Corriere della Sera - 03.12.97

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I giudici: ma rimangono molti dubbi

Moretti ottiene la semilibertà: «L'ex capo Br ha riconosciuto il fallimento del terrorismo»

ROMA - Dopo 16 anni di carcere Mario Moretti, il capo delle Brigate Rosse che uccise Aldo Moro, ha ottenuto la semilibertà. Gliela ha concessa, l'11 novembre, il Tribunale di sorveglianza di Milano. Moretti ogni mattina può uscire dal carcere di Opera e andare a lavorare, ma la sera deve tornare in cella. I giudici milanesi, nell'ordinanza con cui hanno disposto la semilibertà, hanno riassunto i misteri e i dubbi irrisolti del caso Moro: dal numero esatto dei membri del commando a quello dei carcerieri, alle modalità dell'esecuzione. Non vi è nemmeno certezza, scrivono, «sul luogo dove è stato prigioniero Moro». E ricordano un passo della relazione della Commissione Stragi, che è del '92: «Si ritiene altamente probabile che il sequestro Moro sia stato un delitto non sufficientemente contrastato per evitare che giungesse alle estreme conseguenze».

I magistrati ricordano anche l'atteggiamento di «distacco e chiusura» del capo della colonna romana nei confronti dei giudici e dei politici che lo hanno interrogato in questi anni. Comunque dispongono la concessione del beneficio della semilibertà al detenuto, perché Moretti «ha tenuto a sottolineare di aver raggiunto la consapevolezza del totale fallimento dell'ideologia e delle azioni della struttura terroristica, anche per essere venuto meno il coinvolgimento sperato delle masse popolari». E questo per il collegio di magistrati significa «aver comunque iniziato un processo rieducativo». Anche perché Moretti, nell'udienza durante la quale si discuteva della sua parziale scarcerazione, ha reso dichiarazioni che suonavano come «un riconoscimento e un'accettazione delle leggi dello Stato».

«Questa decisione - ha detto Mario Moretti - rende omaggio a chi indaga sui misteri d'Italia. Ma questi misteri non riguardano nessuno di noi brigatisti, i quali peraltro, sia pure in forme parziali, sono ormai tutti fuori dal carcere. Probabilmente è giunta l'ora che questa vicenda, senza dimenticare i dolori che essa ha provocato e che tutti rispettiamo, passi sotto la lente di ingrandimento degli storici». «Rispettiamo le decisioni dei giudici, ma siamo perplessi», ha invece commentato, pacatamente, Maurizio Puddu, il presidente dell'associazione vittime del terrorismo.

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