In realtà non c'è nulla di nuovo sotto il sole: se accettano i principi degli accordi di Schengen, le nuove legislazioni non possono che consolidare le mura esterne della fortezza-Europa.
Il movimento dei Sans Papiers ha rappresentato in Francia un momento di mobilitazione fortissimo, probabilmente il conflitto europeo di maggiore dimensioni sulla questione dell'immigrazione degli ultimi dieci anni.Dall'occupazione della chiesa di Saint-Ambroise il 18 marzo 1996 da parte di 300 immigrati di origine africana, alle lotte contro la legge Debrè dell'ottobre '96 che all'articolo 1 prevedeva l'obbligo di segnalazione ai sindaci della partenza di ogni ospite straniero, gli immigrati, i collettivi antirazzisti autorganizzati e una parte della società civile francese hanno espresso una dura opposizione ai dogmi imposti dagli accordi di Schengen.
La parola d'ordine che il movimento ha espresso fin dall'inizio nelle occupazioni e nei cortei era "des papiers pour tous", contro la seconda legge Pasqua del 1993 emanata, come la precedente, da un governo conservatore. Questa legge ha gettato nella clandestinità decine di migliaia di immigrati che si sono ritrovati in una situazione di irregolarità non essendo loro stato rinnovato il permesso di soggiorno dopo un ingresso regolare e una lunga permanenza e radicamento in Francia. Tra di loro ci sono anche genitori in condizione di clandestinità mentre i figli, nati prima della legge Pasqua, sono cittadini a tutti gli effetti.
La protesta e la lotta erano però anche contro le "porte chiuse" a nuovi immigrati che, in caso di ingresso sul suolo francese si ritrovano automaticamente nella condizione di clandestini: in Francia infatti l'immigrazione regolata da paesi extraeuropei è formalmente chiusa dal 1974, mentre difficoltà burocratiche, controlli esosi e restrizioni limitano di molto sia il ricongiungimento familiare che l'ottenimento del permesso d'asilo. Per questo ultimo aspetto, è importante rilevare che a fronte di una tradizione pluridecennale di apertura da parte della "patria dei diritti dell'uomo", le domande di asilo stanno drasticamente diminuendo dall'inizio degli anni '90 ad oggi (17.000 nel 1996 contro le 61000 del 1989) per l'eccessiva severità delle autorità competenti, che escludono dalla concessione del diritto d'asilo anche le istanze provenienti da rifugiati di zone ad alto rischio come l'Algeria, l'ex Yugoslavia, il Rwanda.Meno di un dossier su cinque è oggi accolto, contro il 90% e più degli anni '70.
In Italia l'immigrazione ha una storia e una consistenza diverse rispetto al caso francese: da noi un flusso costante e consistente di uomini e donne da paesi extraeuropei è cominciato solo da circa un decennio. Il totale delle presenze regolari, secondo i dati resi noti a fine giugno dal Ministero degli Interni ammonta a 1.179.361 unità alle quali vanno aggiunti gli immigrati senza i documenti richiesti, ad oggi circa 200.000, ma in continuo aumento. In totale gli immigrati costituiscono meno del 2% del totale della popolazione, poca cosa rispetto ai 3,7 milioni di immigrati francesi (6,43 % della popolazione totale).
Fino ad ora la materia è stata trattata, dal punto di vista legislativo, in modo poco organico, con continui provvedimenti d'urgenza e regolarizzazioni sotto forma di sanatoria, mentre un'ampia discrezionalità è stata lasciata alle questure per la gestione locale delle questioni. L'apparato repressivo che le leggi hanno predisposto, insieme alla insufficienza delle cosiddette politiche di accoglienza, hanno stimolato anche in Italia una reazione che si è espressa sia nel movimento di occupazioni di case all'inizio degli anni '90 sia nei primi timidi tentativi di organizzazione di mobilitazioni a carattere locale e nazionale contro le leggi discriminatorie e razziste emanate. Queste mobilitazioni hanno forse avuto il loro momento di massima forza nella manifestazione delle realtà autorganizzate del 3 febbraio 1996 a Roma contro il Decreto Dini, ma non sono ancora riuscite a creare, come in Francia, un livello organizzativo concreto e radicato di immigrati che si pongano come protagonisti e riferimento reale per le lotte contro la discriminazione e la marginalizzazione sociale e per l'affermazione del diritto di cittadinanza per tutti.
I governi di centro-sinistra e le leggi sull'immigrazione.
Nel corso della campagna elettorale che lo porterà a gestire la poltrona di Primo Ministro, il candidato socialista alle elezioni del 30 Maggio '97, Lionel Jospin, aveva promesso che in caso di vittoria avrebbe abolito le leggi Pasqua e Debrè in materia di immigrazione.
In base a queste promesse emergono, nel giro soli di due mesi dopo la vittoria del candidato socialista alle elezioni, ben 55.000 richieste di regolarizzazione presentate da Sans Papiers resi clandestini dalle normative precedenti.
Il 31 luglio '97 arriva però la doccia fredda: il sociologo Patrick Weil, a capo di una commissione incaricata dal nuovo governo di elaborare le linee guida per una nuova legislazione in materia, presenta due rapporti sull'immigrazione e la nazionalità che dovranno essere seguite da due progetti di legge: uno sulle condizioni di ingresso e di soggiorno degli stranieri in Francia, di cui si è già occupato il Ministro degli Interni Pierre Chevènement, l'altro sull'applicazione "del diritto di suolo" per l'attribuzione della cittadinanza francese, la cui redazione dovrà essere curata dalla guardasigilli Elisabeth Guigou. Ebbene, nonostante le promesse della vigilia, il rapporto Weil, dal titolo un po' ambiguo "Per una politica migratoria giusta e efficace" non prevede affatto l'abolizione delle leggi Pasqua e Debré, ma solo una limatura degli aspetti più odiosi.
Con l'intento di "mettere la politica dell'immigrazione al centro di una politica d'interesse nazionale più dinamica" in un momento in cui "non è più necessario l'ingresso massiccio di immigrati per compensare il calo demografico", il rapporto Weil ritiene che occorra facilitare l'immigrazione di tutti gli stranieri che possono risultare utili alla Francia - studenti, imprenditori, ricercatori, mentre "la porta deve rimanere chiusa per i lavoratori non specializzati".
I "certificati di ospitalità" introdotti dalla legge Debrè, non sarebbero aboliti, così come verrebbe mantenuto l'apparato repressivo della legge Pasqua del 1993, con il rafforzamento del meccanismo delle espulsioni per chi ha subito condanne o per chi si trova senza i documenti richiesti. Così il rapporto Weil suggerisce di aumentare a 15 giorni il periodo di ritenzione per i "sans papiers" che si oppongono all'allontanamento e di creare dei centri per rinchiudere fino ad un mese gli immigrati condannati dal momento dell'uscita dal carcere fino al momento dell'espulsione effettiva.
Le concessioni in positivo previste dalle direttive fissate dal rapporto Weil, sono limitate al suggerimento di allargare le maglie del diritto d'asilo, prendendo in considerazione anche le domande provenienti da coloro che sono vittime di movimenti non al potere (come gli algerini minacciati dagli integralisti), alla semplificazione delle procedure per l'ottenimento del ricongiungimento familiare, alla proposta del ritorno all'acquisizione automatica della cittadinanza francese a 18 anni per i figli di immigrati nati in Francia.
Il disegno di legge (ddl) presentato dal governo Prodi in materia d'immigrazione presenta fortissime similitudini con quanto sta prospettando il governo francese e non a caso: i due governi di centro sinistra devono dimostrare di saper gestire l'"emergenza" con fermezza e decisione, facendo concessioni minime in modo da accontentare l'associazionismo e il volontariato sociale, il tutto in modo da poter rispondere nel modo più fedele possibile alle direttive di Schengen.Per l'Italia in particolare è importante, dopo la bocciatura del 1995, arrivare ben attrezzata alla scadenza del 26 ottobre, quando saranno verificati il rispetto dei parametri posti dagli accordi inter-europei per la circolazione dei cittadini.
Il ddl Prodi-Napolitano-Turco di prossima approvazione, contiene un apparato repressivo in tutto simile a quello francese, con la possibilità di espulsioni per una svariate serie di motivazioni (per motivi di ordine pubblico, sicurezza dello stato, per ingresso clandestino, per mancato rinnovo del permesso di soggiorno e per chi viene ritenuto socialmente pericoloso), la creazione di campi di internamento per chi è in attesa delle espulsioni e l'intensificazione dei controlli a tutte le frontiere.
A differenza della Francia, la normativa italiana prevede la programmazione di flussi migratori stabiliti e approvati annualmente tramite decreto, per fissare quote di ingresso per lavoro dipendente, stagionale e autonomo. Con questa norma si vuole rispondere alle esigenze di manodopera sia qualificata che generica dell'imprenditoria italiana, in previsione di un calo demografico che si sta dimostrando costante e che porta a una diminuzione continua della forza lavoro attiva disponibile. La richiesta di manodopera straniera è d'altronde già molto forte in settori produttivi particolari e in zone a forte sviluppo economico come il nostro nord-est, dove spesso la domanda di forza lavoro in impieghi usuranti e pesanti, rimane insoddisfatta. La forza lavoro immigrata si trova comunque in una posizione di estrema debolezza: il fatto che il permesso di soggiorno, di durata sempre breve (1,2 o massimo 4 anni), sia strettamente collegato all'inserimento
lavorativo dell'immigrato, fa sì che questi possa essere continuamente ricattato dal datore di lavoro con richieste di maggiore disponibilità sull'orario, maggiore produttività, maggiore sudditanza. La paura di perdere il posto di lavoro è più forte per chi rischia di perdere, oltre all'impiego, anche il permesso di soggiorno. Si accennava più sopra al fatto che il livello di presenze di uomini e donne immigrate in Italia è ancora basso rispetto a molti degli altri paesi europei: nonostante ciò la legislazione in discussione nel parlamento italiano non prevede nessuna proposta di regolarizzazione per gli stranieri senza documenti presenti nel territorio, che continueranno ad essere sfruttati nel lavoro nero o ad agire per la malavita contribuendo ad alimentare il giro d'affari di settori produttivi che, anche se in modo poco ortodosso, collaborano alla crescita del PIL di un'Italia sempre più europea.
NESSUNA RISPOSTA DAL BASSO ?
I governi moderati di centrosinistra di Italia, Francia e Gran Bretagna (ma interessante è anche il parallelo con l'amministrazione Clinton negli USA) stanno dimostrando di saper gestire la transizione a fasi sempre più avanzate di libertà d'azione del mercato e della moneta in maniera efficace e, ciò che importa di più, senza dare spazio per il momento a lotte e rivendicazioni sociali. Dalla riforma del welfare che sta portando alla sua progressiva scomparsa, ai tagli alla previdenza sociale, dalla riforma del mercato del lavoro, alla gestione dell'ordine mondiale, sembra che tutto stia marciando al meglio per i gestori del neoliberismo mondiale, indipendentemente dal tipo di frazione politica che prevale alla dirigenza dei governi nazionali, svuotati di potere decisionale effettivo dagli organismi sovranazionali.
Un po' di sabbia può però sempre incastrarsi tra i meccanismi di una macchina che sembra talmente potente e perfetta da assopire le coscienze: il via potrebbe essere dato proprio dagli ultimi arrivati: in Francia i collettivi dei Sans, insieme a giovani francesi stanno ricominciando la mobilitazione contro una legge che cambia di colore ma rimane la stessa. Può essere un buono stimolo in Italia per rompere l'apatia sociale instauratasi da quandi la sinistra istituzionale è al potere.
Fonti: Le Monde, 1,2,3 agosto 1997.
UNDICI ANNI DI LEGGI SULL'IMMIGRAZIONE IN FRANCIA:
-1986: LA PRIMA LEGGE PASQUA.
Sotto la pressione del Fronte Nazionale, il governo Chirac fa dell'immigrazione uno dei suoi cavalli di battaglia. La legge detta Pasqua ristabilisce la procedura amministrativa di accompagnamento alla frontiera, limita le possibilità di rinnovo della carta decennale di soggiorno, introduce la nozione di allontanamento forzato per minaccia all'ordine pubblico e facilita l'espulsione di chi commette reati.
-1988: la legge Joxe, emanata sotto il governo di Francois Mitterrand, porta all'abrogazione della legge Pasqua: è creato un ricorso di sospensione contro gli accompagnamenti alla frontiera, la situazione delle unioni e dei genitori di bambini francesi è regolarizzata.
-1993: la seconda legge Pasqua: questo nuovo testo emanato sotto il governo Balladur impedisce a diverse categorie d'immigrati presenti regolarmente sul suolo francese di ottenere un titolo di soggiorno di lunga durata.L'amministrazione accresce i suoi poteri di filtro sulle domande di asilo.I sindaci ottengono il potere di sospendere la celebrazione di un matrimonio e di impedire a uno straniero di essere raggiunto dalla propria famiglia.
Il ricongiungimento familiare è reso possibile solo dopo due anni anzichè uno.
Gli istituti di previdenza sociale sono invitati a consultare gli schedari delle prefetture al fine di radiare gli iscritti in situazione irregolare. La durata massima del periodo di detenzione amministrativa passa da 7 a 10 giorni.
-1997: La legge Debrè. La legge viene emanata poco dopo lo sgombero dei Sans Papiers dalla chiesa di Saint-Bernard: Il testo permette la regolarizzazione di categorie limitate di stranieri che la legge Pasqua non rendeva nè espellibili nè regolarizzabili.
Vengono modificate le procedure di detenzione al fine di rendere meno probabili le possibilità di liberazione da parte dei giudici. Dopo numerose manifestazioni, si hanno emendamenti alla riforma dei certificati di ospitalità. Viene creato uno schedario di impronte digitali di stranieri.
Il governo francese e quello italiano, guidati da maggioranze di centro-sinistra, si apprestano a gestire il fenomeno immigrazione con nuovi progetti di legge.