Corriere della Sera - 18.03.98
MILANO - Nome in codice: «squadra 54». Componenti: 4 superpoliziotti dei servizi, spediti da Roma a Milano. Presunto obiettivo: depistare le indagini su piazza Fontana.
Dagli anni del terrore, riemerge oggi una strana vicenda che sembra fare da cornice ad alcuni misteri d'Italia, intrecciati tra loro: dalla bomba «nera» del 12 dicembre 1969, alla morte accidentale dell'anarchico Pinelli, all'omicidio del commissario Calabresi. Crimini diversi, protagonisti opposti, con un interrogativo mai risolto: quale fu il ruolo della polizia?
Con il cerino in mano, quasi trent'anni dopo piazza Fontana, è rimasto il prefetto Carlo Ferrigno, che per questa nuova indagine ha perso il posto di capo della direzione centrale della polizia di prevenzione, cioè di tutte le Digos. Ferrigno, l'altro ieri, è stato interrogato per 5 ore dal pm Grazia Pradella e ha respinto con forza l'accusa di falso ideologico. Un'accusa nata dal ritrovamento di vecchie informative, che hanno portato alla scoperta della «squadra 54». E cioè di un nucleo di 4 poliziotti, che negli anni del terrore rispondono direttamente a D'Amato e Russomanno, i capi dell'Ufficio Affari riservati. Un gruppo speciale che opera a Milano, a stretto contatto con quell'ufficio politico della questura dove lavorano il commissario Allegra e il povero Calabresi. La «squadra 54», in particolare, indaga fin dal dicembre '69 su piazza Fontana. Ma con l'ordine di non riferire nulla ai magistrati. E a guidarla è Ermanno Alduzzi, che D'Amato definiva «il migliore».
Ebbene: nell'autunno '96, nell'archivio della via Appia, spunta un'informativa del 30 dicembre '71. La fonte «Anna Bolena», poi identificata nel manager musicale Enrico Rovelli, rivelava già allora che tra gli anarchici c'era almeno un «infiltrato»: Nino Sottosanti, detto «il fascista». Un sedicente «nazi-maoista» che era un sosia di Pietro Valpreda, l'anarchico arrestato ingiustamente per piazza Fontana. Il pm Pradella, dalle confidenze di due poliziotti, scopre che a gestire «Anna Bolena» era un certo Alduzzi. Quindi il magistrato chiede se per caso quel poliziotto si identifichi con «l'omonimo» che nel '78 Russomanno portò con sé al Sisde. Ferrigno, in una nota, risponde che non è sicuro. Senonché, in casa di Alduzzi, viene trovato un suo telegramma di condoglianze. E poi il giudice Mastelloni sequestra l'armadio con l'elenco di tutte le fonti dell'Uar. Ora il pm vuole capire perché ci sia ancora bisogno di coprire la «squadra 54».
Particolare suggestivo: nel novembre 1970, la fonte E.R. (che per i giudici è sempre Rovelli) riferiva di un «passaporto falso» fabbricato per far scappare un «anarchico». Ora le perizie ipotizzano quello «sconosciuto» fosse in realtà Gianfranco Bertoli, e cioè il terrorista che uccise 4 persone nel primo anniversario dell'omicidio Calabresi. E aggiungono che «in effetti una foto di Bertoli fu trovata tra le carte di Calabresi». Che, purtroppo, non può più parlare.