S E N Z A  F R O N T I E R E  S E N Z A  P A D R O N I

ISRAELE: cinquant'anni di vergogna

 

L'occupazione della Palestina come progetto politico del sionismo e dell'imperialismo occidentale inizia in realtà più di un secolo fa. A partire dalla fine del XIX° secolo e soprattutto nel trentennio tra la prima e la seconda guerra mondiale è il governo inglese (che ha il controllo di Irak, Giordania e Palestina dopo la spartizione delle terre dell'Impero ottomano) a promuovere e stimolare una forte immigrazione di coloni ebrei in Palestina. L'obiettivo della potenza coloniale europea è quello di espandere al Medio Oriente la propria influenza politica ed i propri interessi economici, di porre un avamposto occidentale nel cuore del mondo arabo ricco di petrolio. Una terra abitata all'inizio del secolo per il 96% da arabi e per il 4% da ebrei ospita nel 1940 il 31% di ebrei e il 69% di arabi.

Durante la seconda guerra mondiale l'Inghilterra arma gli ebrei che in pochi anni si trovano un forte ed organizzato esercito e i dirigenti sionisti, burattini e burattinai, si inseriscono nello scontro economico-politico tra vecchio e nuovo continente scegliendo l'appoggio degli Stati Uniti che vedono di buon grado la nascita di uno stato ebraico. Chi rimane comunque burattino sono le popolazioni arabe ed ebraiche che vengono spinte ad una guerra senza fine in nome degli interessi delle potenze occidentali e del delirio di onnipotenza sionista. Gli USA del presidente Truman nel giugno 1941 chiudono, infatti, le frontiere ai profughi ebrei vittime del nazismo che sono costretti ad emigrare in Palestina.

Il 29 novembre 1947 le Nazioni Unite, senza consultare nessun rappresentante palestinese e nessun paese arabo, adottano il piano di spartizione che verrà attuato il 14 Maggio 1948. Al momento della spartizione la terra di proprietà ebraica è il 7,6% della Palestina. Il piano ONU prevede uno Stato a sovranità ebraica sul 56,5% del territorio con 498.000 ebrei e 497.000 arabi e uno Stato arabo sul 42,9% del territorio con 725.000 arabi e 10.000 ebrei. Quasi tutte le terre coltivate ad agrumi, l'80% delle terre coltivate a grano e il 40% dell'industria palestinese si trovano nelle frontiere dello stato Ebraico.

Il 15 maggio 1948, quando l'ultimo diplomatico inglese abbandona la Palestina, inizia la guerra tra il neonato Israele armato e appoggiato dagli USA, poche migliaia di volontari inviati dagli Stati arabi vicini e la massa disarmata di palestinesi.

La tecnica è quella del terrore per rubare la terra: 474 villaggi arabi sono occupati dagli ebrei (385 rasi al suolo) e gli abitanti trucidati. I contadini palestinesi senza nessuno che li protegge sono costretti a fuggire e rifugiarsi nei campi profughi dei paesi confinanti. Nel 1949, alla fine della guerra, il numero di palestinesi espulsi è stimato sui 900.000, Israele occupa l'80% del territorio dove sono rimasti 100.000 arabi. La legge razzista del ritorno, subito istituita dal nuovo Stato, che considera potenziali cittadini di Israele tutti gli ebrei del mondo e non i palestinesi cacciati dimostra come nessun desiderio di pace e di pacifica convivenza faccia parte degli obiettivi sionisti.

L'ottobre del 1956 il binomio sionismo-imperialismo sferra l'attacco all'Egitto per ottenere il controllo del canale di Suez e del traffico di petrolio: Francia, Inghilterra e Israele si alleano per questa guerra ma l'intervento dell'URSS, a difesa del mondo arabo, e degli USA, che si vedono scavalcati nei loro rapporti con Israele, ferma il conflitto.

Con la "guerra dei sei giorni" tra il 5 e l'11 giugno 1967 Israele triplicò la sua estensione territoriale riportando tuttavia all'interno del nuovo Israele 700-800.000 palestinesi. Nasce il problema dei territori occupati e l'OLP viene riconosciuto internazionalmente, diventando lo strumento di liberazione nazionale del popolo palestinese.

L'estate 1982 è testimone dell'invasione israeliana in Libano con l'obiettivo di distruggere la struttura militare e l'organizzazione civile dell'OLP e allontanare la popolazione palestinese dai confini con Israele. Il 16 settembre a Sabra e Chatila sotto il controllo delle truppe israeliane viene compiuto un eccidio che nella forma e negli obiettivi esprime indiscutibilmente l'essenza degli stermini nazisti.

Gli anni dal 1988 al 1990 sono testimoni dell'intifada, la lotta del popolo palestinese nei territori occupati che con le pietre, la resistenza passiva e la disobbedienza si oppone ai carrarmati israeliani.

L'intifada rappresenta l'inizio del distacco del popolo palestinese dai propri dirigenti. Il parziale fallimento dell'uso della forza e la resistenza del popolo palestinese convincono Israele che allo stato attuale è necessario agire per via diplomatica. Gli accordi di Oslo del 1993 tra Israele e OLP sono l'inizio del ridicolo processo di "pace" che vede oggi Netanyahu e Arafat contrattare la restituzione di una piccola percentuale dei territori occupati nel 1967. Con gli accordi di Oslo lo stato di Israele viene riconosciuto dall'OLP e in cambio una piccola parte dei territori occupati passa sotto la giurisdizione di una neonata autorità palestinese. Questi accordi dimostrano come l'OLP abbia perso progressivamente la dignità di rappresentante dei diritti del popolo palestinese e si trasforma in una struttura burocratica che difende gli interessi della borghesia palestinese. Israele può quindi contare sulla collaborazione delle milizie palestinesi che hanno autorità nei territori occupati per reprimere chi non si allinea alle decisioni dell'OLP, per reprimere coloro che non rinunciano a rivendicare il diritto di vivere sulla propria terra. Le azioni diplomatiche sono redditizie per la nuova politica israeliana: da una parte usa lo spauracchio del fondamentalismo islamico di Hamas per ottenere l'appoggio militare e politico di tutti i paesi occidentali, dall'altra ottiene che le autorità palestinesi siano delegittimate rispetto al proprio popolo trovandole spesso alleate nel piano di repressione di rivolte e insurrezioni. Portare i palestinesi alla guerra civile è la scommessa che il sionismo cerca di vincere nel terzo millennio per continuare il progetto di potere iniziato alla fine dell'ottocento.

 

Non esiste una soluzione che non preveda la restituzione della terra a coloro ai quali è stata rubata.

Non esiste una Palestina senza palestinesi.

 

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