Il Manifesto - 28.04.98

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MD LE CONCLUSIONI

Un sì al 513

Riforme, processo, caso Sofri. La mozione del congresso

- I.D. - ROMA

Manca a Magistratura democratica, aveva detto Pietro Folena nel suo intervento al congresso di Genova, un'analisi della società italiana. Ma è vero il contrario, come dimostra anche la mozione conclusiva che il congresso ha votato domenica. E che parte proprio da un'analisi sociale della crisi di legalità del paese per ribadire le posizioni del gruppo sui punti più scottanti del contenzioso sulla giustizia, dalle riforme costituzionali al 513 alla struttura del processo penale. La crisi di legalità, scrive Md, è profonda e diffusa: si è manifestata soprattutto nella presenza della criminalità organizzata e della corruzione politico-amministrativa, ma "pervade tutta la società e i comportamenti dei singoli", come dimostra l'evasione fiscale; ma sta anche "nell'esistenza di condizioni di lavoro fuori e contro le regole, nello sfruttamento del lavoro di minori e immigrati, nella mancata prestazione dei servizi sociali dovuti". Dipende dunque da cause molteplici - prime fra tutte "una riduzione della politica a gestione dell'esistente, una malintesa concezione del primato della politica come potere sovraordinato sottratto ai controlli, una pratica dell'attività economica altrettanto insofferente di regole" - e domanda terapie molteplici: non solo l'intervento giudiziario e in specie penale, ma una ritrovata iniziativa della politica e della società civile. Il che nulla toglie al fatto che "i procedimenti penali nei confronti della corruzione politica, della criminalità economico-finanziaria, della corruzione giudiziaria e della mafia sono stati e sono momento essenziale e imprescindibile dell'affermazione della legalità".

Di "quale" legalità? Di una legalità "costituzionalmente orientata", cioé incardinata sui principi e i diritti fondamentali sanciti nella Carta del '48, che necessita di una nuova "politica attuativa", tanto più mentre l'integrazione europea rischia di realizzarsi sotto l'imperativo del libero mercato piuttosto che dell'uguaglianza. E tanto più mentre le riforme costituzionali rischiano di indebolire l'impianto del '48. Sulle riforme costituzionali della giustizia, Md ribadisce il suo no alle minacce che gravano sull'indipendenza della magistratura. Sulle riforme ordinarie, ribadisce il sì al progetto del governo, ma corredato di una critica implacabile al suo effettivo percorso, "segnato da difficoltà, frammentarietà, assenza di indicazioni sulle priorità e sui tempi di realizzazione". Fra le proposte terapeutiche di Md per la crisi della giustizia civile, la modifica dei criteri del reclutamento per le sezioni stralcio e l'ampliamento delle competenze del giudice di pace.

Sulla crisi della giustizia penale" (tempi dei processi, prescrizioni), Md rilancia i suoi tradizionali obiettivi: depenalizzazione e prospettiva del diritto penale minimo (e riafferma il suo sì all'abolizione dell'ergastolo). Rilevanti le parti della mozione dedicate al processo penale: Md sceglie di riaffermare "senza riserve" il principio del contraddittorio. Da qui "un giudizio positivo senza riserve sulla riforma del 513": bocciato un emendamento che chiedeva alcune modifiche della disciplina transitoria, Md domanda però "una disciplina complessiva che incentivi la presenza e la risposta al dibattimento": in dettaglio, una riforma della legge sui pentiti che leghi i benefici alla presenza in dibattimento e "una modifica della disciplina del diritto al silenzio che non intacchi il diritto di difesa, mediante una riduzione delle ipotesi di connessione dei reati e dei casi di incompatibilità a testimoniare".

Ulteriore cruciale punto, la "netta contrarietà ai propositi di modifica dell'art. 192 in tema di valutazione della prova", il che postula però verso, "una giurisprudenza rigorosa nella valutazione delle chiamate in correità, che esiga l'esistenza di riscontri esterni, specificamente riferiti ai fatti contestati a ogni imputato". Prosegue la mozione: Questa corretta interpretazione non sempre è stataa seguita dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, come si è verificato in alcune note vicende processuali, che hanno prodotto, anche in tempi recenti, decisioni contrastanti con una prospettiva di segno garantista". Per chi vuole capirlo, il riferimento è al processo Sofri, e qualcuno non a torto l'avrebbe voluto più esplicito o anche oggetto di una mozione specifica: ma si è preferita una formula più tecnica ma che riaffermasse il principio generale. Infine ma non ultimi, i richiami al controllo sulla professionalità dei magistrati, l'allarme per i casi di corruzione giudiziaria, il dissenso per le iniziative disciplinari del ministro sulle "esternazioni" di alcuni magistrati: "eventuali dissensi sul loro merito e opportunità appartengono al dibattito politico-culturale e non possono tradursi in censure disciplinari".

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