia parziale".
Dunque che tipo di provvedimenti ritiene adatti?
"Essendo passati ormai circa quindici anni da quei fatti tragici, può intervenire la clemenza dello Stato. Clemenza per ristabilire equilibrio nelle pene tra detenuti politici e comuni.. Ma clemenza anche per andare oltre il solo riequilibrio: perché molti di coloro che si fecero trascinare dal fanatismo politico hanno nel frattempo avuto modo di riflettere e ravvedersi".
Più fresca e forse ancor più sentita dall'opinione pubblica è la ferita di Tangentopoli.
"Quel che mi fa paura e mi preoccupa è, in proposito, la lentezza dei procedimenti giudiziari di fronte a un intreccio perverso tra politica e affari che sempre più ha assunto la configurazione di un sistema vasto, diffuso, ramificato. Abbiamo visto giungere a compimento solo il processo Cusani e pochi altri. Succede poi che da ogni inchiesta se ne dipartano potenzialmente numerose altre in grado di coinvolgere un numero sempre crescente di protagonisti. E allora...".
E allora?
"Allora, consapevole di portare un argomento che incontra molte opinioni contrarie per le quali ho il massimo rispetto, e premesso che puntare soltanto sullo svolgimento dei processi significherebbe dilazionare alle calende greche la soluzione del problema, pongo una domanda".
Quale domanda?
"Mi chiedo se un Paese possa permettersi di tenere aperta una questione come Tangentopoli per cosi tanto tempo".
E come si risponde?
"Con una certa angoscia, le dirò che non so dare ancora una risposta precisa, ma sento che non si può prolungare a lungo la situazione attuale
In questo caso la soccorre l'esperienza dell'amnistia di Togliatti?
"Diciamo che a certe condizioni forse si può trovare la strada per superare Tangentopoli. La prima di queste condizioni è che la proposta di voltare pagina giunga da una classe politica al di sopra di ogni sospetto".
Possiamo dire ciò della nostra classe politica?
"Beh, se ne potrà discutere la levatura, ma di certo non si può più dire che la nostra classe politica sia invischiata nelle vicende di Tangentopoli".
Basta, questo?
"No. Le legittime resistenze e ostilità dell'opinione pubblica nei confronti di misure di clemenza riguardo a Tangentopoli potranno essere superate solo se con le riforme avviate dalla Bicamerale e soprattutto con una forte azione di governo si darà una percezione netta: la percezione di un grande slancio del Paese, di un autentico voltare pagina".
In tal caso potrà esercitarsi per i tangentisti la clemenza di Stato mostrata da Togliatti nei confronti dei fascisti?
"Chi ha combattuto per la Repubblica di Salò, per quanto efferata fosse, si schierava per qualcosa che credeva rappresentasse la continuità del Paese. Anche se, diciamocelo, molti lo fecero solo perché con Salò si mangiava. Tangentopoli, invece, è una questione di quattrini, e io - forse perché iscritta a un partito - mi ostino a distinguere moralmente tra chi li dava tutti al partito e chi ne tratteneva per sé. Ma una soluzione bisogna essere capaci di trovarla lo stesso, prima che sia troppo tardi"