Si riprende la discussione delle mozioni in materia di istruzione scolastica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzitutto esprimere il ringraziamento del Governo e mio personale per l'opportunità offerta a questa Assemblea da parte dei presentatori delle rispettive mozioni di dedicare parte del suo tempo prezioso ad una discussione monografica sulla questione della scuola, sottolineando in questo modo la sua particolare importanza di fronte all'opinione pubblica. Desidero ringraziare anche per il tono della discussione generale, nel corso della quale, nonostante le diversità politiche e di accento, credo si possa sottolineare la circostanza di un tono che tende a caratterizzare l'atteggiamento di diversi gruppi con la prevalenza dell'elemento propositivo. Certamente non sono mancate differenze, anche rilevanti, ma si è ribadita la disponibilità a collaborare per la soluzione dei problemi scolastici. L'aula di Montecitorio è stata nel passato, in occasione delle discussioni in materia di scuola, spesso teatro di passioni molto aspre e talvolta di scontri; anche qualche mese fa, come nel corso dell'esame delle ultime leggi finanziarie, quello della discussione scolastica non è stato un momento disteso. Oggi abbiamo registrato una novità e penso di poter dire che, almeno parzialmente, l'impostazione data dal Governo alla politica scolastica possa aver contribuito a questo clima, che ritengo foriero di importanti risultati. Abbiamo voluto creare le premesse di momenti di incontro che debbono prevalere su quelli di scontro; certamente ci aiuta in questo la crescita della sensibilità popolare, dell'attenzione della stampa, della centralità anche nella comunicazione della tematica scolastica e dell'istruzione. Certamente ci aiuta in questo la crescita della consapevolezza, forse più che in Italia, in alcuni paesi dell'Unione europea e di tutto l'occidente, della circostanza che la formazione costituisce la condizione di sviluppo per l'avvenire di un paese e certamente il settore di intervento prioritario. Lo scandire "Education!" nella forma martellata nella quale taluni programmi hanno voluto ricordare questa centralità sta cominciando a diventare senso comune anche nel nostro paese. Anche per questo il programma enunciato nel discorso di presentazione alle Camere del Governo Prodi ha voluto ribadire questa centralità. L'ultimo documento di programmazione economico-finanziaria lo ha ripetuto ed oggi il Governo, nella mia persona, intende ripeterlo ulteriormente. Mi rendo conto che il primo passaggio riguarda la disponibilità di risorse; non posso non rilevare il fatto che in tutte le mozioni presentate alla Camera tale tema viene ribadito. Vedremo dunque, al termine di tutte le espressioni di voto, se questo rappresenterà anche l'espressione di voto del Parlamento e della Camera come indirizzo al Governo. In rappresentanza dell'intero Governo, prima della presentazione della prossima legge finanziaria non sono oggi nelle condizioni di dare una risposta concreta a questa esigenza. Posso soltanto dire che se questo sarà l'indirizzo espresso nel Parlamento, a seguito dell'approvazione dei documenti di indirizzo stesso, il Governo sarà chiamato a tenere conto di questa importante indicazione. Nel corso del dibattito sono state avanzate critiche o apprezzamenti all'opera del Governo in questo anno da poco trascorso. Cercherò di non tediare l'Assemblea nel ricordare qual è stato l'oggetto delle iniziative e dell'attenzione del Governo. Desidero partire dal patto per il lavoro, da un'importante documento, sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali nel settembre scorso, nel quale ancora una volta, in una sede forse non propria nel passato, la tematica formativa ha trovato una rilevanza assoluta, anche con l'indicazione di alcune delle linee di intervento, alle quali noi ci siamo più volte richiamati nel corso di questi mesi. Tuttavia, l'atto di governo più importante, e successivamente la decisione del Parlamento dal Governo sollecitata, è rappresentata dall'approvazione della legge n. 59 e dalle norme sull'autonomia. La scuola non ha ancora introitato questa novità; non era, del resto, possibile in così breve tempo. Dobbiamo ancora predisporre i documenti attuativi - regolamenti e decreti - previsti da quella legge e certo, nel corso di questa elaborazione, il Parlamento sarà chiamato ad esprimere i propri pareri e noi cercheremo di stare nei tempi previsti dalla legge stessa. Tuttavia, gli effetti principali dell'autonomia avranno risultanza non certo nelle prossime settimane e neanche nei prossimi mesi, poiché si tratta certamente della riforma più importante che l'organizzazione scolastica italiana, a questo momento, ha registrato nel corso degli ultimi decenni. Si tratta di una riforma radicale e profonda; l'unica in grado di sprigionare energie e creatività dall'interno delle scuole; l'unica in grado di determinare quegli elementi di autodeterminazione che possono costituire un allargamento ampio delle libertà e della capacità creativa del corpo scolastico; l'unica in grado di sottolineare le responsabilità, anzi la responsabilità, nella conduzione delle scuole, a tutto tondo, poiché autonomia significa insieme libertà e responsabilità. Abbiamo dovuto affrontare in questi mesi l'iniziativa di razionalizzazione della rete scolastica e certamente attraverso questa iniziativa abbiamo dovuto ottemperare a necessità non sempre condivise o meglio condivise in astratto e poi non accettate spesso nelle singole determinazioni concrete. Vorrei sottolineare a questo proposito che, pur dettate da esigenze congiunturali finanziarie, le iniziative di razionalizzazione della rete scolastica vanno inquadrate anche in un'opera di riscrittura della mappa delle scuole all'insegna di un principio pedagogico, ormai assunto dalla cultura, dalla esperienza e dalle indagini, soprattutto negli Stati Uniti ma anche in alcuni paesi europei, in base al quale la dimensione delle scuole diventa elemento essenziale per la loro qualità pedagogica. La possibilità di avere risorse umane e materiali più qualificate, di offrire agli allievi più alternative curriculari (specialmente, in Italia, nella secondaria superiore), la capacità di sviluppare iniziative progettuali di alta qualità, la maggiore ricchezza e varietà di relazioni in corrispondenza di una comunità scolastica più ampia costituiscono alcuni capisaldi di una moderna pedagogia che non possono essere realizzati in scuole - ahimé - talvolta residuali, derivanti certamente da condizioni orografiche o di degrado o di abbandono, che viviamo con sofferenza e che tuttavia non possono farsi ricadere sull'offerta formativa nei confronti dei nostri bambini e dei nostri ragazzi. E' per questo che abbiamo voluto tentare una operazione che dall'anno prossimo dovrà avere un altro approccio poiché inserita nel dimensionamento delle strutture educative e formative e derivante dalla legge sull'autonomia; la si potrà affrontare in un quadro di maggiore razionalità e con un concorso assolutamente più elevato delle comunità scolastiche e non soltanto scolastiche nella definizione degli indirizzi e anche delle decisioni. Vorrei tuttavia ricordare al riguardo che la pluriennalità degli organici è un altro contributo a questo nuovo modo di impostare i problemi della razionalizzazione. Nel continuare questo uggioso elenco di iniziative del Governo voglio richiamare l'intesa con l'ABI e con gli altri istituti di credito per l'erogazione di credito agevolato nell'acquisto dei libri di testo, alcune iniziative rivolte agli studenti, l'attività doposcolastica e quella parascolastica degli studenti, in particolare quelle "rappresentate" dal regolamento di disciplina per l'utilizzazione degli edifici scolastici nelle ore non di scuola e di studio, e soprattutto tutto ciò che attiene ad una fertile serie di iniziative di integrazione delle attività degli studenti, che oggi contrappuntano in modo assai diffuso tutta l'organizzazione scolastica del nostro paese. A ciò vorrei aggiungere la convenzione stipulata con il CONI per l'estensione dell'esercizio delle attività motorie e sportive; ciò potrà, conservando un ruolo fondamentale degli insegnanti di educazione fisica e della natura scolastica di questa attività, dare un indirizzo importante di estensione delle attività sportive nelle nostre scuole. Mi permetto di accennare alla vexata quaestio dello "Statuto dei diritti degli studenti e delle studentesse". Quest'ultimo è stato letto in un'accezione che è contraddetta dal testo e dall'aspirazione dello stesso testo, almeno nella sua bozza attuale. Noi non abbiamo voluto in alcun modo ribaltare i rapporti fra docenti e discenti perché vogliamo ribadire qui che la democrazia politica non è estensibile alla democrazia culturale e scolastica poiché sono diversi i ruoli dei diversi soggetti che vivono la vita della scuola.
NICANDRO MARINACCI. Bravo!
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. E' insita nella funzione docente una funzione di autorità, come è dimostrato dalla migliore letteratura ed anche dalla tradizione della sinistra di questo paese. Questo significa che oggi abbiamo il dovere di ristabilire nuove regole di disciplina all'interno delle scuole e che il richiamo a regole antiche, oggi del tutto impotenti come ha dimostrato la pratica scolastica negli ultimi decenni ma soprattutto negli ultimi anni, configura percorsi sterili e quindi incapaci di restituire una regola a questo tipo di impostazione. Vorrei ricordare che nella circolare sugli scrutini che ho dovuto recentemente approvare, ho fatto persino accenno alla rilevanza pedagogica negativa delle assenze (tema sempre trascurato nella politica scolastica negli ultimi tempi), come per ricordare che il primo obbligo degli studenti è quello di frequentare la scuola e che una impostazione di tipo diverso incide sulla concezione generale della stessa democrazia scolastica. Abbiamo fatto partire (a ciò ha fatto cenno la collega Aprea) il sistema nazionale di sostegno alle autonomie e valutazione. Anche questa è una novità assoluta! Sono decenni che in questo paese si invoca un sistema nazionale di sostegno alle autonomie e valutazione. Comprendo che ci possa essere una distinzione di valutazione sul modo in cui questo viene attuato.Lo comprendo.
NICANDRO MARINACCI.
Facciamo capire agli altri qual è!
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Tra l'altro esistono opinioni e posizioni diverse. Tuttavia non credo si possa negare l'importanza del fatto che qualcosa di questo genere, che era stato da tempo invocato dalla cultura italiana (l'Italia è uno dei paesi che non ha una iniziativa ed una attività del genere e di tale importanza), possa essere oggi contraddetto dal fatto che il Governo ha dato inizio ad una simile attività.
NICANDRO MARINACCI. Speriamo!
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Posso assicurare che si tratta di una fase transitoria e che abbiamo bisogno di arrivare, nel tempo, alla istituzione di un organismo della massima autorità ed indipendenza. La circostanza di aver organizzato il sistema nazionale di sostegno all'autonomia e valutazione nel modo in cui il decreto istitutivo ha messo in moto la sua macchina è contrappuntato dall'intenzione di rivolgersi a strutture professionalmente deputate ed esterne all'amministrazione per un sostegno a queste attività di natura valutativa. Tutto questo dovrà essere interfacciato alle attività di autovalutazione che il sistema delle autonomie deve inserire nelle scuole e nelle istituzioni scolastiche. A riprova di questo indirizzo abbiamo riacceso con l'OCSE un rapporto che si era andato affievolendo e che aveva creato in Italia la condizione di distacco totale persino dalla lettura statistica internazionale dei nostri risultati. In questo modo si utilizza una autorità assolutamente indipendente, come l'OCSE, come forma di collaborazione della attività di valutazione sulla politica scolastica del Governo, ma anche sui risultati della acculturazione dei nostri ragazzi attraverso i loro percorsi scolastici. Un altro provvedimento che vorrei citare è quello sull'edilizia scolastica. Abbiamo aumentato il numero di risorse, la cui quantità è stata arricchita da una recente delibera del CIPE e da una nuova legge che attribuisce all'edilizia scolastica e a quella universitaria risorse ulteriori; abbiamo inoltre snellito le procedure per quel che riguarda i problemi dell'edilizia. Recentemente è stato stipulato un accordo con l'ARAN che consente il pagamento delle ferie estive ai precari nella dimensione dovuta. Abbiamo convocato per il 15 luglio un tavolo di trattativa sindacale per avviare un importante confronto sulla professione docente, aprendo a tale riguardo un capitolo completamente nuovo rispetto all'attuale disciplina, che colloca la professione docente rigidamente all'interno del decreto n. 29 e che in questo modo ha creato condizioni di soggezione della professione docente all'attività amministrativa nel suo complesso dei pubblici dipendenti. Si sottolinea invece ora un indirizzo che tende a caratterizzare in modo distinto la professione docente dalle altre professioni del pubblico impiego. Sono state altresì potenziate le iniziative di lotta alla dispersione scolastica. Abbiamo adottato una serie di iniziative pratiche in numerose scuole per avviare un'attività diversa e nuova sull'orientamento scolastico. In particolare, per quanto riguarda l'orientamento preuniversitario, è in corso di approvazione, dopo la firma già apposta dal ministro, un provvedimento sulle preiscrizioni all'università un anno prima dell'immatricolazione vera e propria non solo per affrontare in modo diverso le questioni dell'accesso all'università, ma anche quelle dell'orientamento, creando in questo modo le condizioni perché nella scuola, al momento e prima della preiscrizione, l'intero corpo scolastico degli ultimi due anni della secondaria superiore sia investito delle tematiche di orientamento. Abbiamo approvato e finanziato direttamente sui fondi di bilancio un programma sulle tecnologie didattiche. Non corrisponde al vero, a nostro modo di pensare, che esso sia totalmente dipendente dalle direzioni generali perché, anche attraverso correzioni di indirizzo derivanti da osservazioni fatte dall'opposizione in Commissione, abbiamo voluto sollecitare direttamente le scuole ad organizzare l'uso di tecnologie multimediali, non volendo con questo idolatrare la tecnologia in se stessa, ma sostenendone la strumentalità in tutte le attività di insegnamento e insieme a questo le capacità dei nostri ragazzi di aumentare la propria creatività e il proprio interesse all'uso delle tecnologie multimediali come uno dei momenti della loro alfabetizzazione più in generale all'interno della scuola. Abbiamo predisposto, insieme alla conferenza dei rettori, il decollo dall'anno scolastico 1998-1999 della formazione degli insegnanti elementari, da un lato, e per la secondaria dall'altro lato, attraverso il corso di laurea nel primo caso e la scuola di specializzazione nel secondo. Si apre in questo modo in Italia, finalmente, un diverso approccio alla formazione insegnante. Si tratta di una novità radicale ed assoluta. Per la prima volta, dopo essere stato invocato per decenni, in Italia si comincia ad insegnare ad insegnare, non soltanto ad imparare le singole discipline, ma ad apprendere come le stesse debbano essere insegnate ai nostri ragazzi (Commenti del deputato Conti). Naturalmente; infatti è previsto che saranno insegnanti dell'università, con il concorso fondamentale (questa è stata la correzione che ho voluto introdurre in quel decreto) degli insegnanti della scuola secondaria. In passato di tutto questo non c'era alcuna traccia. In tal modo abbiamo introdotto una novità importante, che apre un altro capitolo nella formazione degli insegnanti. Contemporaneamente è stato approvato in via definitiva il decreto che modifica l'istituto magistrale e la magistrale e regola la formazione degli insegnanti di questo corso di studi nella secondaria superiore. E' in corso la sperimentazione sulla nuova struttura di bilancio derivante dalla legge Ciampi; abbiamo firmato e predisposto alcuni protocolli di intesa con le regioni per il coordinamento fra formazione professionale ed istruzione. Vorrei ora dedicare una parte del mio intervento ad alcune questioni di carattere più generale, acquisendo agli atti della Camera un bilancio di attività in questo anno che mi sembra difficile definire "smilzo". Rimangono all'esame del Parlamento due importanti provvedimenti normativi, il primo dei quali riguarda gli esami di maturità. Non posso esimermi dal sollecitare fortemente la Camera ad affrontare quanto prima, con la dovuta libertà ed il necessario approfondimento, l'esame di questo testo che è stato approvato dal Senato dopo un'ampia discussione. Non possiamo permetterci di far celebrare l'anno prossimo gli esami di maturità con lo stesso rito che da trent'anni caratterizza una sperimentazione che non finisce mai. Abbiamo voluto con questo introdurre un elemento di severità ulteriore, perché questa è la caratteristica dell'attuale Governo. Non va dimenticato che la scuola è un luogo di fatica e di rigore; la novità più importante è che gli studenti dovranno portare all'esame tutte le materie, però potranno usufruire di un credito formativo a testimonianza della loro diligenza e del loro studio nel corso della secondaria superiore in un giusto equilibrio fra l'uno e l'altro aspetto.
NICANDRO MARINACCI. Bravo!
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Abbiamo presentato al Parlamento il disegno di legge sui cicli scolastici sul quale non intendo soffermarmi, perché penso che avremo tempo di discuterne in questa stessa sede. Vorrei soltanto rilevare che, a seguito di un'importante discussione che ha investito negli ultimi mesi decine di migliaia di operatori e di persone interessate, il Governo nell'adottare il disegno di legge ha tenuto conto di molte delle osservazioni espresse ed ha proposto sotto il profilo culturale un percorso scolastico incentrato fondamentalmente sulla necessità di valorizzare e di far crescere la persona all'interno della nostra società, nell'intenzione di esaltare le differenze rispettando le identità di ciascuno, assicurando pari opportunità per raggiungere un adeguato livello culturale, per acquisire capacità autonome di apprendimento e di giudizio critico, coerentemente con le inclinazioni personali. Si tratta di una visione profondamente equa e liberale insieme, che tende a dare alla scuola una funzione primaria, quella dell'attività culturale fine a se stessa, intesa come bene prezioso della società, come investimento nella formazione della persona Certamente questo risultato è stato il frutto di una serie di sollecitazioni di cui il Governo ha tenuto conto (e di questo bisogno darne atto) anche perché questa era l'intenzione originaria, nonostante taluni fraintendimenti nel corso della formulazione del testo. Abbiamo sentito ripetere in quest'aula un'argomentazione che mi permetto di considerare contraddittoria. Da una parte si critica il Governo di overdose di iniziativa e di eccesso di organicismo; contemporaneamente dalla stessa parte si critica il Governo per aver seguito una linea di scarsa organicità chiedendo di fare insieme leggi di riordino, contenuti culturali dell'insegnamento, ponendo la riforma degli esami di maturità alla fine di questa procedura. Ho avuto modo di leggere un delizioso libretto di Benedetto Croce che, illustrando la propria proposta di esame nel Parlamento italiano, a suo tempo pronunciò la seguente frase: "Cominciamo dalla maturità, perché cominciando dalla fine e disponendo così la meta, l'intero sistema, e soprattutto i comportamenti degli studenti e dei docenti, si modelleranno su quel tipo di sistema e potranno avere un risultato di contaminazione generale sul sistema stesso". Confesso di non aver visto quel testo prima; comunque, dalla sua lettura ne ho tratto qualche sostegno e la dimostrazione che non siamo soli nell'aver tentato di contemporaneizzare il complesso delle iniziative, anche se non abbiamo voluto inserirle in un unico ed organico disegno di legge. L'onorevole Napoli ha voluto leggere in questo atteggiamento un'offesa al Parlamento: voglio ribadire con energia che questo Governo non intende minimamente offendere il Parlamento e che questo è l'ultimo dei suoi pensieri! Non credo peraltro che con un'unica legge organica si possano risolvere questi problemi... Presidente, ho sentito il campanello e pensavo che mi invitasse a concludere.
PRESIDENTE. Non mi rivolgevo a lei, signor ministro.
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. L'ho temuto, perché altrimenti sarebbe sembrato che io volessi evitare il tema più scottante.
PRESIDENTE. Si trattava comunque di un professore, ma non di lei (Commenti dei deputati Colletti e Storace). Prosegua pure, signor ministro.
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. I programmi non possono rappresentare oggetto di legge. L'articolo 205 del testo unico prevede che i programmi sono prerogativa o di un decreto interministeriale, o di un decreto ministeriale. Gentile si è espresso così nella sua legge fondamentale: successivamente, si è sempre fatto così e non è mai successo nella storia d'Italia che i programmi della scuola fossero stabiliti da una legge o fossero stati oggetto di una decisione parlamentare. Non vi è dubbio che quando avremo un grande dibattito culturale concernente i contenuti formativi della nuova scuola, noi investiremmo il Parlamento di una discussione politica generale su questo argomento, ma senza stravolgere i ruoli che la legge attribuisce alle diverse istanze e ai diversi organi costituzionali. Ricordo che gli orientamenti della scuola materna del 1991 sono stati stabiliti con un decreto ministeriale; che il trasferimento ad ordinamento dell'istruzione tecnica è stato fatto analogamente; che i programmi Ermini degli anni cinquanta e quelli della scuola elementare del 1985 sono stati predisposti con un decreto (in questo caso prima ancora della approvazione della legge n. 148); che i programmi del 1978 della scuola media sono stati fatti con un decreto! Non si può quindi rivendicare una questione di questa natura.
FORTUNATO ALOI. La disorganicità consiste in questo: nel procedere per settori!
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Non è una disorganicità! Noi renderemo contemporanee le procedure, ma non si può pretendere di stravolgere l'ordinamento e di incaricare il Parlamento di redigere i singoli programmi, perché questo sta fuori da qualunque logica (Commenti del deputato Marinacci). Se io avessi frainteso, sarei molto felice di trovare un consenso a questo proposito... Noi abbiamo iniziato poi un'altra operazione. Abbiamo prima di tutto chiesto ad una commissione composta da intellettuali e da personalità di fare una prima riflessione su questo argomento. Investiremo poi delle commissioni per una discussione sui contenuti per singoli settori; ci muoveremo in tale direzione, facendo tesoro delle "sperimentazioni Brocca" e di quanto è stato fino adesso elaborato. E poi andremo nella direzione di una sistemazione di questa materia, contemporaneamente alle decisioni del Parlamento sull'aspetto ordinamentale. Abbiamo inoltre iniziato una severa attività di controllo di quanto si svolge nelle scuole non statali nel nostro paese, come ci prescrive la legge. Nel periodo del Governo Prodi, sono state effettuate 281 visite ispettive da parte di ispettori tecnici nelle singole scuole non statali (Commenti del deputato Marinacci). Abbiamo poi revocato il riconoscimento legale di otto scuole, perché non risultavano rispondenti ai dettami di legge. Abbiamo adottato provvedimenti ministeriali di divieto di effettuare esami di idoneità in scuole non statali nel numero di dieci, perché non ricorrevano le condizioni di svolgimento regolare degli stessi. Abbiamo procedimenti in corso nel numero di otto, con addebiti già contestati a fini di controdeduzioni, attivati ai sensi dell'articolo 359 del decreto legislativo n. 297. Abbiamo riscontrato una singolare situazione di "piramide rovesciata", per cui in molti di questi istituti vi è una classe iniziale e molte classi terminali.
NICANDRO MARINACCI. E' così in tutta Italia!
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Abbiamo così individuato una situazione di patologia sulla quale sono stati accesi i riflettori dell'osservazione, per restituire a tutte le scuole, anche non statali, la precondizione di serietà e di rigore (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo). Quelli che si chiamano i "diplomifici" non possono continuare a sussistere! L'invocazione ci viene dalle migliori scuole non statali, come dal complesso della scuola pubblica e ci ritroviamo, insieme, in questa direzione. Proprio per questo - e giungo al tema della parità, forte anche di un'azione di questa natura - i deputati hanno espresso una posizione non univoca sull'argomento. L'opposizione dice: "Prima la parità e poi il resto"; rifondazione comunista afferma invece: "Prima il resto e poi la parità". Nessuno nega la validità di un approccio comunque sostanziale a questo tema. E' un'antica tradizione culturale e ideologica che trae origine dalla formazione dello Stato unitario; è quindi molto antica in questo paese e gli stessi costituenti ne hanno tenuto conto. Tuttavia nell'ultimo periodo sono intercorse delle profonde novità, che hanno trovato giustificazione nella circostanza che in passato non vi è stato uno scambio positivo: niente parità e pochi interventi nella scuola pubblica. E' stato uno scambio che ha nuociuto al sistema scolastico complessivo e che ha prodotto in Italia un ghetto, una condizione di extraterritorialità in molte scuole non statali, di cui è esempio e testimonianza anche l'indagine che ho citato. Questo fatto, ripeto, nuoce alla scuola italiana; non si può quindi tollerare che si continui senza una legge di disciplina dell'intero sistema formativo, anche nella sua componente non statale. Nel frattempo, tuttavia, è successo qualcosa di nuovo ed anche più importante. L'idea di scuola, anche ai tempi della costituente, era l'idea dell'attività formativa dentro la classe, rivolta quasi esclusivamente all'infanzia, all'adolescenza e alla prima giovinezza, cioè all'età scolare, con un forte tasso, inevitabile, di statualità. Oggi emerge un'altra idea di formazione ed è quella che si sviluppa lungo tutto l'arco della vita; è un'idea di formazione che riguarda la scuola, che è la parte prevalente, ma anche la formazione professionale, il post-secondario, che riguarda l'educazione continua e permanente. E' questa un'impostazione derivante dalla nuova società e dai nuovi, costanti e ricorrenti bisogni formativi di ciascuno di noi. In questo tipo di impianto è merito del programma dell'Ulivo aver riproposto energicamente il problema della parità in un'ottica più ampia ed è merito soprattutto, negli ultimi mesi, anche del patto per il lavoro l'aver riproposto in modo molto più ampio la necessità di una disciplina del concorso delle diverse istanze all'attività formativa complessiva, non soltanto limitata alla pur importante questione delle scuole di tendenza, che sarebbe anche un modo - uso un termine esagerato - di ghettizzare, qualora si limitasse soltanto ad esse la tematica di una disciplina del concorso della società all'attività formativa. A questo proposito ho letto con molto interesse accezioni di novità in tutte le mozioni, come la consapevolezza di questo elemento di ricchezza che la società esprime nella sua funzione formativa; ho letto con interesse nella mozione di rifondazione comunista un passaggio molto interessante, in cui si parla di pluralismo delle scuole. Noi stiamo andando lentamente - forse troppo lentamente - ma inesorabilmente verso l'idea che la cultura del pluralismo non è soltanto unicamente all'interno dell'accezione della statualità, ma è anche nella società e con il concorso della società per quanto riguarda l'offerta formativa. Quindi il riferimento a tutto il sistema formativo porta verso una sdrammatizzazione, una deideologizzazione di questo tema.
CARLO GIOVANARDI. Cinquant'anni fa, magari!
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Il riferimento nuovo - già presente nella Costituzione, ma trascurato - è ai ragazzi, per garantire a tutti il diritto alla formazione nelle condizioni paritarie previste da un trattamento scolastico equipollente. Ciò oltre al disposto dell'articolo 30 della Costituzione, che assegna alla famiglia, tra gli altri, il diritto-dovere di educare. Per favorire questa maturazione abbiamo atteso a decidere di rompere gli indugi. Nella giornata di domani il sottoscritto enuncerà al Consiglio dei ministri le linee del disegno di legge sulla parità ed a breve, in una delle sedute successive, lo stesso Consiglio dei ministri giungerà all'approvazione del provvedimento. Per queste ragioni pensiamo che l'approccio sia quello di favorire l'espansione, la diversificazione e l'integrazione dell'offerta formativa. Si tratta di un provvedimento offerto al contributo di tutti, per garantire l'impegno della Repubblica per la scuola e la formazione, rispettando il ruolo e la dizione della Costituzione. Parità e legge sulla parità non significano per noi privatizzazione della scuola.
VALENTINA APREA. Lo sappiamo!
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Al contrario, significano intervento pubblico per stabilire le mete e le regole comuni. Nelle regioni nelle quali vi è stato un contributo finanziario alle scuole non statali non si è verificato un aumento di queste ultime rispetto alle scuole pubbliche. Quindi, la preoccupazione che l'approvazione di un disegno di legge sulla parità porti ad una progressiva privatizzazione della scuola non è fondata sulle emergenze di fatto in Italia e nel contesto europeo, nel quale, onorevoli colleghi, l'Italia è rimasta l'unico paese privo di una legge sulla parità. Non credo che questo possa essere considerato un primato, tutt'altro. Vi è tuttavia una frase della mozione del Polo delle libertà che personalmente non condivido, là dove si parla di parità assoluta fra pubblico e privato, perché la Costituzione non recita così. L'articolo 33 stabilisce al comma 2 che la Repubblica istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. E' questa una prescrizione nei confronti dello Stato...
VALENTINA APREA. Ministro, la Repubblica, non il Governo!
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. ...che deve assicurare a tutta la Repubblica l'istituzione di scuole statali. L'articolo 33 parla di scuole statali. Possiamo naturalmente modificare la Costituzione, ma quella cui mi riferisco è una prescrizione molto precisa ed ineludibile per il Governo della Repubblica perché, in questo modo, vi è una preminenza pubblica prescritta e garantita costituzionalmente. Nel terzo comma si parla invece del diritto di enti e privati di istituire scuole, diritto sacrosanto e da tutelare, ma che si colloca nell'ambito della facoltatività complessiva, non certo dell'accettazione della scuola, ma della sua promozione. Non si possono quindi considerare sullo stesso piano, né da questo punto di vista possono essere accettate parità assolute. Sono d'accordo che poi si debba operare, per quanto riguarda l'attenzione dello Stato, la distinzione tra il profit e il non-profit. Vi è poi il primo comma dell'articolo 33, in cui viene icasticamente sottolineata la libertà di insegnamento, mentre oggi noi acquisiamo un'idea di pluralismo, di cui dicevo, per cui il rapporto tra libertà al singolare e libertà al plurale può creare le condizioni di un allargamento dell'accezione di libertà. Voglio ripetere quanto detto in altra occasione. Ho sentito anche autorevolissimi esponenti del mondo cattolico i quali, difendendo legittimamente le scuole di tendenza, e quindi il progetto educativo ad esse sotteso, sottolineano la differenza tra scuola di tendenza e scuola confessionale, accampando di essere dell'idea che le loro scuole sono aconfessionali ed alludendo alla circostanza che la catechesi si svolge in chiesa, non a scuola. Sento cioè che oggi ci troviamo di fronte ad una crescita molto meno ideologizzata della tematica della parità, che è la precondizione per giungere a superare la situazione di veti incrociati, che è stata la causa prima dell'insuccesso, in questi anni, nel nostro paese, di una disciplina di questo tipo. Oggi, anche a leggere le varie mozioni presentate, non credo che siamo più attestati sullo scontro ideologico del passato tra libertà di un modo e libertà di un altro modo, tra libertà nelle scuole e libertà tra le scuole, perché questo tipo di contrapposizione non porterebbe ad un risultato. Mi sembra che la divisione fondamentale sia sul contributo finanziario e non sull'ammettere la dignità o meno, la necessità di tutela; la divisione riguarda il fatto che lo Stato possa intervenire, problema parzialmente affrontato da una sentenza della Corte costituzionale degli anni settanta ed ancora giuridicamente sotto osservazione da parte della stessa Corte. Non credo che di fronte ad una situazione non così netta per quanto riguarda non il finanziamento, ma il modo in cui si tutela l'equipollenza di trattamento degli studenti di tutti gli ordini scolastici, noi possiamo creare una condizione di incomunicabilità tra forze politiche, visto che la parte più delicata e più sofferente, quella relativa alla libertà, oggi forse non costituisce più una frontiera invalicabile all'interno di questa Camera. Se le cose stanno in questo modo e se siamo in grado, per il bene della scuola, di acquisire la circostanza che, nonostante la situazione a mosaico costituito da varie tessere distinte, il disegno sottostante o la sinopia ha una qualche sua organicità e di essa fa parte persino la disciplina della parità, come disciplina del rapporto tra i vari apporti formativi della società per tutto l'arco della vita, credo che la soluzione migliore sia di quella di sdrammatizzare il problema, di abbassare fin dove è umanamente possibile la strumentalizzazione politica. Non dobbiamo tirare la coperta ciascuno dalla propria parte ma, al contrario, cercare insieme una strada che possa portarci ad un risultato, che oggi è molto atteso da tutto il paese (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, di rifondazione comunista-progressisti e di rinnovamento italiano).
PRESIDENTE. Chiedo al rappresentante del Governo di esprimere il suo parere sulle mozioni presentate.
LUIGI BERLINGUER, Ministro della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica. Presidente, il Governo non accetta la mozione Comino ed altri n. 1-00173. Poiché le altre mozioni presentate esprimono posizioni diverse nelle differenti prescrizioni di impegno per il Governo, dovrei fare un esame dettagliato paragrafo per paragrafo. Comunque, su di esse il Governo si rimette alla decisione dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brancati. Ne ha facoltà.
ALDO BRANCATI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghe e colleghi, nel tema delicato - e soprattutto dopo l'appassionata dichiarazione a fine dibattito del ministro Berlinguer, che è un po' il bilancio di questa interessante discussione ma anche (tengo a dirlo) di tredici mesi di attività intensa del suo ministero -, difficile, articolato ed impegnativo della scuola, ove è in gioco il futuro stesso del nostro paese in termini anche di benessere delle future generazioni, si corre il rischio di scivolare oggettivamente nell'ovvio o, addirittura, nel banale.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI PETRINI (ore 16,10)
ALDO BRANCATI. Allo scopo di ridurre al minimo tale rischio, mi limiterò a sottolineare alcuni passaggi fondamentali presenti nell'impianto riformatore proposto dal ministro nelle sue linee essenziali, consapevole che l'attuazione normativa dovrà trovare via via elementi di concretezza in un ampio dibattito parlamentare adeguato all'elevatezza della materia, che presenta aspetti di rilievo sociale, economico e culturale che concorrono alla definizione degli obiettivi generali di crescita complessiva del nostro paese. Annuncio, quindi, il voto favorevole sulla mozione Mussi ed altri n. 1-00177 e, condividendo sostanzialmente la mozione Sbarbati ed altri n. 1-00172 ed anche molti degli spunti e degli impegni della mozione Diliberto ed altri n. 1-00176, ho l'onore di annunciare il voto favorevole su di esse a nome dei socialisti italiani e del MID, che qui rappresento. Mi preme altresì sottolineare l'esigenza che il confronto anche appassionato e duro tra le diverse forze politiche non perda mai di vista lo scopo di raggiungere, soprattutto in questo campo, un grado di mediazione tra i diversi interessi che sia il più elevato e condiviso possibile. Noi pensiamo ad un sistema scolastico regolato ed integrato, dove sia la scuola pubblica sia la scuola privata concorrano alla formazione di uno studente, di un uomo e di un cittadino sulla base dei principi dell'autonomia, della flessibilità e della produttività. Siamo fermamente convinti che il principio dell'autonomia, qui sottolineato dal ministro, nei suoi due aspetti organizzativo e didattico, così come recentemente e gradualmente applicato nelle nostre università, si possa estendere più vantaggiosamente, se possibile, all'intero sistema scolastico. L'autonomia è, infatti, stimolo forte a darsi regole di comportamento adeguate alla diversificazione della domanda di sapere e di conoscenza emergenti nel paese, nelle diversità territoriali e culturali. Essa stessa - l'autonomia - del resto costituisce un costante incentivo per un'azione di coordinamento di livello nazionale capace di garantire un pluralismo effettivo ed organico. In questo senso l'autonomia assicura la flessibilità, intesa come attitudine dell'istituzione scolastica a recuperare, promuovere e valorizzare capacità creative e processi culturali, indirizzandoli verso un contesto scolastico diversificato ma coeso, tale da combattere con successo il drammatico fenomeno della dispersione educazionale della nostra gioventù. Si comprende così e solo così come un sistema autonomo e flessibile sia in grado di essere produttivo in termini di formazione personale dello studente e di avviamento reale al lavoro. Produttività significa per noi garantire che l'itinerario scolastico porti alla formazione di un giovane non solo preparato, ma anche orientato verso gli ulteriori percorsi didattici, formativi e lavorativi e, soprattutto, consapevole del proprio ruolo di cittadino italiano ed europeo. Noi riteniamo che un'articolazione siffatta di autonomia e di flessibilità rappresenti, in primo luogo, per il nostro sud l'opportunità da tempo attesa per la valorizzazione delle risorse umane, ancora imprigionate da un modello scolastico centralizzato, che ha soffocato le realtà culturali e ha determinato in talune zone il più alto tasso di analfabetismo d'Europa. Un progetto così necessariamente ambizioso potrà in concreto attuarsi solo e a patto che chiunque operi nelle istituzioni scolastiche, soprattutto ai livelli dirigenziali, venga sì incentivato, ma anche responsabilizzato in relazione ai risultati delle sue scelte e del suo operato. Sono queste considerazioni, signor Presidente e signor ministro, che ci spingono a sollecitare il Governo ed a sostenerlo fortemente a proseguire sulla strada avviata per la soluzione di un'emergenza che non può più essere ulteriormente ignorata o marginata dal confronto parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi misto-socialisti italiani e di rinnovamento italiano).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caveri. Ne ha facoltà.
LUCIANO CAVERI. Signor Presidente, colleghi, signor ministro, la scuola non può e non deve essere un mero terreno di scontro. Il gioco delle responsabilità potrebbe durare a lungo ed alla fine sarebbe infruttuoso: ritardi, inadempienze, incapacità, trascuratezza. Le riforme non sono solo necessarie ma rappresentano l'unica speranza per un sistema educativo di apprendimento, di formazione altrimenti in crisi irreversibile. E' per questo che condividiamo ed abbiamo sottoscritto la mozione della maggioranza laddove si parla di interventi strutturali e di investimenti adeguati, di riforma organica del sistema di istruzione, di autonomia scolastica, di superamento delle attuali forme di precariato, di esami di maturità e, naturalmente, anche di parità scolastica. La parità scolastica non riguarda solo i finanziamenti: non solo soldi ma diritti, doveri, certezze, comportamenti. Sotto il profilo dell'equiparazione il modello della scuola valdostana, autofinanziata dalla regione autonoma da oltre vent'anni, offre spunti utili al dibattito in Italia. Pur naturalmente perfettibile, la convivenza fra pubblico e privato è oggi da noi in Valle d'Aosta, dal dopoguerra, una realtà; dalle materne sino all'istruzione superiore, anche se il numero delle scuole private non è enorme. Un esempio su cui è possibile riflettere. La logica, oltre che costituita da una ripartizione equanime dei fondi, riguarda la possibilità di scelta del cittadino. In parte questo significa anche, in una zona di montagna, ottimizzazione delle strutture presenti sul territorio sulla base di ragioni storiche. L'altra ragione per cui ci accingiamo a votare a favore della mozione riguarda un'aggiunta che è stata apportata alla stessa nella parte dispositiva con riferimento al rispetto delle minoranze linguistiche delle autonomie speciali. Quello della scuola valdostana è un esempio interessante; una scuola perfettamente bilingue, presente in un territorio difficile qual è una zona di montagna, con competenze statutarie molto varie che vanno da un'istruzione tecnico-professionale fino all'ottenimento (anche grazie al suo impegno, signor ministro) di una competenza universitaria. Ebbene, la speranza, per la scuola valdostana, è quella di una scuola a livello europeo. Naturalmente - lo ripeto - si tratta di consentire alle regioni autonome come la Valle d'Aosta di avere ordinamenti particolari che tengano conto delle specificità. Ripeto anche che il terreno di sperimentazione offerto da realtà scolastiche come quella valdostana deve essere all'attenzione. Ciò detto dichiaro, anche a nome dei colleghi sudtirolesi, il voto favorevole sulla mozione della maggioranza nella convinzione che questo passaggio parlamentare non sia stato inutile. E' stato un'occasione anche per uscire da una sterile polemica, da manifestazioni contrapposte che hanno trovato momento di sintesi e di confronto laddove necessario, cioè in Parlamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sanza, che ha a disposizione un tempo europeo: due minuti. Ne ha facoltà.
ANGELO SANZA. Signor Presidente, signor ministro, i deputati del CDU esprimono il proprio convinto e pieno consenso sugli indirizzi programmatici fissati con la mozione del Polo su questa materia anche perché la sua replica, signor ministro, non ha per nulla modificato i nostri convincimenti. Del resto, lei è coerente con la sua cultura ed è molto chiuso ai nostri apporti. Il Governo ha finora mostrato inadempienza su molti aspetti, passando da rinvii a rinvii. Abbiamo pertanto richiamato l'esecutivo, con la nostra mozione, al rispetto delle scadenze e degli impegni, sottolineando la necessità di un confronto parlamentare che evitasse di procedere surrettiziamente per via amministrativa. Il Parlamento - so che questo è anche un suo convincimento, signor ministro - non può essere messo di fronte al fatto compiuto. La posta in gioco, come lei giustamente ha detto, è molto alta e si devono quindi tracciare le linee guida del processo formativo per le nuove generazioni, elevandone la qualità del sapere. Siamo però preoccupati per le scelte sinora compiute relativamente ai cicli scolastici, alla soppressione delle medie, all'anticipo dell'obbligo a cinque anni, come pure siamo preoccupati dei nuovi programmi di storia e per l'insegnamento del novecento. La riforma della scuola non si può fare contro i docenti: occorre trovare un punto di equilibrio tra le capacità professionali degli insegnanti, chiamati a svolgere un ruolo decisivo, ed una corretta ma non demagogica partecipazione degli studenti. Vogliamo costruire, con lei se ce lo consente, una buona scuola, ma questa non esisterà se non ci sarà libertà di insegnamento e di scelta tra opzioni educative e pedagogiche diverse. Difendiamo quindi la scuola dagli assalti di chi vuole la omologazione del sistema. E' per queste ragioni che riteniamo irrinunciabili il principio della libera scelta educativa, l'esistenza di reali condizioni di parità sul finanziamento, senza trucchi e senza furbizie, l'introduzione di efficaci misure fiscali per detassare le spese scolastiche sostenute dalle famiglie, nonché la piena equiparazione dei titoli di studio. Concludendo, signor ministro, mi permetto di farle notare alcune contraddizioni che ho rilevato nel suo dire. A fronte di affermazioni forti da lei usate - ad esempio "riforma radicale e profonda" - e della sua decisione di portare domani al Consiglio dei ministri il disegno di legge sulla parità, ella ha fatto presente che non è in grado di conoscere l'entità delle disponibilità finanziarie di cui dispone per la parità e la riforma più complessiva.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Sanza.
ANGELO SANZA. Signor Presidente, sto concludendo. Signor ministro, lei sa meglio di me, perché combatteva queste battaglie dai banchi dell'opposizione, che risorse economiche non ci sono riforme. Le sue dichiarazioni si collocano perciò nell'ambito delle buone intenzioni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dalla Chiesa. Ne ha facoltà.
NANDO DALLA CHIESA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, i verdi sostengono la mozione presentata dall'Ulivo, che ripropone il primato della scuola dal punto di vista metodologico per la costruzione di una società più avanzata. Questo primato è stato forse appannato dalla molteplicità dei compiti gravati negli ultimi mesi, sul Parlamento e sulla Commissione cultura, ma noi crediamo che oggi, in una giornata in cui ci siamo confrontati liberamente sui temi della scuola, debba emergere la decisione di sviluppare nelle prossime settimane la ricerca di misure incisive, veloci, volte a riformare la scuola nelle direzioni già più volte tracciate. Ricordiamo ancora una volta che il paese deve recuperare molte posizioni rispetto ai paesi europei più avanzati. Durante quest'anno abbiamo discusso dell'Europa in una chiave squisitamente monetaria ed abbiamo dimenticato che l'Europa è anche sistemi formativi e che forse la maggiore forza di quelle economie rispetto alla nostra si fonda anche su sistemi formativi più efficienti e più attrezzati. Un recupero di posizioni, dunque, rispetto ad un impianto originario, un recupero che fa i conti - ed io sono contento che ciò sia presente nella mozione dell'Ulivo - con le difficoltà vissute in questa stagione dalla scuola, con i rischi di una razionalizzazione che ha prodotto problemi a catena nelle nostre scuole e che rischia effettivamente di complicare il progetto di ridurre la dispersione scolastica, in un paese che deve affrontare questo problema con urgenza. La mozione dell'Ulivo, così come quella che ha come prima firmataria l'onorevole Sbarbati, fa riferimento ad un grande piano di investimento e di formazione degli insegnanti. Vorrei ricordare che in questo momento abbiamo la necessità di dare ordine e certezze al quadro in cui gli insegnanti si muovono; c'è bisogno di congiungere la fattività quotidiana con uno spirito riflessivo, perché il progetto di riordino dei cicli scolastici rischia effettivamente di creare un panorama squilibrato ed incerto per coloro i quali dovranno lavorare nella scuola. E allora, che fattività quotidiana e spirito riflessivo si uniscano è l'auspicio con il quale sosteniamo la mozione dell'Ulivo. C'è un insieme di misure che devono essere presentate rapidamente al Parlamento e questo è uno dei maggiori limiti che ha avuto il dibattito sulla scuola nel corso di quest'anno: molti annunci, molta discussione, perfino il coinvolgimento di una parte rilevante del paese nella discussione sulla scuola, ma pochi provvedimenti realizzati. Credo che dobbiamo trarre slancio dal dibattito di oggi perché i provvedimenti necessari vengano varati nei tempi utili che sono stati prima ricordati dal ministro Berlinguer. In questo si inserisce il dibattito difficile, complicato e nuovo sulla parità. Vorrei sottolineare che la questione della parità non si può ridurre a come ottenere subito i soldi; certo, questo è un problema importante, ma non si tratta dei "tanti, benedetti e subito" da elargire alle scuole, perché dobbiamo svolgere un dibattito che investa il paese a partire dal Parlamento sulla grande e difficile questione della parità. Dunque i tempi devono essere veloci, ma non possono essere striminziti perché la discussione va affinata e le posizioni vanno precisate e possibilmente migliorate. Si deve svolgere una discussione alla luce del sole, come si afferma nella mozione dell'Ulivo, si devono assumere decisioni in sede legislativa e non in sede puramente amministrativa. Una decisione ed un dibattito sul sistema pubblico integrato: credo che debba essere rivendicata l'originalità del concetto di sistema pubblico integrato, che muove da un profondo cambiamento di situazioni rispetto a quelle che hanno dato origine alla scrittura della Costituzione. Quando parliamo di pluralismo nella scuola e di pluralismo delle scuole lo facciamo perché partiamo dalla consapevolezza che molto è cambiato in mezzo secolo. E' cambiato molto sul piano ideologico, e questo mi sembra venga dato per scontato da tutti: non c'è più la contrapposizione ideologica tra laici e cattolici, né tra mondo occidentale e mondo comunista. E' cambiato molto anche sul piano del livello di scolarizzazione: nel dopoguerra lo Stato doveva proporsi di alfabetizzare le masse, mentre oggi il problema non è quello dell'alfabetizzazione, bensì quello della qualità del sistema scolastico come parte decisiva della capacità di crescita culturale e civile ma anche economica del paese. Non l'alfabetizzazione, dunque, ma la qualità. E' cambiato il sistema delle autonomie, che si è molto arricchito rispetto agli anni quaranta, ed è cambiata la ricchezza della società civile, in grado di esprimere sue identità e suoi progetti. E' cambiato anche dal un punto di vista demografico il nostro paese, che vive la presenza di nuove identità etniche che sono entrate a farne parte come realtà tendenzialmente costitutiva. Se questo è vero, se il cambiamento vi è stato realmente, allora nulla sarebbe peggio che ragionare sia circa la parità sia sul rapporto tra scuole statali e non statali attraverso una logica pattizia, cioè una logica di patto tra partiti politici che si concedono qualcosa in cambio di qualcos'altro; oppure attraverso una logica pattizia per cui i partiti concedono qualcosa a grandi interessi organizzati per ottenerne il consenso. Se molto è cambiato in questo mezzo secolo, non possiamo che ragionare partendo da una nuova visione della realtà della scuola: una logica "visionaria", nel senso più nobile del termine, non una logica pattizia. Lo Stato inteso come Repubblica delle autonomie che diventa motore e regolatore del sistema pubblico integrato e non unico dispensatore di formazione. Allora, il problema non è - io credo - se "sì" o se "no", ma come si realizza il sistema pubblico integrato, facendo riferimento a quali principi e a quali obiettivi: se difendendo strenuamente, come è stato prima ricordato dal ministro, la serietà degli studi, dicendo "no" con secchezza ai "diplomifici"; se dando o no garanzia piena del livello competitivo della scuola pubblica; se devono essere garantite effettive possibilità di scelta, perché - voglio dirlo con chiarezza - la prima scelta in un qualsiasi luogo del territorio della Repubblica non può che essere quella di dare ai cittadini pluralismo nella scuola (che ci sia cioè la scuola non confessionale, la scuola non di tendenza, come prima scelta per il cittadino della Repubblica; credo poi che sia utile che il sistema assorba, incorpori in sé altre forme importanti ed utili per la stimolazione di progetti competitivi). Ma a questo punto vorrei ricordare al Parlamento, al ministro, anche al paese, se è possibile, a partire dal Parlamento, che noi siamo chiamati ad una scelta importante, che non possiamo giocare con il dettato costituzionale. Noi non possiamo fare i "magliari" del diritto; non possiamo cercare nella Costituzione quello che non c'è e non possiamo neanche pensare di aggirare la Costituzione con la logica degli sgravi fiscali, che produrrebbero probabilmente degli effetti distorsivi. Se noi siamo convinti che la realtà sia profondamente cambiata in mezzo secolo, che ci sia da offrire al paese una visione più moderna della scuola, dobbiamo porci il problema - lealmente e senza sotterfugi - di come sia possibile ritoccare in senso avanzato l'articolo 33 della Costituzione, perché non siamo qui a fare sotterfugi. Abbiamo chiesto di non seguire la via amministrativa, perché è quella legislativa la via maestra dell'intelletto e della lealtà dei proponimenti, non quella dell'aggiramento dell'articolo della Costituzione. Se facciamo questo, se ci assumiamo questa responsabilità - per questo dico che non è questione da affrontare in poche settimane, ma è questione ampia, di largo respiro -, credo che regaleremo a questo paese un progetto di scuola avanzata, moderna. Potremo farlo solo seguendo la strada maestra del Parlamento, delle leggi costituzionali. Pessimo esempio sarebbe, dal punto di vista demagogico, un Parlamento che per realizzare un'obiettivo politico condiviso manipolasse il dettato costituzionale. Con questo auspicio i verdi sostengono la mozione dell'Ulivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sbarbati. Ne ha facoltà.
LUCIANA SBARBATI. Onorevole ministro, io, come tutto il gruppo di rinnovamento italiano, ho apprezzato moltissimo l'ultima parte della sua replica, nella quale lei ha ben riaffermato che c'è un argine costituzionale che ha, oltre a precise scansioni, degli effetti cogenti per lo Stato e anche tutta una serie di posizioni progressive per trattare il tema della parità. L'ho apprezzata e non posso non farle rilevare nel contempo come lei abbia, forse involontariamente, fatto un'omissione quando, rivolgendosi al fronte dell'opposizione, ha detto che quest'ultima mette avanti la parità rispetto al resto, mentre, rivolgendosi a rifondazione comunista, ha sostenuto che quel partito mette avanti tutto il resto rispetto alla parità. Credo che lei non abbia voluto dimenticare che c'era anche la nostra posizione, che intende invece evidenziare prima di tutto la qualità dell'educazione, la qualità dell'offerta formativa, la qualità della nostra scuola. Questa è la posizione con cui il gruppo di rinnovamento italiano ha redatto la mozione a cui lei poc'anzi ha fatto cenno. Una posizione che voleva vedere, e vede, il tema della parità non come il tema della giornata, perché così non è, ma vuole considerare il tema della parità assieme a tutti gli altri, come uno dei problemi che certamente questo Parlamento deve affrontare. Il vero problema della scuola italiana è quello che lei ha ben evidenziato nella sua ricognizione intellettuale, culturale e politica nel momento in cui ha progettato per il Governo le riforme che sono arrivate in Parlamento. Sto parlando del problema della disponibilità e capacità della nostra scuola al cambiamento, a operare un salto di qualità che la metta in competizione con la scuola europea; sto parlando del problema della "mortalità" scolastica (il 40-60 per cento nella scuola secondaria), del problema della "mortalità" a livello universitario (il 70 per cento); un'università che conta più di sessanta atenei ma la cui popolazione studentesca è concentrata soltanto in sei. A fronte però di questa necessità di cambiamento e di avere riforme di grande respiro, mancano le risorse. Questo è il tema della nostra discussione e questo è il tema che avrebbe dovuto vederci in qualche modo consapevoli insieme, nella ricerca di soluzioni. Vede, signor ministro, certamente si può e si deve dire: andiamo avanti compatti, nell'interesse della comunità e dei giovani a cui ci dobbiamo riferire. Ma mentre diciamo questo e compiamo degli sforzi incredibili (per esempio nel corso dell'esame della finanziaria o di altri provvedimenti) ci ritroviamo poi costantemente penalizzati su una linea politica che certamente lei osserva in quanto parte di un Governo, al contrario del Tesoro che ogni volta, invece di impegnare risorse per la formazione, le taglia. Ed allora non si può dimenticare che dal 1990 in poi è la scuola che, in termini di revisione di welfare State e quindi di rientro da uno Stato sociale visto in termini assistenziali, ha pagato di più. E' la scuola che sta pagando in maniera drammatica questo rientro da una cultura assistenzialistica che ha dilapidato le risorse del paese. Dei 17 mila miliardi che sono stati recuperati con la razionalizzazione scolastica nemmeno un centesimo è stato reinvestito nella formazione. Se c'è un'inversione di tendenza che questa sera qui in aula tutti dobbiamo sostenere è quella che quanto meno le risorse risparmiate sulla scuola, in termini di tagli al personale, ai posti di sostegno ai portatori di handicap, di tagli ai progetti di innovazione e sperimentazione, di chiusura di scuole, devono essere reinvestite nella qualità dell'offerta formativa. Se tale qualità si coniuga, così come dovrebbe, con le riforme, certamente noi le sosterremo. Questo è il progetto e su di esso noi saremo suoi fedeli alleati, ma con la chiarezza necessaria e non con ripensamenti unilaterali. Governo deve operare in termini collegiali. Non è possibile che il ministro Berlinguer dica una cosa e il ministro Ciampi ne faccia un'altra. Non può essere che il Parlamento vari una finanziaria in cui c'erano deroghe per la razionalizzazione e poi con un decreto interministeriale esse vengano cassate. Così facendo non c'è un investimento nella scuola ma una razionalizzazione ed una riorganizzazione che significa tagli. Signor ministro, è questa la realtà! Nel momento in cui lei ci presenta un progetto di ridefinizione del rapporto tra Stato e cittadini, attraverso le sue proposte e la legge n. 59 (la cosiddetta legge Bassanini), certamente potranno fare molto i mass media con la loro forza persuasiva, ma voglio ricordarle che la vera gestione del cambiamento è affidata, e non può essere diversamente, ai docenti. Lei sa bene, con la sua formazione gramsciana, che costoro sono gli intellettuali medi attraverso i quali filtrerà il cambiamento, nella misura in cui essi saranno consapevoli e attori dello stesso cambiamento. Occorre una nuova politica verso i docenti e non solo una politica per la formazione sulla quale siamo pienamente d'accordo, fatta eccezione per un neo. Infatti, è vero che con la legge n. 341 si dà la laurea agli insegnanti della scuola elementare ed è vero che prevediamo una formazione post lauream per gli insegnanti della scuola secondaria, ma come concilieremo le due cose nel momento in cui realizzeremo il ciclo primario nel quale opereranno insegnanti che hanno due tipi di formazione diversa e due livelli difformi? Sono questioni sulle quali la invito ad intervenire per tempo, perché non si manifestino delle dicotomie anche dal punto di vista sindacale. Gli insegnanti sono educatori di sensibilità, di valori e di comportamenti (ce lo ha insegnato Salvemini ed a lui ci rifacciamo) prima di essere dei protagonisti del cambiamento, essi sono tutto questo, lo sono ancor prima di essere dei tecnici della didattica, ministro. Essi hanno retto il sistema scolastico quando questo è stato quasi vicino allo sfascio, e lo hanno retto con sacrifici e con disponibilità. Da ultimo le hanno dimostrato personalmente la loro disponibilità nel momento in cui li ha invitati a non lasciare la scuola. Il problema nei loro confronti va affrontato anche in termini contrattuali, mettendo a disposizione posti di lavoro - come diceva prima il collega Mazzocchin - per il precariato che da quindici-vent'anni attende di entrare nei ruoli della scuola. E' un problema di grande responsabilità ed è la questione fondamentale della scuola. L'autonomia alla quale ci ha richiamato, l'autonomia che abbiamo deliberato in questa Camera non potrà decollare, non solo se non verranno fatti i regolamenti, ma se non verrà affrontato anche il problema della riforma degli organi collegiali, perché l'autonomia è responsabilità diffusa. Attraverso la cultura della responsabilità passa anche la qualità dell'offerta formativa nella quale tutti siamo chiamati a dare il nostro apporto e sulla quale dobbiamo scommettere. Bisogna passare una volta per tutte dalla scuola del Ministero della pubblica istruzione alla scuola della Repubblica. Lo dico perché il ministro è consenziente, ma dovrà esserlo ancora di più affrontando coraggiosamente, oltre alle riforme che ha già predisposto, anche il problema della riforma del Ministero della pubblica istruzione. Si tratta di un Ministero elefantiaco e che si fonda su una iperburocrazia che ha strangolato il sistema formativo italiano. Su questo ministero deve calare la sua scure riformatrice, su questo ministero si gioca la scommessa per il decollo vero dell'autonomia, non se lo dimentichi mai, ministro. Sono questi i problemi sui quali bisognerà fare chiarezza nei prossimi mesi ancor prima di affrontare la legge sulla parità, che va esaminata in Parlamento. Tale problema esiste e lei lo ha già sottolineato. E' il problema dell'Europa, che lo ha già affrontato, e sarà il problema dello Stato italiano che lo deve affrontare senza infingimenti e senza scorciatoie. Ognuno lo farà dalla sua angolazione, che certamente non risente più di vecchi ideologismi, perché la visione di ognuno di noi è sì informata dalla cultura politica di ciascuno, ma è commisurata anche alla evoluzione sociale e culturale del paese. Vorrei fare un ultimo richiamo alla formazione professionale. Proprio perché la sopravvivenza nel mercato del lavoro nei prossimi anni richiederà un elevato grado di cultura, esigerà abilità e competenze ad alto livello, il possesso di linguaggi comunicativi dalle lingue parlate a quelle mediali, noi riteniamo che il suo progetto di riordino dei cicli, per quel che riguarda la formazione professionale come canale formativo di pari dignità, debba collocarsi nel contesto di un progetto culturale robusto e chiaro, che non può essere né deve trasformarsi - come ha capito il collega del gruppo del CCD - in una segregazione culturale delle classi più povere. Credo non sia questo il senso della sua proposta di riforma.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Sbarbati.
LUCIANA SBARBATI. Per tale motivo occorre garantire a tutti pari opportunità per la prosecuzione degli studi fino ai livelli superiori, consentendo possibilità di rientro anche a coloro che hanno scelto il sistema della formazione professionale, valorizzando i crediti formativi. Queste sono le considerazioni che abbiamo voluto sottoporre all'attenzione dell'Assemblea, considerazioni certamente non esaustive del complesso dei problemi riguardanti la scuola. Dichiaro fin da ora che riteniamo le posizioni esplicitate nelle mozioni dei gruppi di maggioranza valide ed efficaci, anche se articolate diversamente...
PRESIDENTE. Onorevole Sbarbati, deve concludere.
LUCIANA SBARBATI. ...per cui daremo ad esse il nostro voto (Applausi dei deputati dei gruppi di rinnovamento italiano e di rifondazione comunista-progressisti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanardi. Ne ha facoltà
CARLO GIOVANARDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo parlamentare del centro cristiano democratico considera istruzione e formazione priorità nella politica nazionale. La prova di questa nostra persuasione è offerta dal grande impegno che abbiamo mostrato nel mettere sul tappeto proposte per l'ammodernamento del sistema scolastico e dall'attenzione con cui abbiamo seguito i problemi della scuola anche a livello di dialogo, almeno sul fronte dell'uso frequente del sindacato ispettivo, nonché dalla ricerca di confronto e di dialogo con il ministro e i gruppi parlamentari. Bisogna confrontarsi su un progetto di rinnovamento del sistema scolastico italiano e occorre farlo in Parlamento, come abbiamo fatto oggi. Credo che da questo confronto il ministro abbia dovuto prendere atto che nella maggioranza che lo sostiene serpeggiano gravi dissensi sulla sua linea di politica scolastica; dissensi alcune volte invincibili, insuperabili. Se egli pensa, come ha fatto negli ultimi mesi di superare queste difficoltà disconoscendo l'apporto che potrebbe venire dall'opposizione e praticando le riforme in via amministrativa, per modificare a suo piacimento le situazioni della scuola e della formazione professionale, allora il ministro sta commettendo un grave errore. Riteniamo se si debba rinunciare (è questo uno dei motivi del nostro dissenso) ad ipotesi di innovazione presentate "a scatola chiusa" che avrebbero effetti devastanti sul nostro sistema scolastico. Mentre alcune cose non bisognerebbe farle, altre andrebbero fatte, come la legge di riforma sulla parità (parità giuridica ed economica) che oggi, sia da parte della maggioranza sia da parte del ministro, non esce affatto bene, neanche come prospettiva e come speranza di risolvere il problema. Addirittura alcune mozioni della maggioranza contengono esplicitamente ed implicitamente critiche pesanti sulla politica scolastica del ministro, alcune delle quali possiamo anche condividere. Esse poi vengono riassunte, con uno stile discutibile, in un annuncio di voto favorevole alle mozioni che appoggiano la politica scolastica del ministro. Qui si tratta di atteggiamenti ambivalenti e poco comprensibili, se non in queste ripetute dichiarazioni di intenti - che anche oggi abbiamo ascoltato - molto generiche e molto generali - acqua fresca - ma poco specifiche nel merito dei problemi. Del resto in questo Parlamento il Governo, da quando è nato, ha portato a compimento un provvedimento, l'applicazione della legge sull'autonomia, che era stata varata nel 1993. Invece ha operato per via amministrativa, e non con grande successo perché il mondo della scuola è in rivolta, in agitazione e credo che il ministro, quando gira per l'Italia, sia abituato - ahimè! - a raccogliere più fischi che consensi. Sono stati messi in cantiere moltissimi progetti di legge, proposte virtuali, sono stati dati annunzi pubblicati con grande enfasi sui giornali, ma tutto questo ha incontrato, come ha dimostrato il dibattito parlamentare di oggi, gravi contraddizioni. Credo che la mozione Mussi ed altri n. 1-00177 sia l'esempio di questo atteggiamento, perché avanza inutili enunciazioni di principio, fornisce un indice di problemi, senza indicare forme e strumenti per la loro risoluzione, perché affronta il nodo della parità scolastica con una frase che più eterea ed evanescente non avrebbe potuto essere. Pensate che dopo alcuni mesi di dibattito si afferma che bisogna risolvere in modo costruttivo ed efficace il rapporto tra scuola statale e non statale. Tutto ciò quando rifondazione comunista scrive nella sua mozione che non bisogna tirare fuori una lira perché la Costituzione lo proibisce; quando l'onorevole Dalla Chiesa, a nome dei deputati verdi, afferma che bisogna prima modificare la Costituzione e poi, solo dopo che ciò è avvenuto, si potrà parlare della questione; quando l'onorevole Sbarbati critica duramente quel tipo di impostazione che porterebbe a trovare una soluzione prima - onorevole Dalla Chiesa - e non dopo la "morte" della scuola privata senza scopo di lucro! Tutti noi sappiamo, infatti, che stiamo parlando di un sistema scolastico - specialmente quello legato al mondo cattolico - che, se non si troverà una soluzione normativa ed economica urgente, sparirà dalla scena. Altro che pluralismo: alcune forze politiche presenti in questo Parlamento stanno perdendo tempo e, mentre ciò avviene, le scuole private cattoliche, senza scopo di lucro, "muoiono" una dopo l'altra! E noi ci sentiamo anche presi in giro, perché quando nel mese di febbraio i colleghi popolari votarono contro un nostro emendamento che, almeno dal punto di vista teorico, insieme alla autonomia scolastica prevedeva anche il concetto della parità scolastica, ci venne detto che entro marzo il Governo avrebbe presentato un disegno di legge per la risoluzione di tale problema. Oggi il ministro ci dice - capisco peraltro le difficoltà che incontra nel voler far quadrare un cerchio che non si riesce a far quadrare - che domani incomincerà nel Consiglio dei ministri a parlare della parte normativa in questione. Ma della parte economica ancora non si parla, perché il problema non è risolto! E quindi nel mese di luglio, e non in quello di marzo, siamo ancora qui a sentire il ministro che ci dice che nel futuro cercherà di trovare una convergenza nella sua maggioranza attorno alla risoluzione di questo problema. Ci sembra veramente poco! Oltre a tale emergenza, ve ne sono altre che ci preoccupano. Mi riferisco all'emergenza del pensionamento bloccato (è un provvedimento ingiusto ed iniquo nei confronti dei professori); a quella della razionalizzazione forzata della rete scolastica, con accorpamenti (ognuno di noi lo ha vissuto nelle province di appartenenza) dettati da criteri certamente non oggettivi; a quella del precariato; a quella del trattamento economico del personale; a quella dirigenti, ispettori e presidi, per mancanza di prospettive chiare circa la loro funzione; a quella della amministrazione, che vede con preoccupazione realizzare iniziative arbitrarie di spostamenti e di nomina dei funzionari; a quella degli organi collegiali, che sono in balìa dell'incertezza. Noi avevamo avanzato una proposta seria nella mozione del Polo e con l'intervento dell'onorevole Casini questa mattina abbiamo anche sottolineato la nostra ferma contrarietà alla proposta di riforma dei cicli, avanzata dall'onorevole Berlinguer. A tale riguardo, non vi è solo la nostra contrarietà, ma anche quella di chi fa "scuola militante", dei docenti, dei sindacati, delle associazioni dei genitori! Sì, signor ministro, è sufficiente al riguardo che lei si rilegga gli atti del convegno, nel corso del quale abbiamo presentato la nostra proposta di legge, per constatare che il suo predecessore, l'onorevole Lombardi, ha detto e ha scritto di condividere più il nostro progetto che il suo e per constatare che il professor Corradini ha apprezzato più il nostro progetto del suo. Signor ministro, questo "scardinamento" della scuola italiana che lei sta realizzando, non è altro che la riesumazione - ed oggi è stato giustamente messo in luce, colleghi popolari - di un vecchio progetto del partito comunista; non è niente di innovativo: è semplicemente la resa ad una logica - che non è mai stata la nostra - che viene "verniciata" come qualcosa di nuovo (sottolineo che riguarda anche l'eliminazione della scuola media, l'anticipazione a cinque anni ed altre questioni). Si tratta quindi di un progetto assolutamente pericoloso per la scuola italiana, che distrugge quello che c'è di buono, senza costruire nulla di positivo per il futuro! Queste previsioni sono purtroppo contenute, con un giudizio positivo, nella mozione della maggioranza; in tale documento, peraltro, non si fa alcun riferimento - se non con un accenno generico, del quale ho parlato in precedenza - al problema della parità. Per tutte queste ragioni e per una questione di coerenza, noi, deputati del gruppo del CCD, dichiariamo il nostro voto contrario sulle mozioni Mussi ed altri n. 1-00177 e Diliberto ed altri n. 1-00176 (quest'ultima è stata presentata dal gruppo di rifondazione comunista e mette in luce, esplicitamente e con onestà intellettuale, la posizione di quel partito), il nostro voto favorevole sulla mozione del Polo per le libertà Berlusconi ed altri n. 1-00148 e la nostra astensione sulla mozione della lega Comino ed altri n. 1-00173 (Applausi dei deputati del gruppo del CCD - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.
OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, colleghi, la discussione che abbiamo svolto oggi è di grande importanza e rappresenta un momento assai significativo nella vicenda parlamentare, come rispetto alle attese che vi sono nel paese. Siamo infatti convinti che il tema della scuola e della formazione rappresenti davvero una delle questioni centrali dell'avanzamento civile, nonché una delle fondamentali risorse del nostro paese. Non è un caso che nella mozione presentata dal gruppo di rifondazione comunista ci si richiami alla centralità della scuola proprio nell'attuazione del programma del Governo che noi sosteniamo. In questo senso appaiono forse incongrui, proprio rispetto al programma del Governo e alle intenzioni prospettate dal ministro Berlinguer, i tagli, gli accorpamenti, la conseguente perdita di posti di lavoro, i ridotti investimenti nel campo della scuola. Noi dunque chiediamo al Governo - non solo al ministro Berlinguer - che individui nella scuola e nella formazione una priorità essenziale del proprio operato. Si entra in Europa non solo e non tanto arrivando ai famosi parametri economico-finanziari di Maastricht, ma dimostrando di poter competere con le intelligenze, con la cultura, con il progresso scientifico, con l'innovazione. Chiediamo, pertanto, un piano straordinario di investimenti che si accompagni al processo di riforma dei cicli scolastici sul quale utilmente ha operato sin qui il ministero, aprendo un dibattito approfondito al quale certo non ci sottrarremo. Ma saremmo insinceri se negassimo che il tema di oggi, della discussione odierna - il nodo politico intendo - è quello della parità; nodo politico, certo, ma anche ideale e culturale, che sottende orientamenti non occasionali e scelte di fondo. La mozione Berlusconi ed altri, che ha dato vita a questa discussione parla di "pluralismo educativo", inteso - cito testualmente - "come assoluta parità fra scuole statali e non statali". E' la conseguenza delle più generali opzioni, ancora una volta di fondo, che animano il Polo nelle sue scelte liberiste, antistatali: è il privato che di fatto prevale sul pubblico. Sono linee di tendenza che contrastiamo su un terreno più generale e che giudichiamo pericolosissime anche per lo stesso pluralismo della scuola. Coerentemente, dunque, voteremo contro tale mozione, come voteremo contro quella presentata dalla lega. La nostra Costituzione garantisce, senza equivoci, la libertà di insegnamento e in particolare anche la libertà di istituire scuole non statali. Essa è correlata, d'altro canto, alla libertà di scelta della scuola da parte degli studenti e delle famiglie ed è altresì correlata - aspetto essenziale - alla scelta da parte di queste scuole non statali del corpo docente, affinché i processi formativi, le idee che in essi si diffondono, siano coerenti con l'impostazione, di tendenza appunto, delle diverse scuole non statali, confessionali o meno. Rispetto a tali scuole non statali di tendenza, noi comunisti non abbiamo preclusioni, non abbiamo contrarietà di principio. Se tali tendenze sono apertamente dichiarate e conseguentemente conosciute ed accertate consapevolmente da coloro che scelgono di aderire a quel progetto formativo, siamo convinti che tale scuole non statali, dei più diversi orientamenti, in un contesto chiaro, possano rappresentare anche un arricchimento del dibattito culturale. Non vi è in noi, insomma, alcuna preclusione di natura ideologica, ma tali scuole non statali non possono, ai sensi della nostra Costituzione, essere poste sullo stesso piano del sistema pubblico, all'interno del quale invece viene proprio esaltato - ripeto: all'interno del sistema pubblico - il pluralismo e la libertà di insegnamento per tutti e di tutti, docenti e discenti. A nostro avviso vi è nello spirito della Costituzione una priorità sostanziale della scuola pubblica su quella non statale, e questo è per noi un punto imprescindibile, perché solo la scuola pubblica gratuita e obbligatoria consente anche ai figli delle classi subalterne di studiare, di istruirsi, di migliorarsi, di potersi candidare un domani ad essere nuova classe dirigente. E' questa una battaglia delle sinistre sin dal secolo scorso e non può non essere così, perché il dettato costituzionale non presta il fianco ad equivoci. Il comma 3 dell'articolo 33 afferma chiaramente che nessun onere deve derivare allo Stato dall'istituzione di scuole non statali ed anche un costituzionalista illustre e di matrice cattolica come Costantino Mortati ha scritto contro l'interpretazione di segno diverso, cito testualmente, che "si deve ritenere che sia stato così sancito un vero e proprio divieto ai finanziamenti statali alle scuole non statali". Noi ben sappiamo, peraltro, che su questo punto esiste un dibattito serio ed approfondito anche tra i costituzionalisti e che la Corte costituzionale, autorevolmente, ha offerto qualche appiglio ad interpretazioni diverse da questa. Non ci sottraiamo, dunque, ad un confronto su questo punto, ma mi siano consentite alcune considerazioni, necessariamente schematiche, nel momento in cui oggi avviamo per la prima volta in quest'aula questa riflessione comune. Sappiamo che nel programma del Governo vi è la realizzazione della parità scolastica ed il ministro ha preannunciato oggi un intervento legislativo al Consiglio dei ministri di domani. La mozione Mussi, Mattarella ed altri recepisce, dunque, questa esigenza. Il programma del Governo, però, non ha avuto dagli elettori e dai cittadini un consenso tale da consentire di essere autonomamente dispiegato. L'Ulivo, insomma, come ben sappiamo, non ha la maggioranza da solo, ma la ha insieme a rifondazione comunista. Quel programma, dunque, va confrontato, discusso ed eventualmente modificato nel dialogo costante tra l'Ulivo e rifondazione comunista e tutti - certo, anche noi, come abbiamo ben dimostrato con i fatti di questo primo anno di legislatura, ma non solo noi - dobbiamo fare dei passi avanti in questo senso, compiere scelte impegnative ed avere, insieme, fermezza nelle proprie convinzioni e duttilità. Siamo dunque all'inizio di un confronto difficile e ne abbiamo ben consapevolezza. Lo affronteremo con lealtà e spirito costruttivo, sapendo che esistono differenze profonde su questo tema all'interno della maggioranza. Proprio perché, però, siamo all'inizio di questo confronto, mantenendo ferme le nostre convinzioni di principio e squisitamente politiche - ed in questo senso, ovviamente, voteremo a favore della nostra mozione - ci asterremo, pur mantenendo le nostre perplessità, sulla mozione dell'Ulivo. E' questo un atto politico impegnativo. Sappiamo di far parte di una maggioranza di forze politiche diverse tra loro, ma l'originale esperienza fin qui prodotta da questa maggioranza, per molti versi così anomala, i risultati che essa ha fin qui raggiunto e le tante ed aspre difficoltà fin qui superate ci consentono di procedere nella discussione. E' un impegno di tutti. Saranno i fatti dei prossimi mesi che diranno se saremo all'altezza di questo impegno. Per parte nostra, come ho dichiarato, non ci sottrarremo a questo nuovo banco di prova, ma chiediamo a tutta la maggioranza la medesima disponibilità. E' la sfida, lo ripeto, dei prossimi mesi. Potremo vincerla o perderla tutti insieme noi forze politiche che componiamo la maggioranza. Potremo vincerla se sapremo coniugare l'esigenza giusta del pluralismo con il rispetto rigoroso del dettato, dello spirito e dei principi della nostra Costituzione repubblicana (Applausi dei deputati dei gruppi di rifondazione comunista-progressisti e di rinnovamento italiano).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santandrea. Ne ha facoltà.
DANIELA SANTRANDREA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il ministro Berlinguer è chiaramente consapevole dell'importanza dell'istituzione scolastica nella formazione dell'individuo e della società. La sua proposta mira, dunque, al rafforzamento del concetto di scuola come controllo dell'educazione dei giovani e dell'indirizzo del loro pensiero. Ciò in previsione di una società completamente omologata e succube del totalitarismo dello Stato, portatore di una cultura nazionale ed unico soggetto della formazione dei giovani, considerati non come persone, ma come risorse di sviluppo sociale. Alla base di ogni tentativo di riforma scolastica deve esservi la centralità della famiglia, eliminando l'idea di Stato etico, che toglie all'uomo la libertà di operare scelte secondo il principio del diritto alla sovranità che gli deriva dall'essere uomo prima e cittadino poi. Il ruolo centrale della famiglia è dunque rispettato unicamente se viene garantita parità di trattamento tra scuola statale e non statale, lasciando finalmente ai genitori ampia libertà di scelta tra i diversi tipi di scuola. Un aspetto da sempre fortemente penalizzato negli investimenti governativi è stato quello della formazione professionale. Riteniamo perciò necessario aumentare gli stanziamenti, anziché ridurli, al fine di potenziare i contatti internazionali, gli scambi di informazione e il monitoraggio delle esperienze. Occorre dare ad ogni popolo la consapevolezza delle proprie radici, perché insegnare a scuola elementi di storia e tradizioni locali garantirebbe la formazione di una conoscenza culturale legata al proprio specifico territorio, piuttosto che insegnare un'astratta storia generale che l'Italia, in quanto Stato formato da diverse nazioni, di fatto ha conosciuto solo nell'ultimo secolo. Siamo consapevoli che la legge 15 marzo 1997, n. 59, è insufficiente a garantire la realizzazione di un'effettiva autonomia didattica, organizzativa e finanziaria delle istituzioni scolastiche. L'autonomia scolastica che vogliamo deve promuovere i progetti dei singoli istituti, prevenire la dispersione scolastica con l'introduzione di crediti formativi spendibili da parte degli alunni nell'ambito della flessibilità curriculare ed istituzionale, favorire l'integrazione con altri partner quali le piccole e medie imprese radicate nel tessuto lavorativo della Padania, attuare l'istituzione programmatica di stage. Siamo favorevoli al reclutamento del personale docente su base regionale; con un vincolo di residenza non si farebbe altro che adeguarsi a paesi come la Germania o la Svizzera, in cui l'insegnamento residente viene privilegiato proprio per venire incontro a quel concetto di educazione ambientale che l'insegnante dovrebbe infondere ai suoi studenti. Per quanto riguarda la figura dei docenti, al fine di bloccare le migliaia di richieste di pensionamento avanzate dagli insegnanti stanchi, sfiduciati e demotivati, non è sufficiente un decreto ministeriale che scaglioni l'esodo, ma occorre far sapere loro che ci si sta adoperando affinché presto chi offre un servizio migliore venga trattato in modo migliore. Il gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania esprimerà dunque un voto favorevole sulla mozione che ha presentato. Vorrei chiedere al signor ministro per quale motivo ha lasciato libertà di voto sulle altre mozioni mentre non ha espresso alcun giudizio sulla mozione presentata dalla lega nord per l'indipendenza della Padania. Sulle restanti mozioni riguardanti il sistema scolastico italiano lasciamo il Polo e l'Ulivo perseverare nell'errore di voler a tutti i costi garantire un'unità nazionale che non esiste e non è mai esistita, specie nel settore scolastico. Voi vi assumerete ancora una volta la responsabilità di essere stati sordi alle nostre lecite richieste di indipendenza e libertà padana (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA. Presidente, in tanti quest'oggi hanno detto, come è giusto, che ricerca, formazione e cultura costituiscono un fattore strategico di sviluppo economico e di progresso civile. La scuola, quindi, si configura come comunità centrale e decisiva per la crescita della persona, del cittadino, per la trasmissione del sapere critico e della formazione professionale, per la consegna della tradizione vera alle nuove generazioni. Elementi, questi, di cui la vita quotidiana del paese in questa stagione manifesta continuamente grande bisogno. Mi ricollego a quanto stamane ha puntualmente esposto, nell'illustrare la mozione di cui siamo firmatari, l'onorevole Castellani e non ripeterò tali considerazioni. Per gli obiettivi illustrati nella mozione dell'Ulivo il Governo e, all'interno di esso, il ministro Berlinguer hanno affrontato il tema della scuola nella sua globalità, anzitutto sul versante istituzionale. La legge n. 59, e in particolare l'articolo 21 sull'autonomia, è difatti il primo elemento della più generale riforma. Con quelle norme abbiamo, in realtà, riconsegnato alla società civile un segmento importante dello Stato, quello della formazione, e lo abbiamo fatto non soltanto per dare corpo ad uno Stato più leggero, ma anche e soprattutto per realizzare una concreta condizione di sussidiarietà sociale nella visione di uno Stato che sia il luogo del potere, ma di un potere che è di supporto al protagonismo dei soggetti sociali. E' un obiettivo al quale guardiamo da anni: basti ricordare la conferenza nazionale della scuola, il lavoro prezioso svolto per l'autonomia dal ministro Jervolino e le iniziative dei ministri Bianco e Lombardi. Siamo convinti che soltanto in un sistema di scuola autonoma si realizzi appieno un patto educativo tra genitori, docenti e studenti. L'idea dell'autonomia delle singole unità scolastiche conduce ad affrontare il tema del sistema pubblico integrato come l'unica seria risposta sul territorio. Scuola e formazione professionale non possono procedere separatamente, se vogliamo tentare di affrontare con successo il problema difficile della formazione professionale e del lavoro. L'accordo del settembre scorso, qui poc'anzi ricordato, tra Governo, sindacati ed imprenditori con le nuove norme sulla formazione contiene scelte precise che vanno tracciando una direzione di marcia chiara, ma l'idea del sistema pubblico integrato non si ferma qui: essa concorre a disegnare anche un nuovo rapporto tra statale e non statale, tra pubblico e privato. Si tratta di un argomento in queste ore tanto dibattuto, che ben sappiamo ha provocato nel passato antiche divisioni di natura ideologica. Sovente si è registrato da parte di settori diversi, anche politicamente contrapposti, una chiusura per presunta difesa della scuola di Stato. A parte l'errore di immaginare una contrapposizione tra scuola pubblica di Stato e scuola pubblica non di Stato, entrambe cooperanti nel rendere un servizio alla comunità, è appena il caso di rammentare cosa lo Stato dovrebbe predisporre di mezzi finanziari, se venisse meno l'offerta educativa assicurata dalla scuola pubblica non di Stato. Coloro che sostengono, come noi facciamo, l'esigenza che lo Stato sorregga finanziariamente la scuola pubblica non di Stato avvertono con la stessa intensità la necessità di promuovere e di garantire la miglior condizione della scuola pubblica statale. Colleghi del Polo, si contribuisce a quella infondata ed inopportuna contrapposizione se si parla della scuola non statale come della scuola libera. Libera deve essere anche quella di Stato, che non può certo definirsi "scuola oppressa". Si è molto parlato in questi anni e si continua a parlare dell'articolo 33 della Costituzione, anzi soltanto di quell'espressione "senza oneri per lo Stato", avulsa dal contesto della norma. Ancora oggi ve ne è qualche traccia; di retroguardia. Su questo punto sono in netto dissenso rispetto a quanto poc'anzi detto dall'onorevole Diliberto: una corretta ricostruzione dei lavori della Costituente su questo articolo, un'appena attenta considerazione della completezza delle sue disposizioni dimostrano che, se da un lato, non vi è obbligo formale dello Stato di contribuire al finanziamento delle scuole paritarie, dall'altro è chiarissimo il diritto degli studenti che frequentano queste scuole ad avere trattamento equipollente a quello dei loro coetanei della scuola statale. Ciò dimostra la facoltà dello Stato di sostenerla, se non l'obbligo sostanziale di farlo. Oggi il superamento di steccati vecchi e l'ingresso in una stagione storica nuova ci conducono al superamento di questa contrapposizione e collocano finalmente la questione nei suoi termini giusti, cioè quelli di un problema che riguarda tutte le famiglie e tutti i ragazzi d'Italia. Il nostro sistema formativo ha bisogno di questa innovazione che lo renderà, del resto, simile a quello degli altri paesi d'Europa. Una legge di parità è necessaria ed urgente e siamo lieti di dare atto al Governo di aver annunziato ieri e confermato oggi con le parole del ministro che domani il Consiglio dei ministri esaminerà lo schema del disegno di legge sulla parità. Il Governo ha così annunziato non soltanto il rispetto di un impegno assunto in Parlamento, ma anche un passaggio importante per la vita della nostra scuola. E' quello che si chiedeva nella nostra mozione, onorevole Giovanardi. La parte motiva, cui ella ha fatto riferimento, è chiara. E' ancor più chiara, nella nostra mozione, la parte di impegno al Governo, nella quale è contenuto un termine addirittura perentorio per quanto riguarda l'invito alla legge sulla parità. Ma questo è il fatto politico di oggi: l'annunzio che il Governo ha fatto che domani in Consiglio dei ministri verrà presentato il disegno di legge di parità scolastica. Questo è il fatto politico di oggi: la parità, elemento fondamentale di un sistema pubblico integrato, che comprende scuola e formazione professionale e che non fa distinzione tra enti statali e non statali, purché da tutti sia rispettato l'ordinamento generale sull'educazione, l'istruzione e la formazione. Su questo non vorrei indugiare: il Governo conosce le posizioni del nostro gruppo, così Ecome sono confluite nella mozione della maggioranza. Signor ministro, vorrei dire una parola sul finanziamento. Noi crediamo che per la scuola le risorse debbano essere adeguate, sia per quella statale sia per quella non statale. Per queste ultime possono essere diverse le modalità del finanziamento e noi riteniamo che il meccanismo migliore sia quello del finanziamento della funzione docente. Esamineremo la proposta del Governo ma fin d'ora raccomandiamo che le forme di sostegno non penalizzino le famiglie meno abbienti sottraendo proprio a queste la possibilità di scelta libera. Va aggiunto, anche se non ve ne sarebbe bisogno, che così come chiediamo con vigore sostegno finanziario per le scuole non statali, che operano con serietà, non siamo disponibili a che siano finanziati con soldi pubblici i diplomifici. E' giusto che, accanto al progetto che il Governo ha presentato sul piano istituzionale, il Governo stesso affronti, come ha fatto, anche una seria revisione dei contenuti e degli ordinamenti. Di qui l'esigenza di riformare i programmi e rivedere la scansione temporale dei cicli. Comprendiamo le ansie e le preoccupazioni per il mondo della scuola di fronte ad un progetto così innovativo. Comprendiamo un po' meno la campagna pregiudizialmente denigratoria che per alcuni giorni si è svolta sul progetto relativo ai cicli scolastici. Vorremmo che da questo dibattito emergessero, come stanno emergendo, elementi rassicuranti. Questo processo, come il Governo ha tante volte ribadito, si realizza via via che le singole scuole avranno le condizioni per procedere. Nessuno imporrà qualcosa. Va ribadito anche che il dibattito è aperto e che il Governo ed il Parlamento recepiranno suggerimenti utili perché la riforma divenga un progetto partecipato. A tal fine sarà decisivo lo sforzo che il Ministero saprà esprimere in termini di preparazione di dirigenti e di docenti per l'attuazione della riforma. Essi sono, i docenti e tutti i dipendenti, le risorse decisive sulle quali si può contare per la scuola. Il paese ed il Governo devono fare nei loro confronti uno sforzo straordinario, che anche il mio gruppo chiede, non solo sul piano culturale ma anche su quello economico. Concludiamo assicurando al ministro che potrà contare sul nostro appoggio per l'adeguamento del sistema formativo italiano alle esigenze nuove dei giovani e della società. Voteremo quindi a favore della mozione che reca anche le firme di deputati del nostro gruppo. Voteremo contro la mozione di rifondazione comunista, che non condividiamo per i noti aspetti. Ci asterremo sulla mozione Sbarbati. Voteremo contro la mozione del Polo, pur dando atto che in alcuni interventi, particolarmente in quello di illustrazione della mozione dell'onorevole Berlusconi, è emerso un intento composto e costruttivo; voteremo contro quella mozione - pur se in un punto non si discosta da quanto sostenuto in un punto della mozione di maggioranza - per il contenuto complessivamente critico nei confronti della maggioranza e del Governo, espresso negli interventi degli esponenti del Polo e poc'anzi ribadito dall'onorevole Giovanardi, con accenti duramente critici nei confronti della nostra mozione. Con lo sguardo alla legge sulla parità, ribadiamo che questo non è per noi un argomento sul quale operare strumentalizzazioni o cercare consensi e voti. A noi preme che si arrivi sollecitamente all'approvazione di questa legge e che vi si giunga nel contesto del programma di governo di cui è parte significativa: non possiamo enuclearne un punto, perché tutto il progetto del Governo si regge insieme e tutto, interamente, lo appoggiamo (Applausi dei deputati del gruppo dei popolari e democratici-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aloi. Ne ha facoltà.
FORTUNATO ALOI. Signor Presidente, signor ministro, il dibattito che si è svolto, l'illustrazione delle varie mozioni, la replica del ministro...
PRESIDENTE. Onorevole Bordon, la prego.
FORTUNATO ALOI. ...ci hanno portato ad alcune considerazioni che ci spingono a dire che, nel momento in cui sosteniamo la validità della mozione del Polo, lo facciamo sia per motivi di ordine tecnico, didattico e culturale, sia perché riteniamo che la scuola italiana, come sta emergendo dalle iniziative di questo Governo, non possa dare risposte esaustive alle attese della società. L'onorevole ministro Berlinguer ha richiamato nel suo intervento, in riferimento ad alcune tematiche, come quella degli esami di maturità e della riforma dei cosiddetti cicli scolastici, alcuni pensatori come Croce e Gentile. Ha richiamato Croce nel momento in cui l'attacco che viene da vari settori in ordine alla riforma degli esami di maturità poteva e doveva esser visto come qualcosa che poneva l'inizio della costruzione dal tetto. E il richiamo a Croce certamente doveva significare una giustificazione sul piano pedagogico-culturale della sua iniziativa. Il richiamo a Gentile, che lei ha fatto parecchie volte nel corso delle sue interviste, ritengo sia inopportuno, onorevole ministro. Io che sono gentiliano, e non da adesso, mi permetto di farle presente che Gentile aveva una sua visione organica della scuola e che il dibattito ed i lavori preparatori in ordine alla riforma coinvolgono tutto il pensiero pedagogico e culturale di uomini che appartengono a settori diversi della cultura e della pedagogia del tempo. Gentile aveva una concezione, onorevole ministro, che lo ha portato a dar vita ad una riforma che rappresentava la conclusione di un processo pedagogico che aveva nel Risorgimento e nell'unità d'Italia la sua struttura portante. Certamente in Gentile vi erano delle motivazioni che ancoravano la sua riforma alla nostra tradizione, che ella ha definito impropriamente, onorevole ministro, tradizione sclerotizzata. A questo proposito le abbiamo mosso degli appunti, perché riteniamo improprio - gradirei che il ministro mi ascoltasse - far riferimento ad esperienze pedagogiche di altri paesi, ai modelli anglosassoni, ai modelli che esaltano la validità della manualità, quasi in un rapporto critico se non antitetico rispetto ai valori dell'umanesimo, nonostante il recupero che in termini di umanesimo vi è stato in paesi le cui esperienze pedagogiche sono legate al pragmatismo. Siamo convinti che una riforma della scuola che volesse fare violenza alla nostra struttura culturale ed al nostro patrimonio finirebbe per dare risultati poco esaltanti. Natura non facit saltus, dicevano i romani, ma noi potremmo dire historia non facit saltus; avendo il ministro recuperato il valore dell'autorità (egli lo ha fatto a proposito dello statuto degli studenti), credo che poi sia stato un po' parziale nelle sue affermazioni. Infatti ella, onorevole ministro, sa che il questionario-inchiesta diffuso dai giovani del movimento di sinistra nelle varie scuole, che ha puntato l'indice sugli insegnanti fornendo valutazioni anche sul comportamento oltre che sul valore di questi ultimi, rappresenta un'avvisaglia molto pericolosa in rapporto a processi ai quali potrebbero essere sottoposti gli insegnanti stessi. Per quanto riguarda gli insegnanti, onorevole ministro - è questo il punctum dolens- lei non può affermare che vi è una grande attenzione. La fuga, la diaspora di migliaia e migliaia di insegnanti - ne abbiamo discusso qualche settimana fa in questa sede - sta a testimoniare come vi sia una grande sfiducia da parte degli insegnanti nei confronti di un sistema di riforme che finirà certamente per determinare atteggiamenti di rifiuto (e il rifiuto c'è già, onorevole ministro). E' chiaro che anche in ordine al rapporto tra scuola non statale e scuola pubblica, o meglio tra scuola statale e non statale - mi permetto di fare questo "distinguo" perché la scuola non statale assolve funzioni di ordine pubblico - nella sua mozione, in riferimento alla libertà di insegnamento, il Polo fa ovviamente riferimento anche ai valori costituzionalmente garantiti. E' stato richiamato l'articolo 33; sono dell'avviso che bisogna leggere anche i lavori preparatori della Costituzione, per capire come si sia arrivati all'espressione "senza oneri per lo Stato", per capire da chi fu presentato quel certo emendamento in quella circostanza.
PRESIDENTE. Onorevole Aloi, la invito a concludere.
FORTUNATO ALOI. E allora si ha il quadro di una situazione che certamente deve garantire il pluralismo nelle scuole, sia che si tratti di scuole statali sia che si tratti di scuole non statali. Ecco l'impegno - onorevole Presidente, sto per avviarmi alla conclusione...
PRESIDENTE. Lo faccia.
FORTUNATO ALOI. ...che secondo me va affermato. L'impegno di chi veramente alla scuola deve guardare non secondo una visione egemonica gramsciana. E' stato richiamato Gramsci, ma mi sarei aspettato che si richiamasse il Gramsci migliore, quello della serietà degli studi, non il Gramsci dell'egemonia o quello che vuole tradurre la concezione machiavellica del principe in termini di principe-partito: quello è un Gramsci che noi rifiutiamo, perché ideologizzante e ideologizzato. Ecco quindi il motivo per cui - purtroppo bisogna procedere per flash...
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole Aloi.
FORTUNATO ALOI. ...nel momento in cui sosteniamo e votiamo la mozione del Polo, diciamo un "no" ad un modo di procedere nei confronti di una riforma della scuola che finirà per produrre certamente guasti, i cui effetti perversi andranno a ricadere sulla società italiana tutta, e che certamente non rispetta la nostra tradizione, bensì modelli già superati di altri paesi, in cui queste esperienze didattiche e culturali sono avvenute (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Michelini. Ne ha facoltà.
ALBERTO MICHELINI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, intervengo al termine di questo dibattito con due sentimenti contrastanti. Da una parte, la soddisfazione di partecipare finalmente ad un dibattito, interessante, in Parlamento sulla scuola e sulla parità, dopo che dalla II alla XII legislatura, per dare attuazione alla norma costituzionale, sono state presentate diciannove proposte, senza che mai nessuna venisse presa in considerazione né dall'una né dall'altra Camera. Dall'altra, con la delusione di non aver avuto la possibilità di prendere visione, prima di questo dibattito, del disegno di legge governativo - nonostante l'impegno più volte da lei dichiarato a presentarlo, in attuazione del programma dell'Ulivo - sul sistema educativo integrato e la parità. E' da mesi che lei, ministro, rinvia ed il testo verrà presentato solo domani in Consiglio dei ministri, nonostante lei abbia avuto, il 10 marzo, il risultato del lavoro della commissione di studio e cinque giorni più tardi, il 15 marzo, sia entrata in vigore la legge n. 59, che, all'articolo 21, attribuisce piena autonomia alle istituzioni scolastiche e di cui aspettiamo i regolamenti attuativi. Un ritardo che è segno delle difficoltà della maggioranza su un tema così delicato e complesso e soprattutto segno delle contraddizioni interne rispetto a passaggi decisivi, come la questione della parità economica, rinviata ad un secondo momento, o quella del reclutamento del personale docente. Mi sembra un po' difficile - lo dico all'onorevole Diliberto, che ha usato questo termine - nonostante la dichiarata "duttilità", armonizzare la sua disponibilità, nell'ambito della maggioranza, nei confronti della parità anche economica (perché sarà inevitabile), con il rispetto del terzo comma dell'articolo 33 della Costituzione. Difficoltà e contraddizioni, quelle della maggioranza, prevedibili, dovute a problemi politici ed economici, ma dal ministro ci saremmo aspettati più coraggio e più determinazione, la stessa dimostrata peraltro per i numerosi provvedimenti presi in via amministrativa. Superata la fase ideologica, tutti - almeno lo spero - ci stiamo lasciando alle spalle l'inutile e sterile contrapposizione tra pubblico e privato; spero altresì che finisca la cinquantennale disputa sul terzo comma dell'articolo 33 della Costituzione. Mentre noi abbiamo cavillato per decenni sul comma, in una sterile contrapposizione tra laici e cattolici, con citazioni dotte sui vari costituzionalisti, la nostra scuola con una legislazione di mentalità statalista ha subito una terribile involuzione, con una crisi di identità, di struttura, di funzione e di efficacia, con conseguenze disastrose per un'intera generazione e forse per più di una generazione (l'onorevole De Murtas ha ricordato stamane l'alto tasso di analfabetismo in Italia). Nel frattempo, in quasi tutti i paesi dell'occidente e più recentemente in parecchi paesi dell'est europeo dopo il crollo del comunismo (a partire dalla Russia e persino dalla Bulgaria), il problema della parità veniva risolto alla luce di esigenze dettate dai principi di fondo come la libertà di scelta...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, per favore!
ALBERTO MICHELINI. ...riecheggiati da tutte le carte dei diritti che punteggiano, purtroppo spesso inapplicate, la nostra epoca, ma soprattutto da esigenze di pluralismo, di efficienza, di flessibilità e di innovazione. Insomma, mentre noi non riusciamo a liberarci dalle incrostazioni stataliste e da un concetto di scuola che risale all'inizio dell'era industriale, il rapido sviluppo della società postindustriale sta imprimendo invece alla scuola un'esigenza di cambiamento non più rinviabile. Il progresso economico, lo spirito innovatore di un paese, di una nazione, la competitività, la crescita occupazionale dipendono dalla qualità della forza lavoro. La qualità - onorevole Sbarbati, non è solo lei a parlare di qualità! - a partire da quella dell'istruzione e della formazione determina lo sviluppo del paese. In Italia la scuola prepara i giovani al lavoro, li prepara alla vita; tutti sappiamo che la risposta è assolutamente negativa. Una istruzione adeguata, una possibilità di scelta più ampia in regime di parità, acquistano una vera e propria valenza strategica.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE (ore 17,30)
ALBERTO MICHELINI. La formazione dei giovani gioca un ruolo chiave di fronte alle sfide del futuro. Noi dobbiamo raccogliere questa sfida; è una nuova frontiera per tutti (maggioranza ed opposizione), e noi vogliamo contribuire in maniera determinate, qui in Parlamento, a realizzare finalmente una riforma radicale e coraggiosa che investa le risorse economiche necessarie (ma che purtroppo mi sembra non ci siano) e che vada oltre l'ormai inutile - non mi stancherò di ripeterlo - sterile contrapposizione, apertissimi, signor ministro, alle ragioni della scuola pubblica e, mi creda, senza alcuna strumentalizzazione. Non è questo, infatti, il momento di strumentalizzazioni. E' vero, come diceva anche l'onorevole Diliberto poc'anzi, il treno per l'Europa non si perde solamente per il mancato raggiungimento dei parametri economici, ma si perde soprattutto per la mancata realizzazione della riforma di una scuola che non può più essere standardizzata, centralizzata e uniforme, ma autonoma, flessibile, efficiente e competitiva, così come auspicato dalla nostra mozione e come ampiamente illustrato stamane dagli onorevoli Melograni ed Aprea. Signor ministro, non si tratta di dare una piccola e sofferta soddisfazione alla componente cattolica dell'Ulivo o alla Conferenza episcopale italiana, ma di avere il coraggio di una riforma strutturale radicale che Inghilterra e Francia, per esempio, hanno realizzato molto prima dei loro attuali, illuminati premier socialdemocratici o liberalsocialdemocratici, che dir si voglia. Ciò che chiediamo al Governo, come diceva stamane l'onorevole Berlusconi, è di presentare rapidamente (lei lo farà domani in seno al Consiglio dei ministri) una sua proposta che contempli un'effettiva parità per la scuola non statale, impegnando questa scuola a garantire gli standard qualitativi dell'istruzione e dell'educazione, ma rispettando pienamente l'originalità e la libertà dei suoi progetti educativi. Anche noi, signor ministro, siamo contro i "diplomifici", così come siamo fortemente preoccupati della situazione della scuola statale. E' vero infatti che la riforma complessiva della scuola non si esaurisce nella parità, come temeva l'onorevole Sbarbati; per i diritti inalienabili che questa implica è anche vero che ne costituisce elemento essenziale e irrinunciabile ed è affermazione di principi di libertà. Per concludere, devo dire con rammarico che abbiamo cercato una possibile convergenza con gli altri gruppi per arrivare ad una mozione comune su un tema così importante come la scuola. Non è stato possibile per i delicati equilibri e le contraddizioni interne alla maggioranza; abbiamo dovuto constatare una indisponibilità che conferma purtroppo la differenza profonda di posizioni. Questa tematica, comunque ...
PRESIDENTE. Onorevole Michelini, mi scusi, ma ha superato il tempo a sua disposizione.
ALBERTO MICHELINI. ...ci troverà doverosamente e responsabilmente disponibili al dialogo, ma nello stesso tempo risoluti nel difendere quei diritti fondamentali che non sono di forza Italia o del Polo, ma che appartengono alla nostra civiltà (Applausi dei deputati dei gruppi di forza Italia, di alleanza nazionale e del CCD).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mussi. Ne ha facoltà.
FABIO MUSSI. Signor Presidente, le miniere di re Salomone del 2000, cari colleghi, non conterranno oro, argento e diamanti, ma cultura, sapere, informazione, scienza, le pietre preziose del futuro. La risorsa strategica è il capitale umano, ormai lo leggiamo scritto ovunque e c'è una consapevolezza crescente a tale riguardo. Ci troviamo di fronte ad un salto di tecnologia, ad un cambiamento radicale del lavoro e del suo rapporto con la vita. PRESIDENTE. Onorevole Bindi, le dispiace? FABIO MUSSI. Questo non ha solo a che fare con i caratteri della competizione economica globale, ma ha a che fare anche con la libertà delle persone, con l'arricchimento delle facoltà degli individui, cioè con il grado di civiltà di un paese. La scuola, dunque, e il sistema della formazione sono al primo posto. Lo abbiamo collocato al primo posto del programma dell'Ulivo, e non solo la sinistra, naturalmente, si riconosce in quel programma; onorevole Melograni, lei dovrebbe ricordarlo. Per la sinistra questa non è una tardiva acquisizione, anzi la sinistra ha sempre avuto la percezione di un primato dell'educazione e della cultura. Può capitare che oggi in Europa tocchi largamente alla sinistra di riproporre tale primato, alla sinistra che partecipa a tredici governi su quindici dell'Unione europea.
VALENTINA APREA. Purtroppo lo sappiamo!
FABIO MUSSI. Mi è capitato di trovarmi al congresso di Malmoe del partito del socialismo europeo, dove Blair ha ripetuto il suo slogan: education, education, education, che è stato assunto come un punto di ispirazione generale. Gli ha risposto - lo dico in questa sede perché devo far presente una questione al Governo - Oskar Lafontaine, il quale gli ha detto che, traducendo questo slogan un po' volgarmente, esso significa: money, money, money. Sta qui la nostra contraddizione. La scuola ha partecipato all'opera di risanamento dei conti pubblici. E' ora però, signor Presidente del Consiglio, signor ministro, di provare a intravedere la luce. Bisogna, appena si può, tornare a spendere. Se c'è una lira, d'ora innanzi a disposizione, essa deve essere destinata alla scuola. Noi sosteniamo fortemente il programma che il ministro Berlinguer ha presentato alle Camere già nel giugno del 1996, parte del quale è entrato - è un fatto rilevante nella vicenda di questi mesi - nel patto per il lavoro scritto con le parti sociali. Sono già stati compiuti passi da gigante e si sono cominciati a sciogliere nodi aggrovigliatissimi da tempo, pensiamo solo alla questione dell'autonomia scolastica. Dobbiamo ora profondere tutto il nostro impegno politico perché le nuove norme sull'esame di maturità, volte a fare in modo che questo sia una cosa seria, siano approvate in modo che già dal 1998 ci sia il cambiamento. Si deve arrivare rapidamente alla discussione sulla legge che riguarda i cicli scolastici, importantissima per la riorganizzazione della scuola e del sapere. Si deve accelerare verso la revisione dei programmi e si deve arrivare subito all'innalzamento dell'obbligo e ad un risultato tale che porti la piena scolarità fino a diciotto anni. La mia mozione spinge in tale direzione e ribadisce l'impegno a trasformare in legge i provvedimenti già all'attenzione delle Camere e a discutere rapidamente quelli che verranno sottoposti alle stesse. Gran parte dell'attenzione politica si è incentrata sul problema della parità. Pensiamo che sia giunta l'ora di risolverlo. Vi è alle nostre spalle un lunghissimo dibattito durato decenni. La parità è un principio costituzionale e i titolari del diritto di parità sono prima di tutto gli alunni e le famiglie e lo Stato deve offrire opportunità e garantire qualità in tutto il sistema. Si tratta di riaffermare, rinnovato, il principio di un sistema pubblico più ricco, perché il sistema statale pubblico vale sempre meno, ammesso che mai sia stata valida questa identità, e perché i concetti di statale e pubblico coincideranno sempre meno in una società pluralistica e multiculturale, dove lo Stato dovrà rispettare il mandato costituzionale mantenendo la "stella polare" della libertà di insegnamento per rendere più ricco il sistema pubblico. Questo significa che la legge di parità deve essere approvata. Nella nostra mozione indichiamo questo obiettivo, ma non so, collega Giovanardi, se la frase che vi dedichiamo sia "eterea o evanescente", certo non sarà etereo ed evanescente l'evento che si compirà domani, quando il ministro illustrerà le linee del progetto in sede del Consiglio dei ministri. Non era mai avvenuto, e lo fa il Governo Prodi con il ministro Berlinguer. Perché, per esempio, collega Giovanardi, non l'ha fatto il ministro D'Onofrio, che è del suo gruppo, quando ha avuto la responsabilità e la titolarità di quel ministero?
CARLO GIOVANARDI. E' un anno e mezzo che governate!
FABIO MUSSI. Tredici mesi sono poco più dei sette che sono toccati a voi! Avevate tutto il tempo!
PRESIDENTE. Onorevole Giovanardi, poi replicherà in altra occasione.
FABIO MUSSI. Rispetto alle mozioni presentate, apprezziamo qualche parte di quella del Polo illustrate qui dialogicamente dall'onorevole Berlusconi...
ELIO VITO. Allora votatela!
FABIO MUSSI. ...ma non possiamo votarla, perché contiene punti che condividiamo in misura minore. Non voteremo la mozione presentata dal gruppo della lega, perché in sostanza fa riferimento ad un progetto di regressione ad una educazione curtense, che non possiamo non respingere, mentre voteremo a favore della mozione della collega Sbarbati. Ci asterremo invece sulla mozione dei colleghi di rifondazione comunista che in molte parti non è condivisibile, anche se contiene alcune novità interessanti sulla delicata questione della parità. Chiediamo infine a tutti i colleghi della maggioranza un voto di apprezzamento sulla mozione sottoscritta dai gruppi dell'Ulivo. La scuola sta cambiando e questo è il momento di mettere le ali alla riforma (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo e di rinnovamento italiano).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto. Avverto che il gruppo di forza Italia ha chiesto la votazione nominale. Ricordo ai colleghi che il Governo si è rimesso all'Assemblea su tutte le mozioni, mentre su quella Comino ed altri n. 1-00173, ha espresso parere contrario. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Berlusconi ed altri n. 1-00148, sulla quale il Governo si rimette all'Assemblea. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione. Comunico il risultato della votazione:
Presenti ...................... 450
Votanti .......................... 436
Astenuti ......................... 14
Maggioranza ...................... 219
Hanno votato sì ................ 177
Hanno votato no ................ 259
(La Camera respinge).
PAOLO BECCHETTI. Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAOLO BECCHETTI. Vorrei precisare che nel corso della votazione non ha funzionato il mio dispositivo elettronico e che era mia intenzione votare a favore.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Becchetti. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Sbarbati ed altri n. 1-00172, sulla quale il Governo si rimette all'Assemblea. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti ...................... 454
Votanti .......................... 327
Astenuti ......................... 127
Maggioranza ...................... 164
Hanno votato sì ................ 215
Hanno votato no ................ 112
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi di rifondazione comunista-progressisti e di rinnovamento italiano). Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Comino ed altri n. 1-00173, non accettata dal Governo. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti ...................... 472
Votanti .......................... 377
Astenuti ......................... 95
Maggioranza ...................... 189
Hanno votato sì ................ 33
Hanno votato no ................ 344
(La Camera respinge).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Diliberto ed altri n. 1-00176, sulla quale il Governo si rimette all'Assemblea. (Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti ...................... 442
Votanti .......................... 300
Astenuti ......................... 142
Maggioranza ...................... 151
Hanno votato sì ................ 72
Hanno votato no ................ 228
(La Camera respinge).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Mussi ed altri n. 1-00177, sulla quale il Governo si rimette all'Assemblea. (Segue la votazione). Dichiaro chiusa la votazione. Comunico il risultato della votazione:
Presenti ...................... 454
Votanti .......................... 420
Astenuti ......................... 34
Maggioranza ...................... 211
Hanno votato sì ................ 244
Hanno votato no ................ 176
(La Camera approva - Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo, dei popolari e democratici-l'Ulivo, di rifondazione comunista-progressisti, di rinnovamento italiano e misto-verdi). E' così esaurito lo svolgimento delle mozioni in materia di istruzione scolastica.