Il Corriere della Sera - 22.05.98

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STORIA POLITICA

Da Moro a Gelli il "doppio stato" italiano

- I. D. - ROMA

G iuseppe Vacca, presidente della Fondazione Gramsci, lo dice e lo sottolinea: non c'è nessuna interpretazione "complottista" della storia nazionale nell'impianto del convegno su "Doppia lealtà e doppio stato" che si è aperto ieri e si conclude oggi a Roma. L'intento, viceversa, è da una parte quello di liberare la categoria del "doppio stato", proposta anni fa da Franco De Felice, dalle troppo semplicistiche accezioni con cui si tende a usarla a copertura delle opacità della cronaca e della storia politico-giudiziaria nazionale; dall'altra parte, quello di analizzare in modo scientifico e circostanziato, e per l'appunto non generico e dietrologico, le sfaccettature reali dello stato duale italiano, come ormai lo studio degli archivi della guerra fredda consente di fare. Ed effettivamente il convegno - ci torneremo - scava analiticamente su molti fronti: dalla "guerra psicologica" degli Usa in Italia dopo il '48 alla strategia della tensione, dalla P2 ai servizi segreti, dalle stragi alle mafie. Ma quando c'è di mezzo il caso Moro, i protagonisti assoluti tornano sempre gli stessi, i "dietrologi" per definizione, Sergio Flamigni, Francesco Biscione e Gianni Cipriani. E la storia della passione e morte di Aldo Moro ridiventa solo - non anche, come sarebbe plausibile discutere - storia di servizi, infiltrazioni, omissis. Una mossa che poco serve a far luce su ciò che, dalla parte del comportamento dello stato e della Dc, resta ancora da sapere, e molto a sviare la ricerca d'area Ds dalla questione politicamente decisiva: fattori ed effetti (di lungo periodo) dell'adesione del Pci alla linea della fermezza. Questione sulla quale non a caso aveva posto l'attenzione, nella sua relazione introduttiva, Leonardo Paggi, evidenziando come la scelta del Pci comporti la rinuncia alla distinzione, fin'allora operante, fra repubblica e stato e la sua completa identificazione, "senza antidoti e senza differenze", con lo stato (e le sue opacità e duplicità). Una linea di riflessione disattesa dagli interventi di Flamigni, Biscione e Cipriani, coi quali il convegno si guadagna la contestazione di Daniele Pifano (ex leader di Potere operaio) e di alcuni esponenti della rete di centri sociali "Sprigionare", convenuti per rivendicare diritto di parola sul caso Moro ai soli brigatisti.

Il secondo tributo alla cronaca il convegno lo paga sul caso Gelli. E' Massimo Brutti, sottosegretario alla difesa, a parlarne, all'interno di un ampio intervento su serevizi segreti e segreto di stato. La fuga di Gelli, sostiene Brutti, dimostra che il venerabile "non è ancora andato in pensione" e continua ad avere una forza e un'influenza che gli vengono dall'essere stato non solo "un formidabile mediatore di affari illeciti", ma anche "l'uomo al vertice dei servizi durante il caso Moro". Brutti non esclude che l'archivio di Gelli - "visto ma non acquisito da alcuni funzionari ddel Sisde a Montevideo" - possa contenere anche dati recenti: "fascicoli intestati a personalità politiche, esponenti del mondo finanziario e imprenditoriale, enti e associazioni vari".

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