Corriere della Sera - 05.12.97

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Il presidente di Rifondazione ha incontrato la Baraldini nel carcere del Connecticut

Cossutta in lacrime da Silvia

«Prodi invierà una lettera a Clinton per Natale»

Paola Di Caro

DAL NOSTRO INVIATO

DANBURY (Connecticut) - «La cosa più difficile è stata trattenere le lacrime», perché Armando Cossutta lo confessa candidamente: «In certe situazioni non riesco a non commuovermi». Ma Silvia Baraldini non ama «le smancerie e le debolezze».

È forte, e indurita dalla vita lei. Lo è diventata, perché 15 anni di carcere severo, di isolamento e torture psicofisiche, di asettici camici e linde pareti bianchi di operazioni per un tumore non si sopportano senza una scorza alta così.

Il presidente di Rifondazione, arrivato con l'europarlamentare Lucio Manisco fin qui per vederla, confortarla, e portare una promessa del governo italiano, giura che si è trattenuto: «Ma quanto è stato difficile». La Baraldini, 50 anni da festeggiare in questi giorni, è stata condannata a 43 anni di reclusione per terrorismo. Non è stata incriminata per reati di sangue, ma ha partecipato al piano andato a buon fine per l'evasione della terrorista Assata Shakur. E l'America non perdona il terrorismo.

Che fare, allora? La strada è una sola: fare pressione, politicamente, sul governo americano. Ed è quello che sta avvenendo con il beneplacito di Romano Prodi. Spiega Cossutta: «Prima di partire ho avuto un incontro ufficiale con Prodi, Veltroni e Flick: sono molto sensibili al caso di Silvia e il premier mi ha assicurato che ha già parlato a Clinton della situazione». Ma la novità, dice Cossutta, è che Prodi farà avere al presidente degli Stati Uniti per Natale una lettera in cui manifesta il disagio dell'opinione pubblica italiana e del governo stesso di fronte all'atteggiamento severissimo degli americani. Insomma, Cossutta è certo che Prodi scriverà che «se il caso non si conclude positivamente con il trasferimento di Silvia, i buoni rapporti tra l'Italia e gli Stati Uniti potrebbero risultare incrinati».

Lei intanto, che non si è mai piegata davanti ai giudici americani. «Non vuole, non sopporta la pietà», racconta Cossutta. La descrive: «Ha ormai tutti i capelli bianchi, e gli occhi verdissimi che non ti abbandonano un istante. Insegna alle sue compagne, è un intellettuale, studia per prendere la sua seconda laurea, legge i giornali italiani. Ha voluto sapere tutto di noi, del governo di centrosinistra. Chiede se ci sarà l'indulto in Italia, abbraccia Sofri e i suoi compagni». E non si lascia andare, mai: «Crede - continua Cossutta - che l'iniziativa del governo italiano possa essere positiva, ma non si illude. Che mi lascino in pace, dice, mi liberino o mi lascino in pace». I suoi desideri? «Le piacerebbe viaggiare - sussurra Manisco -. Bahia, Egitto, Nepal sono in cima ai suoi pensieri di libertà». Ma la vita in questo carcere tutto bianco in cima a una collinetta nel verde del Connecticut, è quella amara di tutti i giorni: «Alle detenute vestite in giacchetta e pantaloni kaki hanno vietato di indossare i propri indumenti intimi privati, di comprarsi il gelato, di usare troppa carta igienica».

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