Corriere della Sera - 23.10.97

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L'INTERVISTA / IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE STRAGI

«E' l'uomo che potrebbe svelare molti segreti della storia italiana»

M. Antonietta Calabrò

ROMA - Pippo Calò depositario dei segreti della storia degli ultimi 15 anni. L'argomento è di grande interesse anche per Giovanni Pellegrino (Pds), presidente della Commissione stragi.

«Gli accertamenti della Commissione sono abbastanza avanti sul periodo che va da piazza Fontana al sequestro Moro, quindi dal '69 al '78. Mentre negli anni '80 sono più le ombre che le luci. Già nella bozza di Relazione preparata nella scorsa legislatura abbiamo parlato di una zona grigia che si addensa nella Roma di quel periodo e che diviene percepibile già nel caso Moro e poi si accentua e si rafforza negli anni successivi. Una zona in cui convivono criminalità, finanza corsara, settori marginali del mondo politico e pezzi di apparati di sicurezza. In questo magma è centrale la figura di Mario Agliarolo, detto Salamandra, cioè Pippo Calò. Quindi una eventuale collaborazione di Calò potrebbe essere decisiva per ricostruire gli anni recenti della nostra storia».

Ma cosa sa Calò di questo magma?

«Conosce quel mondo così bene come Mario Moretti conosce le Brigate rosse. Calò è un uomo di vertice ed insieme un uomo di cerniera...».

E' la cerniera della doppia piramide rovesciata, per usare una definizione che un tempo andava di moda...

«Certamente. Le dico di più: un'indagine potrebbe riguardare magari un episodio determinato, ma potrebbe poi innescarsi un meccanismo a catena che porterà a fare chiarezza in ambiti molto più ampi. Un caso esemplare potrebbe essere quello dell'omicidio Calvi».

Quell'omicidio sta agli anni Ottanta come l'omicidio di Moro sta agli anni Settanta?

«Sì. Io uso un'espressione che mi sembra significativa nella sua riassuntività: nel mondo della strategia della tensione, che arriva fino all'omicidio di Moro, tintinnano le sciabole, le componenti militari, l'idea della forza del potere. Nel mondo sotterraneo degli anni Ottanta tintinnano di più gli zecchini: è il legame della malafinanza che tiene tutto insieme. Il mondo che arriva fino all'omicidio di Moro è un mondo ispirato dalle tensioni generate dall'oltranzismo atlantico e dalle tensioni, anch'esse ideologiche, che animavano i gruppi della destra radicale o della sinistra eversiva. Il mondo che segue agli anni del terrorismo è un mondo tutto affaristico in cui potere e denaro coincidono».

Questo del resto va di pari passo con l'ascesa finanziaria di Cosa Nostra legata al traffico internazionale di eroina, che mette a disposizione dei clan ricchezze impensabili solo qualche anno prima...

«Vorrei precisare meglio: Agliarolo-Calò sta a Cosa Nostra come Senzani sta alle Br. Perché nel momento in cui si appartiene a qualcosa, si appartiene anche a qualcos'altro. Certo il caso di Pippo Calò è un problema istituzionale che non può competere in prima battuta ad una commissione d'inchiesta...».

Lei lo considera un problema istituzionale?

«Abbiamo delle istituzioni ad esso deputate. La Procura nazionale antimafia serve a questo... Il rilievo di Calò è enorme, qualsiasi cosa potesse dire meriterebbe innanzitutto di essere coperta dal segreto e poi attentamente studiata, vagliata, riscontrata. Perché Buscetta è un uomo autorevole di Cosa Nostra che però parla soprattutto per sentito dire. Calò invece è un protagonista della storia sotterranea di questo Paese».

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