La Stampa - 29.10.1997

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Scalfaro: non firmerò la grazia per Sofri

La lettera del Capo dello Stato a Violante e Mancino scatena un'onda di violente polemiche. "Il Parlamento decida sull'indulto"

di Francesco Grignetti

ROMA. Non c'è alcuna possibilità che il Quirinale dia la grazia a Sofri, Bompressi e Pietrostefani. Lo fa sapere il Presidente della Repubblica in persona con un'inaspettata lettera ai presidenti delle Camere. Sollecitato dai tanti appelli degli ultimi tempi - Norberto Bobbio e altri intellettuali, parlamentari (circa 200), cittadini comuni (160 mila firmatari) - Scalfaro ha sbarrato la strada a ogni ipotesi di grazia. "Qualsiasi provvedimento di grazia destinato a più persone sulla base di criteri generali predeterminati, costituirebbe di fatto un indulto improprio". La parola torna così alle Camere, dove però l'ipotesi di indulto ai terroristi s'è arenata per l'opposizione degli ex dc, di FI e di An.

Scalfaro prende atto degli appelli che piovono sul Quirinale. Ricorda che nel giugno 1996 disse: "Con il passare degli anni, il delitto non muta né nome, né sostanza... Ma lo Stato democratico non può fermarsi per cercare una via". Adesso torna sull'argomento "tenuto conto che il Parlamento si sta attualmente occupando di questo problema".

E per l'appunto Scalfaro invita il Parlamento ad affrontare il problema in prima persona. La soluzione si chiama indulto. Ma non sarà cosa facile, perché "la via per superare queste dolorose vicende può essere trovata, ma richiede una visione unitaria, una volontà politica determinata e capace di raccogliere il consenso indispensabile".

Già, il consenso. L'indulto - che è una forma di grazia generalizzata - è un provvedimento straordinario che va approvato con la maggioranza dei due terzi del Parlamento. E già si sa che la metà dei parlamentari, se non di più, è contraria.

Quanto al caso dei condannati di Lotta continua, il Capo dello Stato avverte: "Questo discorso vale anche, malgrado i tratti particolari che lo contraddistinguono, a cominciare da un'espiazione iniziata a tanta distanza di tempo dai fatti addebitati, per il caso Sofri, Pietrostefani e Bompressi, in favore dei quali, come ho già accennato, ricevo numerosi appelli... La grazia, infatti, qualora applicata a breve distanza dalla sentenza definitiva di condanna, assumerebbe oggettivamente il significato di una valutazione di merito opposta a quella del magistrato, configurando un ulteriore grado di giudizio che non esiste nell'ordinamento e determinando un evidente pericolo di conflitto di fatto tra poteri".

Inutile dire che una presa di posizione tanto secca ha scatenato in Parlamento un diluvio di reazioni con la malcelata soddisfazione da parte di alcuni e il disappunto degli altri. Cesare Salvi, pds: "A questo punto conviene concentrare l'attenzione sulle possibili soluzioni legislative". Luigi Saraceni, pds: "Con l'indulto sarà difficile ma ci proveremo". Pietro Folena: "Le Camere raccolgano l'invito di Scalfaro fin dai prossimi giorni". Fausto Bertinotti: "Siamo per ogni soluzione che porti fuori dal carcere queste persone". Giuliano Pisapia: "Temo una nuova tragedia nella tragedia". Marco Pannella: "Questo Presidente non è credibile quando evoca il rispetto della Costituzione". Mauro Paissan: "Prendiamo atto con rammarico". Luigi Manconi: "E' irrituale. Scalfaro ha subito pressioni". Marco Boato: "Ho letto... Purtroppo".

Ma altrettanto compatti sono gli oppositori. Gianfranco Fini, An: "Sono d'accordo con il Presidente". Rocco Buttiglione, Cdu: "Prima va riscritta la storia di quegli anni". Tullio Grimaldi, Rifondazione: "Quei tre non sono Silvio Pellico". Federico Orlando, Ulivo: "Sono solidale con il Capo dello Stato". Paolo Manca, Rinnovamento: "La posizione espressa da Scalfaro è giusta e la condivido pienamente". Roberto Maroni, Lega: "Sono assolutamente d'accordo con Scalfaro". Maurizio Gasparri, An: "Intervento saggio e tempestivo". Pierferdinando Casini e Carlo Giovanardi, Ccd: "La lettera di Scalfaro è ineccepibile".

In questo mare di reazioni, non si espongono granché i popolari. Quello che avevano da dire, l'ha espresso nel settembre scorso Raffaele Cananzi, storico presidente dell'Azione Cattolica, nel chiuso della commissione Affari Costituzionali: "Il Paese non è pronto per un atto di clemenza... Non si può voltare pagina... Gran parte del Paese condivide non il ''vittimismo'', ma il dolore ancora acerbo di molti". Al più, i popolari sono disposti a condonare il sovrappiù di pena che fu portato dalle imputazioni di banda armata e associazione sovversiva. E per il resto si rinvia a una revisione della legislazione speciale per il terrorismo.

 

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