Il Manifesto - 20.01.98

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GIUSTIZIA

Un giudice dai piedi di piombo: nessun permesso a Toni Negri

Il giudice di sorveglianza nega a Toni Negri la possibilità di lavoro esterno. Per la questura c'è "pericolo di fuga", ma scorda che il professore è spontaneamente tornato in Italia

- A. P.

I L TRIBUNALE di sorveglianza di Roma ha negato a Toni Negri di poter uscire in permesso esterno. Il giudice, Laura Longo, no ha accolto la richiesta avanzata da Negri, di nuovo in carcere dal luglio scorso, quando ha deciso di tornare dalla Francia, paese nel quale si era rifugiato nell'83. Tra i motivi che avrebbero portato il giudice a non concedere il permesso esterno a Negri (primo gradino dei benefici della legge Gozzini), sarebbe il pericolo di fuga avanzato in modo incongruo dalla questura di Roma solitamente chiamata a pronunciarsi solo sull'eventuale pericolo di "contatti eversivi". Gli avvocati ricorreranno contro questa decisione e a quel punto sarà l'intero tribunale si sorveglianza a doversi pronunciare. Per Negri, che deve ancora scontare tre anni e undici mesi di carcere, si era parlato con insistenza anche di una imminente ammissione al lavoro esterno. A giudizio del deputato verde Paolo Cento, "nel nostro paese permane una grande ipocrisia sulla vicenda Negri che richiama il parlamento a intervenire urgentemente per modificare la legge Gozzini rendendo automatica la attribuzione dei benefici previsti".

Arretato il 7 aprile del 1979, Negri rimase in carcere fino all'83 quando iniziò il cosiddetto "processo 7 aprile" e quando venne eletto deputato nelle file dei radicali. Ma la camera, fatto del tutto inusitato, non solo votò immediatamente l'autorizzazione a procedere nei suoi confronti, ma addirittura ne chiese la carcerazione. Da qui la decisione di Negri di andare in Francia cosa che, tra l'altro, comportò un'altra serie di imputazioni, tutte cadute. Venne accusato di essere il leader delle Brigate rosse, di aver sequestrato e ucciso Aldo Moro, di aver messo in atto un'insurrezione armata contro lo stato, di aver promosso la rivolta nel carcere di Trani, di aver fatto uccidere Alceste Campanile, di aver diretto "Rosso". Fu assolto in 15 processi e ancora pende su di lui un processo del '95.

Condannato a 13 anni e 2 mesi come "ideologo" e "cattivo maestro", ha già scontato 4 anni e tre mesi tra il '79 e l'83. Resterebbero 8 anni e 11 mesi, che si riducono a 4 e 11 mesi per effetto dei due condoni generali dell'86 e dell'88. Infine, grazie ai giorni di libertà anticipata maturati durante la detenzione, la pena residua è di 3 anni e 11 mesi.

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