La Repubblica - 08.02.98
Un Tribunale per i Diritti dell'Uomo. Appello al presidente del Consiglio
Pubblichiamo il testo di una lettera aperta che il Comitato "Non c'è pace senza giustizia" ha inviato al presidente del Consiglio, Romano Prodi, per un nuovo Diritto internazionale
SIGNOR Presidente, dal 15 giugno al 17 luglio 1998 l'Italia ospiterà la Conferenza delle Nazioni Unite per l'istituzione del Tribunale Penale Internazionale permanente. Che proprio dal nostro Paese - a cinquant'anni dall'adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e dall'istituzione dei Tribunali di Norimberga e Tokyo - nasca lo strumento per comminare effettive sanzioni a chi viola i diritti fondamentali che tale carta enuncia, è un'occasione di straordinaria importanza, visto l'impegno profuso dall'Italia su questo fronte.
A ROMA, capitale che ha appoggiato nel '93 l'istituzione del Tribunale ad hoc per la ex Jugoslavia, potrà prendere le mosse una nuova stagione del Diritto internazionale, in cui si pone per la prima volta un limite all'impunità che le norme attuali offrono ai responsabili di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità: senza riguardo al fatto che siano vinti o vincitori, esecutori o mandanti. Affinché si possa dare corpo al principio secondo cui non vi può essere pace senza giustizia.
Proprio perché consapevoli del grande lavoro svolto sin qui dai successivi Governi e dalla diplomazia italiana per portare a Roma il negoziato finale, auspichiamo che, anche in questa fase preparatoria, il nostro Paese mantenga inalterato il suo impegno, sia a livello politico sia a livello organizzativo. Siamo convinti che il nostro Paese, in tutte le sue componenti - Governo, Parlamento, forze politiche, organizzazioni non governative, società civile - debba fare di tutto per garantire il successo della Conferenza.
Sul versante organizzativo, solo se saranno assunti provvedimenti urgenti nei prossimi giorni sarà possibile completare in tempo utile le procedure amministrative necessarie per assicurare il buon andamento dei lavori, finanziare le iniziative collaterali in seno alla società civile e fare dell'appuntamento di Roma un'occasione irripetibile per dare all'Italia - quinto contribuente al sistema delle Nazioni Unite - il ruolo di promotrice della giustizia internazionale e di una diplomazia saldamente ancorata a valori etici universali. Senza dimenticare che è anche con impegni di questa natura che si guadagna terreno (e voti) in battaglie difficili come quella per la riforma del Consiglio di Sicurezza. Anche sul versante politico pare opportuno vigilare. Si moltiplicano infatti i segni della volontà di alcuni Paesi di porre pesanti condizionamenti al processo negoziale in corso, ciò che rischia di compromettere l'effettiva conclusione dei lavori alle date previste.
Non si sarebbe concluso il Trattato per l'interdizione delle mine antiuomo - che passerà alla storia come il "Trattato di Ottawa" - senza l'impegno caparbio, ostinato, intelligente del Governo canadese, che ha ospitato i lavori e che ha saputo fare tesoro anche dello straordinario impegno profuso dalle organizzazioni non governative coordinate dal neo-premio Nobel Jody Williams.
L'impegno che l'Italia deve profondere nella sfida a cui è chiamata è persino maggiore, perché il costituendo Tribunale Internazionale non sarà credibile senza l'adesione di grandi potenze come gli Stati Uniti e la Cina. Il negoziato si annuncia sin d'ora estremamente difficile e portarlo a buon fine richiederà uno sforzo straordinario. Come straordinario sarà il successo se quest'impresa riuscirà.
Giovanni Conso, Adelaide Aglietta, Giuliano Amato, Alfredo Biondi, Vincenzo Caianiello, Furio Colombo, Gianfranco Dell'Alba, Olivier Dupuis, Antonio Martino, Sergio Mattarella, Marco Pannella, Giuliano Pisapia, Cesare Salvi, Carlo Scognamiglio, Gianfranco Spadaccia, Lorenzo Strik Lievers