Il Manifesto - 22.02.98

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Delinquo, dunque sono

Una ricerca di Salvatore Palidda indica che in Italia, nel 1996, il 43% dei reati attribuiti a immigrati sono "delitti d'immigrazione", cioè reati commessi per regolarizzarsi

LIVIO QUAGLIATA - MILANO

U N CONVEGNO utile quello promosso ieri dal Cric nella facoltà di Scienze politiche di Milano: "La frontiera dei diritti: l'immigrazione clandestina". Utile a capire la situazione anche nell'unico suo aspetto negativo: la mancata presenza, benché invitati, di un gruppo di detenuti stranieri. Il magistrato di sorveglianza non ha ritenuto opportuno concedere il permesso e, in loro rappresentanza, c'era un detenuto italiano, Antonio Matrella, che ha chiarito il concetto: "Dai miei compagni stranieri mi distingue il colore della pelle. E poi che io posso avere misure alternative, colloqui, telefonate, posso anche uscire in permesso...".

L'obiettivo era quello di ripercorrere - con testimonianze dirette di chi opera sul campo - il tragitto di "persone senza status", "fantasmi", in uno dei rari momenti in cui ci appaiono visibili: quando cioé incrociano lo stato sotto forma di codice penale. A cominciare dalla strada, dal lavoro delle volanti. Quello di Rita Parisi, poliziotta del Siulp di Bologna, è stato l'intervento più applaudito. Ha esordito dicendo che "lavoriamo in un apparato che non ha maturato una consapevolezza democratica", quindi -dopo aver illustrato i risultati di un corso per agenti su questi temi (ne scriveremo) - giustamente ha aggiunto: "non che i poliziotti siano più razzisti di altri, è che come molti faticano a riconoscere un atto razzista. Prendete il caso della "Uno bianca": il problema non era il razzismo dei fratelli Savio, ma di come con i fratelli Savio abbia potuto convivere gente di cultura democratica". E ancora: "A leggere i giornali gli immigrati sono tutti delinquenti. A ciò aggiungete il fatto che il poliziotto divide il mondo tra sospetti e non sospetti; e che per lui trovare lo spacciatore straniero è la cosa più semplice del mondo. Allora capirete perché le direttissime sono piene di stranieri".

Già, le direttissime, quelle in cui l'imputato straniero si "vede" perché colto in flagranza. Fabio Quassoli, sociologo, ha trascorso 6 mesi nelle aule del Palazzo di giustizia di Milano assistendo a processi, intervistando magistrati, avvocati, interpreti: nel primo semestre '96 i due terzi delle direttissime riguardavano reati di droga e per tre quarti gli imputati erano stranieri.

Una sola annotazione, tra le tante: su 162 casi solo 40 stranieri hanno uno status giuridico univoco, con permesso di soggiorno oppure senza. Negli altri regna l'incertezza e la "sedicenza". E allora? Allora l'irregolarità viene presunta, il pm chiede la custodia cautelare in carcere, il magistrato accetta, l'avvocato d'ufficio latita. Di direttissime - "queste catene di montaggio in cui sembra di stare al mercato per il numero di patteggiamenti" - ne sa qualcosa anche l'avvocato Mirko Mazzali che non riesce a difendere la categoria: "Se esiste una correlazione tra nazionalità e reato, ne esiste una anche tra nazionalità e avvocato: quanti si sono fatti la barca con la difesa degli immigrati!". Mazzali snocciola casi che valgono più di mille parole: "Un filippino viene picchiato da italiani in una cabina del telefono perché si attarda troppo. Viene da me, ma i termini per la querela sono scaduti. Gli italiani, invece, sanno muoversi e denunciano per minacce il filippino: finirà lui sotto processo".

Altre vittime, le donne. Emanuela Terzian, che alla clinica Mangiagalli di Milano lavora per il "Soccorso violenza sessuale", elenca i suoi di dati: in 18 mesi il 40% delle donne sopra i 14 anni vittima di reato è straniera. Tra le prostitute il 25% è vittima dei propri sfruttatori (nessuna italiana), l'11 dei propri clienti (2% è la percentuale delle italiane). Fare qualcosa non è semplice: "Vengono qui solo perché accompagnate dalla polizia. Sono diffidenti, e non posso dar loro torto". E poi i minori (ne ha parlato Pastore) solo da oggi giudicati inespellibili. E poi ancora dati, quelli forniti da Salvatore Palidda: in Italia, nel 1996, il 43% dei reati attribuiti a immigrati riguardano i "delitti d'immigrazione", ovvero quei reati commessi per regolarizzarsi: il falso, per esempio.

Per finire, il carcere, di cui hanno potuto dire gli operatori e i volontari del Naga ma non i detenuti. Il direttore Luigi Pagano sceglie una citazione di Foucault: "La prigione continua un lavoro cominciato altrove". Appunto.

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