La Stampa - 28.12.97
Grazia, i politici meditano e litigano
Dopo i decreti del Presidente, l'ipotesi di un indulto sugli anni di piombo divide il Parlamento
Dubbi e attese sul messaggio di Scalfaro
di Francesco Grignetti
ROMA. Il mondo politico adesso riflette e litiga. Dopo i sei decreti di grazia, firmati dal presidente Scalfaro per sei ex terroristi, riparte con forza la polemica intorno agli anni di piombo. Mentre nelle carceri si aspetta con comprensibile ansia, gli uomini politici s'interrogano sul prossimo saluto di fine anno del Capo dello Stato agli italiani. C'è chi attende un intervento molto aperto a favore di un indulto che chiuda definitivamente la stagione del terrorismo.
Ma la discussione divampa anche per Tangentopoli. Antonio Di Pietro, ad esempio, ricorda che la corruzione esiste ancora: "Le amnistie si concedono quando un periodo storico è finito, noi invece siamo ancora nel bel mezzo della bufera. Chi non ha nulla da temere, perché deve ricorrere all'amnistia? Anch'io sono stato inquisito mille volte, eppure non mi voglio nascondere". E Roberto Calderoli, della Lega Nord, arriva a chiedere: "Padani, spegnete la televisione quando Scalfaro verrà in televisione. Bel capolavoro, uno Stato che perdona chi ammazza e punisce chi rispetta le regole".
Il Capo dello Stato, bilanciando con cronometrica precisione le sei concessioni di grazia - tre uomini e tre donne; metà liberi subito, metà in affidamento al servizio sociale per altri tre anni e se deciderà il giudice di sorveglianza - ha mandato un segnale preciso al Parlamento. Qualche grazia ai terroristi, singola e meditata, è pure possibile. Ma l'atto politico di un indulto generalizzato è ben altra cosa.
Ne parlò apertamente, Scalfaro, già nell'ottobre scorso quando rifutò la grazia a Sofri, Bompressi e Pietrostefani. "La via per superare queste dolorose vicende - scrisse ai presidenti delle Camere - può essere trovata, ma richiede una visione unitaria, una volontà politica determinata e capace di raccogliere il consenso indispensabile".
Naturalmente c'è lo scoglio dei familiari delle vittime, contrarissimi al perdono generale. Ma anche su questo punto il Presidente ha più volte detto come la pensa (e qualcuno crede che lo ripeterà nel discorso di fine anno): massimo rispetto per famiglie tanto provate, ma non si possono caricare i familiari delle vittime di responsabilità improprie che competono al Parlamento.
L'accelerazione che viene dal Quirinale sul tema dell'indulto - mentre è silenzio sull'ipotesi dell'amnistia - ha scatenato però ancora una volta le divisioni della politica. E già balena l'ennesimo impantanamento per la legge sull'indulto (che ha bisogno di una maggioranza di due terzi del Parlamento).
Giuliano Pisapia, Rifondazione, presidente della commissione Giustizia, non ci crede: "I gruppi politici, sia per motivi elettorali che per divisioni interne non hanno una posizione definita. Però dopo dieci anni è tempo che il Parlamento assuma una posizione definita oppure scelga strade diverse. Dare speranze e poi delusioni cocenti mi sembra ingiusto per i familiari delle vittime come per i detenuti". Dice ancor più esplicito Giuseppe Gargani, responsabile del ppi per la giustizia: "Il Parlamento nel '98 sarà impegnato per una importantissima funzione costituente. Non credo che si potrà distrarre con fughe in avanti che si prestano a equivoci. Di amnistia o indulto si potrà cominciare a parlare nel '99".
Ma ieri sono venuti fuori in numerosi, dalla maggioranza come dall'opposizione, a "frenare" sull'ipotesi dell'indulto. Dice Federico Orlando, di Rinnovamento: "Non voterò mai un indulto ai terroristi". Luigi Olivieri, pds: "Sono totalmente contrario a un'amnistia. E prima di arrivare a un indulto occorre un intervento serio e ponderato a favore delle vittime". Raffaele Bertoni, senatore della Sinistra democratica, ex presidente dell'associazione nazionale magistrati: "La decisione di Scalfaro non deve fare da apripista a un indulto che elimini o riduca le pene per terroristi rossi o neri". Sandro Schmid, pds: "Gli anni di piombo sono ancora freschi". Da destra si fa sentire Mirko Tremaglia: "Dove vi sono fatti di sangue non può esservi grazia se non vi è il perdono dei parenti delle vittime". Oppure Alfredo Bonatesta, An: "Che diciamo ai familiari delle vittime?".
Alla fine, erano pochine le voci dei favorevoli all'indulto: Giulio Maceratini e Francesco Storace, An; Vincenzo Siniscalchi e Guido Calvi, pds; Paolo Cento e Alfonso Pecoraro Scanio, Verdi. Rimanevano assolutamente isolate, invece, le voci di Forza Italia - da Michele Saponara a Enrico La Loggia, a Domenico Bruno, a Tiziana Maiolo - che vuole legare indulto ad amnistia. Secondo Saponara, addirittura, non si dovrebbe parlare di indulto ai terroristi quanto di amnistia ai tangentisti. "Le tue sono farneticazioni politiche", gli ha risposto a brutto muso Giuseppe Scozzari, della Rete, fedelissimo di Antonio Di Pietro.