Liberation - 10 maggio 1998

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IO, TONI NEGRI, VOGLIO L'AMNISTIA NON L'AMNESIA

Io credo che Enrico Porsa ha ragione quando, su Liberation del 6 aprile scorso, esprime il timore che, a forza di insistere sugli individui (Sofri, Negri o Scalzone) la campagna per l'amnistia in Italia rischia di essere denaturata. Sono convinto che questa campagna debba riguardare tutti quelli che sono stati perseguitati a causa della loro partecipazione alle lotte sociali e politiche degli anni '70. Non mi sembra di aver esposto posizioni differenti da quando mi sono consegnato a la "giustizia italiana" e alle sue tristi prigioni. Tanto più che, per la mia libertà, io non vedo altra prospettiva che l'amnistia per tutti.

E' vero che l'atteggiamento di qualche amico di Sofri (e dei suoi compagni) ha forse lasciato intendere che la loro liberazione individuale (per l'errore sistematico della revisione del processo) era in contraddizione con la battaglia per l'amnistia. Bisogna allora domandarsi se la rivendicazione di ognuno della propria innocenza e la denuncia di una ingiustizia (e che ingiustizia!) debbano essere sacrificate ad una causa collettiva. Qualunque cosa accada, posso testimoniare personalmente che Sofri ed i suoi compagni hanno sostenuto in buona fede la battaglia per l'amnistia.

Vorrei avanzare qualche riflessione più generale sulla questione dell'amnistia e della "soluzione politica" degli anni '70 in Italia. E' evidente che le difficoltà che incontra l'amnistia in parlamento e, in particolare, riguardo ai partiti della "sinistra", sono più complesse di quelle che suscita lo squallido scambio proposto dalla "destra": si all'amnistia ai vecchi terroristi ma a condizione che ci sia amnistia anche per i crimini legati al finanziamento dei partiti politici e alla corruzione in generale. La sinistra rifiuta a giusto titolo questo mercato. Ma bisogna pensare che questo non è fondamentale, poichè nulla si decide senza che le più alte autorità dello stato siano d'accordo a che le due questioni siano trattate separatamente e che si crei una larga maggioranza parlamentare ad una soluzione politica per i vecchi terroristi.

Da qualche tempo qualche rappresentante del PDS, dei Verdi di RC e ultimamente, alcuni cattolici di sinistra (tra i quali i familiari di Moro) hanno chiesto per sbloccare la soluzione politica, un "coup de force": poi tutto è ricaduto. Perchè? Durante questi mesi di detenzione, dalle discussioni che ho avuto e dalle lettere che ho ricevuto, mi sono convinto - indipendentemente dal modo in cui una magistratura politicamente schierata interpreta la mia attività dal carcere - che quello che blocca tutto, è il pensare che l'amnistia ai terroristi possa aprire una revisione critica degli anni '70.

Si chiariranno in questo caso, effettivamente, le responsabilità di tutte le forze politiche (sia quelle che hanno mantenuto il nome, sia quelle che lo hanno cambiato dopo gli avvenimeni dell'89) nella determinazione di questo stato di "quasi guerra-civile", e almeno, nella determinazione di una democrazia bloccata. Si comprenderà allora che gli anni settanta non sono stati, se non in superficie, degli anni di scontri armati culminanti nel rapimento e nell'assassinio di Aldo Moro, e non potranno più restare fissati all'immagine troppo semplicistica di uno stato colpito e dell'egemonia delle BR sui movimenti sociali. Si comprenderà che si tratta di un periodo nel quale lo stato ha reagito in maniera forsennata con degli attentati sanguinosi e con provocazioni di tutti i tipi a una domanda sociale profonda e massiccia di trasformazione politica del paese.

Dal libero dibattito (possibile solamente se gli interlocutori sono liberi) emergerà che gli anni settanta hanno espresso dei movimenti capaci di un progetto di democrazia radicale, che interpretavano dei nuovi bisogni culturali, produttivi e politici e che chiedevano una partecipazione alla trasformazione dello stato. Caricaturare quegli anni attraverso l'immagine della lotta artmata è indecente. E' vero che, di fatto da quella forzatura e dalla repressione che ne è seguita, la democrazia italiana ha ritardato di venti anni la propria riforma. Così è curioso che, tra coloro che sostengono la campagna per l'amnistia (e l'intervento di Porsia ne è un sintomo) c'è chi la pensa in questa maniera.

Essi non chiedono l'amnistia ma una sorta di "paix des braves", concessa ai soldati vinti. Concepiscono l'amnistia come il capitolo conclusivo della convenzione di Ginevra sui prigionieri di guerra. Ebbene, non è cosi'. L'amnistia è un'altra cosa. E', nel caso in questione, la riapertura di un dibattito storico e politico, al quale parteciperanno tutti quelli che sono stati esclusi dalla repressione. Quello che le forze parlamentari non vogliono concedere (soprattutto quelle di sinistra, che, giustamente, considerano le lotte degli anni '70 dirette contro la loro politica di allora) è di mettere un termine all'esclusione dei soggetti di allora. Se il problema fosse solamente di perdonare gli assassini, lo stato ha già perdonato i suoi; perchè non dovrebbe perdonare gli altri? Ecco a mio modesto avviso, le vere ragioni che bloccano il voto della maggioranza parlamentare (di sinistra) quando, al di là delle chiacchere, deve prendere la decisione. Ecco le ragioni che invalidano le assicurazioni di "buona volontà" che gli uomini politici della sinistra italiana continuano a far valere, nelle istanze europee dove i nuovi alleati socialisti, comunisti, verdi e cattolici di sinistra chiedono agli italiani perchè questa amnistia così evidentemente giusta tarda ad arrivare.

E' per questo che io mi permetto di sollecitare gli amici che, soprattutto in Francia ma anche in molti altri paesi, hanno firmato la petizione per l'amnistia in favore di Sofri, di Negri e degli altri, affinchè trasformino questo appello in una attività di tipo "tribunale della verità". Noi abbiamo bisogno di tutta la verità su quegli anni.

Sono fermamente convinto che l'amnistia non potrà essere votata finchè le forze della sinistra italiana non saranno ugualmente sottoposte ad un esame critico della loro storia. Allo stesso modo l'amnistia dovrebbe liberare la parola alla sinistra italiana e permetterle di denunciare, gli attentati terroristici e le provocazioni dello Stato, le collusioni, le omissioni e gli affari loschi di cui la sinistra è parzialmente responsabile. Dell'amnistia, delle parole diventate libere, noi abbiamo tutti bisogno. E' forse per questo che ne parliamo come se questa esigenza non appartenesse ne a Sofri, Negri o Scalzone.

(trad. CSA Icaro, Terni)

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