Liberation - 06 aprile 1998

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Ci si focalizza su questi due casi, ci si dimentica gli altri 5000 militanti dell'estrema sinistra condannati in Italia. E si opera una distinzione tra " buoni " e " cattivi ".

SOFRI, NEGRI E GLI ALTRI

Di Enrico Porsia (rifugiato politico. Per l'associazione Amnistia!)

Allora: " Liberté pour Sofri et Negri " (Libération du 5 mars 1998), capri espiatori a scoppio ritardato di una giustizia che manifesterebbe nei loro confronti un accanimento particolarmente scandaloso. Due persone che sarebbero vittime di un trattamanto penale perverso: uno, innocente, farebbe le spese per un evidente errore giudiziario; l'altro, intellettuale senza alcun crimine di sangue, sarebbe l'oggetto di un innegabile persecuzione. La loro scarcerazione immediata costituirebbe un primo passo inevitabile per una reale chiusura degli " anni di piombo ", per l'amnistia di coloro che hanno sfidato l'ordine costituito.

E' ben chiaro che noi esigiamo la scarcerazione di Sofri e Negri, ma la nostra approvazione viene meno davanti alle ragioni adottate da alcuni loro difensori. Queste perplessità si trasformano in fastidio quando, col pretesto della specificita di questi due casi, si pretende di costruire una battaglia per una amnistia generale: amnistia! Se ci si focalizza su questi due casi è grande il rischio di perdere di vista la realtà del problema da risolvere.

Più di 5000 militanti dell'estrema sinistra sono condannati per dei " fatti legati a dei tentativi insurrezionali dell'ordine costituito " e per la partecipazione ad " associazione sovversiva " e " banda armata ". Questo numero testimonia l'ampiezza dell'antagonismo - guerra civile reale o presunta - che ha percorso la penisola negli anni 1968-1989. Questi conflitti, caratterizzati per il ricorso alle armi, hanno fatto vittime da entrambe le parti.

Un tale attacco frontale contro l'ordine costituito non è una cosa ordinaria.

Abitualmente, un regime cosi fortemente contestato si difende proclamando almeno temporaneamente lo stato d'emergenza. Il pericolo passa, una misura di eccezione inversa interviene: l'amnistia! L'Italia, tuttavia, si é ben vista dal seguire una tale via: essa non ha formalmente dichiarato lo stato di emergenza, non ha creato dei tribunali speciali. Ha invece introdotto tutta una serie di leggi speciali nel suo apparato giuridico, trasformando l'eccezione nella regola degenerando dalla natura del suo sistema. L'imputato appare così nello stesso tempo nemico e criminale e diventa l'oggetto del trattamento riservato a queste due categorie. Il continuo ricorso a queste leggi speciali vieta di finirla con il passato, erige a morale l'infamia di pentirsi, accresce il potere dei giudici che somigliano ai preti di una nuova inquisizione.

Il pentimento é al centro di questo dispositivo. Chi collabora può per trarre vantaggio dal patteggiamento espressamente previsto dalla legge e beneficiare del blocco dei procedimenti, denunciare quelli e quello che vuole. Queste affermazioni, in virtù di un sistema giuridico che viola i principi a cui pretende d'ispirarsi, hanno il valore di prove indiscutibili. Di fronte a tali pratiche, la difesa diventa impossibile dal momento che la condanna é certa, molto prima dell'inizio del processo. La sola uscita prevista dalle leggi sul pentitismo, l'abiura della propria storia e della Storia, il tradimento dei propri simili, l'abbandono di ogni etica.

In queste condizioni, dichiararsi non colpevole o innocente dei crimini di sangue si connota di un significato speciale e può gravemente contrastare il processo di superamento generale e definitivo degli " anni di piombo ". La rivendicazione d'innocenza o di mani pulite implica necessariamente uno scaricare responsabilità su altre persone, la loro incriminazione oggettiva per la scappatoia che potremmo chiamare " l'autocritica degli altri ".Questo é il prezzo da pagare per distinguere i militanti di quegli anni in buoni e cattivi. Sofri e Negri non incarnano in effetti nessun errore giudiziario né persecuzioni particolari: il pentito accusatore del primo non é per nulla differente dagli altri centinaia che hanno denunciato migliaia di persone; la detenzione del secondo risponde allo stesso criterio che ha permesso la carcerazione interminabile di altri imputati .Che si voglia o no, Sofri e Negri sono vittime delle stessa legislazione d'emergenza, divenuta norma, che ha gettato tanti compagni in galera e costretto molti altri all'esilio.

Per chiudere gli " anni di piombo " non c'é bisogno dunque di una tattica difensiva che serva a dividere, a seminare confusione e a ritardare l'ora dell'amnistia ! Guardiamo in passato il fenomeno della dissociazione, allorquando un'importante fetta di comunisti incarcerati o espatriati hanno pensato di salvare la loro pelle negando tutte le responsabilità nei crimini di sangue che non sarebbero stati perpretrati che da gruppi senza legami con il movimento di massa. Parecchi di questi sotterfugi si sono poi rivelati inefficaci.

La responsabilità degli " anni di piombo " é collettiva; la sua conclusione dovrà essere dello stesso ordine. Ecco perché amnistia non può essere che una lotta per liberare quelli che sono ancora detenuti e per abbattere le pareti erette dallo stato d'emergenza che non fa i suoi nomi e che non ha ancora finito d'avvelenare la vita politica e sociale italiana. Questa sparizione é la condizione sine qua non per il ritorno alla libertà. Amnistia!

(trad. CSA ICARO, Terni)

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