a cura del collettivo anti-transgenico napoletano
(081-5522399 rafmed@libero.it)

 


DOSSIER BIO-TECH
La mia vita è il frutto di tutto ciò che sono stato, che sono e che sarò;
 sono io l'artefice del mio domani, mai avrei immaginato che l'uomo
avrebbe  avuto la pretesa di stendere le mani anche sulla natura,
sugli organismi viventi, su se stesso

 

1) INTRODUZIONE

- COSA SONO LE BIOTECNOLOGIE

- INGEGNERIA GENETICA

- Come funziona L'INGEGNERIA GENETICA?  

- Un breve accenno sulle possibili conseguenze, impreviste, dell'ingegneria genetica

- I CAMPI DI APPLICAZIONE DELLA PRODUZIONE DI O.G.M.

- I BREVETTI, lo strumento dello sfruttamento

2) LE BIOTECNOLOGIE  E LA RICERCA

3) RISCHI ED EFFETTI

- Come possiamo allora essere sicuri dell'affidabilità degli alimenti GM?

- Sviluppo di resistenza agli erbicidi

- Il trasferimento dei geni resistenti

4) LA LEGISLAZIONE

5) CONCLUSIONI

INTRODUZIONE

INTRODUZIONE

Gli ultimi "progressi"dell'industria e dell'"alta"tecnologia approdano alla materia vivente come nuova frontiera da colonizzare, con l'obiettivo finale di trasformarla in bene di consumo e di commercio.

La costruzione del dibattito sulle manipolazioni della materia vivente è esplosa a livello globale nella discussione telematica che ha preceduto l'incontro dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) di Seattle'99; dove hanno partecipato tutte le componenti della società civile e dell'opposizione sociale che ancora hanno a cuore il destino degli esseri viventi su questo pianeta.

All'incontro di Seattle erano presenti 134 paesi di tutto il mondo, che hanno cercato di riunirsi con il compito di aggiornare la legislazione in materia di libero scambio e commercio, arenata all'incontro di Marrakech '94; una grossa parte del dibattito era rappresentata dalle delicate questioni dei brevetti sugli organismi viventi, che vede contrapposti da un lato Stati Uniti, Canada, Australia, Cile, Argentina, Uruguayodall'altra l'Unione Europea e la maggior parte dei paesi in via di sviluppo.

Trattare ed approfondire il tema della tecnologia applicata agli organismi viventi (Biotecnologie) significa, per noi, documentarci su di un fenomeno sempre più attuale; su di un sistema capace di influenzare il modo di alimentarci, di curarci, di spendere denaro, di lavorare e di decidere,sulla nostra pelle e volutamente in sordina, sul destino del mondo.

Un grosso limite alla discussione è rappresentato dalla difficile diffusione delle informazioni critiche sulla materia e la conseguente difficile interpretazione del fenomeno biotech, condizione imposta dal prevalere del pensiero dominante che, attraverso i canali massmediatici, ne veicola un immagine per lo più positiva e tranquillizante. Ciò è necessario per garantire gli enormi interessi economici e gli investimenti di milioni di dollari del capitalismo mondiale che esprime, in questo campo, sia l'elevata capacità di penetrazione di ogni mercato delle poche multinazionali che lo monopolizzano sia la strategia di imporre una parola d'ordine unica e dai contenuti quanto mai inquietanti: brevettare ogni forma vivente e potenzialmente sfruttabile in termini di profitto.

I messaggi che le multinazionali del settore costantemente divulgano, mostrano le biotecnologie come l'unica "nuova"frontiera della ricerca scientifica capace di risolvere la "piaga"della fame nel mondo, le sorti delle malattie genetiche, l'emergenza causata dallo sfruttamento delle risorse energetiche, il dramma dell'inquinamento ambientaleo..e forse un giorno, perchè no, anche delle calamità naturali. Dimenticano, guarda caso, di descriverci le possibili conseguenze che la manipolazione e lo sfruttamento del genoma  di esseri viventi può avere. Tengono ben nascosta la devastante capacità di sfruttamento/controllo di territori, popolazioni e forza lavoro che il monopolio del mercato sta già producendo.

Fortunatamente qualcuno è ancora in grado di sviluppare autonomamente un pensiero critico su quello che quotidianamente viene sfornato dai laboratori di ricerca con il nome di organismi geneticamente modificati, nonostante la barriera costituita dalla specializzazione delle conoscenze tecnologiche, patrimonio di pochi.

Questo dossier non ha la pretesa di esaurire l'analisi del fenomeno "biotecnologie"ma, contenendo una raccolta critica di dati ed interpretazioni, ha come fine ultimo quello di stimolare il dibattito sulle biotecnologie e la qualità della vita anche sul nostro territorio; tematica a nostro avviso bisognosa di approfondimenti e ricca di spunti per un più ampio confronto sulla trasformazione dell'esistente.

 

 COSA SONO LE BIOTECNOLOGIE

Le biotecnologie vengono definite come: "le tecniche che impiegano materiale biologico (cioè vivente) per ottenere prodotti utili" .

La gran parte dei libri e delle riviste che trattano questo argomento si affannano a dimostrare quanto l'utilizzo di queste tecniche sia in linea con l'evoluzione dell'uomo nel suo utilizzo (e sfruttamento) della natura.

Ma i paragoni portati avanti con le pratiche di selezione delle piante migliori o i tentativi di ottenere animali più produttivi tramite incroci selezionati sono del tutto differenti dagli esperimenti di ingegneria genetica ideati per ottenere la modifica dell'identità stessa di un organismo vivente; infatti mentre i primi utilizzano, (accelerandoli artificialmente) processi naturali come l'impollinazione o la fecondazione, i secondi utilizzano le tecnologie dell'ingegneria genetica per rendere attuabili processi impossibili in  natura, come il caso della pecora Tracy (una "invenzione biotecnologica"come la più famosa Dolly) nel cui latte è  presente una proteina (l'alfa-1-antitripsina) procedimento prima d'ora impossibile.

I principali, e più redditizi, campi di applicazione delle biotecnologie sono diversi, tutti legati alla produzione di beni materiali commerciabili: l'agricoltura, la zootecnia (il campo della "produzione"animale) e la medicina.

 

INGEGNERIA GENETICA

Le tecnologie dell'ingegneria genetica si basano sull'introduzione di informazioni estranee in quello che si può definire il deposito di tutte le informazioni utili alla formazione delle strutture viventi: la molecola del DNA.

Il DNA è contenuto all'interno del nucleo di ogni cellula (tutte le piante e tutti gli animali sono formati da milioni di cellule); durante la fase riproduttiva il DNA si trova nella forma compattata detta cromosoma. Le cellule contengono, di solito, una doppia serie di cromosomi: una è ereditata dal padre e l'altra dalla madre.

I due gruppi di cromosomi parentali si uniscono quando lo sperma feconda l'ovulo (negli animali) o il polline feconda l'uovo (per le piante): così si forma il corredo cromosomico della prima cellula embrionale che, poi, continuerà a dividersi per formare un nuovo individuo. Il materiale genetico ereditato dai genitori, portato nei cromosomi, sarà perciò identico in ogni cellula del nuovo organismo.

Il DNA è  quindi costituito da un enorme numero di informazioni ed è suddiviso in porzioni denominate geni; ogni gene è portatore di una o più informazioni (si parla infatti di informazione genetica). L'introduzione di informazioni estranee avviene tramite l'aggiunta al DNA "ospite"proveniente da geni estranei.

Ogni gene fornisce alle strutture viventi le informazioni necessarie per produrre una combinazione specifica di molecole chiamate amminoacidi; questo processo viene definito espressione genica. Gli amminoacidi sono 21, e come le lettere dell'alfabeto si possono combinare tra loro formando innumerevoli parole; una "parola"formata di amminoacidi costituisce una proteina. Le proteine sono utilizzate dall'organismo per portare avanti processi fondamentali per la vita, ad esempio l'emoglobina è la proteina che rende possibile l'utilizzo dell'ossigeno per la respirazione.

Il DNA è spesso descritto come un progetto che definisce la struttura ed il funzionamento dell'organismo, secondo questa semplificazione ogni gene "costruisce" una particolare proteina; ad esempio il gene dell'insulina è quel "pezzo" di DNA responsabile della produzione dell'insulina. "Secondo questa concezione, l'organismo è come una macchina e la sua fisiologia praticamente come una serie di processi industriali" .

In realtà, i geni e la loro azione sono molto difficili da definire ed il loro funzionamento può essere compreso solo nel contesto in cui operano: l'organismo vivente. Nessun gene lavora da solo, i geni sono piuttosto sequenze di DNA che funzionano in reti complesse, regolate in modo rigoroso per permettere ai processi biologici di avvenire nel posto giusto ed al momento giusto.

Questa fitta rete viene regolata ed influenzata dai fattori ambientali in una rete di interazioni complesse che si sono sviluppate in milioni di anni. Secondo Barbara Mc Clintok, premio Nobel 1983 per il suo lavoro pioneristico nel campo della genetica, il funzionamento dei geni "è totalmente dipendente dall'ambiente in cui vengono a trovarsi" .

 

Come funziona L'INGEGNERIA GENETICA?

Nelle forme tradizionali di incrocio, le diverse varietà vegetali e le razze animali vengono ottenute mediante un processo di selezione che utilizza l'enorme diversità di caratteristiche genetiche prodotta dai meccanismi di evoluzione naturale in miliardi di anni e rappresentata dalla varietà di specie, animali e vegetali, presenti sul pianeta.

In natura, gli incroci tra organismi avvengono entro i limiti della specie: ad esempio, una rosa rossa può incrociarsi con una rosa gialla, ma una rosa non potrà mai incrociarsi con un ratto. Quando specie affini ma diverse riescono ad incrociarsi, di solito la prole è sterile. Ad esempio, un cavallo può accoppiarsi con un asino ma l'organismo prodotto, il mulo, è sterile. Queste barriere sono essenziali per l'integrità delle specie. L'ingegneria genetica, a differenza dei sistemi tradizionali di incrocio, prevede invece l'inserimento dei geni appartenenti ad una specie nel corredo genetico di un'altra, allo scopo di trasferire le caratteristiche desiderate. Per esempio, si può selezionare il gene di un pesce artico che produce una sostanza anticongelante e trasferirlo in un pomodoro o in una fragola per renderli resistenti al congelamento. Oggi, gli scienziati possono introdurre nelle piante geni presi da batteri, virus, insetti, animali e persino esseri umani.

Ci sono numerose tecniche a disposizione dell'ingegneria genetica. Certe proteine, gli enzimi "di restrizione", funzionano come forbici e sono usate per tagliare pezzi di DNA in punti specifici e, dunque, per selezionare i geni prescelti. Questi geni sono poi di solito inseriti in molecole circolari di DNA, i plasmidi, che si trovano nei batteri. Questi si riproducono rapidamente, moltiplicando anche il numero dei plasmidi ospiti ed in poco tempo si possono avere migliaia di copie identiche (cloni) del "nuovo" gene, cioè del gene che si vuole trasferire.

Per inserire (transgenesi) il nuovo gene nel DNA di una pianta ci sono due metodi principali:

Metodo dell'Agrobacterium: il gene viene inserito in un pezzo di DNA preso da un virus o da un batterio. Si creano cos" numerose copie di un "vettore" capace di penetrare nel nucleo della cellula "ospite"(ad es. in cellule di pomodoro). Il metodo prende il nome dall'utilizzo dell'Agrobacterium tumefaciens dove il vettore viene inserito nel batterio che, durante il normale processo di infezione, permette l'inserimento del nuovo gene nel DNA di un pianta "ospite"(ad esempio una pianta di tabacco) e ne stimola l'espressione.

Metodo del cannone: si incollano su microscopiche sferette d'oro tantissime copie del gene da trasferire. Le sferette sono poi letteralmente sparate con uno speciale "fucile" su uno strato di cellule della pianta da modificare. Per caso, alcuni di questi proiettili riusciranno a "colpire" il nucleo delle cellule, ed il gene verrà poi integrato, a caso, nel DNA della pianta.

Per gli animali si usa la tecnica della microiniezione: nelle uova fecondate si iniettano copie del nuovo gene sperando che almeno una copia del "nuovo" gene si integri nel DNA animale.

Queste tecniche di trasferimento hanno una bassissima percentuale di successo, per questo motivo uno strumento molto utilizzato dall'ingegneria genetica è quello dei "geni marcatori" che sono posizionati vicino al nuovo gene che viene introdotto. Il gene marcatore è spesso un gene che fornisce resistenza agli antibiotici, che sono sostanze che uccidono le cellule. Per sapere se il trasferimento ha effettivamente avuto luogo le cellule in cui si spera sia stato inserito il nuovo gene vengono esposte all'azione dell'antibiotico: le cellule che sopravvivono, grazie alla presenza del gene marcatore, dovrebbero contenere anche il nuovo gene; da queste cellule, forse, verrà il "nuovo" organismo transgenico.

Per avere un esempio della percentuale di successo di tali tecniche basta ricordare il caso della pecora Tracy citato in principio. Gli scienziati della Pharmaceutical proteins Ltd, "inventrice"di Tracy, hanno manipolato 550 ovuli di pecora con DNA estraneo, di cui ne sono sopravvissuti 499; quandi questi ovuli sono stati impiantati nell'utero delle madri surrogate sono nati solo 112 agnelli di cui solo 5 avevano incorporato il gene umano dell'alfa-1-antitripsina nel loro DNA. Di questi 5 solo 3 hanno prodotto, nel loro latte, la proteina desiderata.

Dai 550 ovuli è nata solo una pecora capace di produrre l'alfa-1-antitripsina in quantità economicamente vantaggiosa: 30 grammi di proteina per litro di latte.

 

Un breve accenno sulle possibili conseguenze, impreviste, dell'ingegneria genetica.

Sappiamo poco di come sia regolata l'attività dei geni. Ogni modifica del DNA di un organismo potrebbe per quel che ne sappiamo avere effetti a catena, impossibili da prevedere e da controllare.

L'inserimento di un gene estraneo può distruggere il delicato equilibrio che regola l'interazione tra i geni, e tra i geni ed i fattori esterni. Il nuovo gene potrebbe, ad esempio, alterare reazioni chimiche che avvengono nella cellula o disturbare le funzioni cellulari. Ciò potrebbe produrre conseguenze impreviste come la creazione di nuove tossine o allergeni (molecole che provocano allergie) o cambiare il valore nutritivo dell'organismo in questione .

Bisogna anche considerare che per far funzionare il nuovo gene nella cellula ospite, si inserisce nelle sue vicinanze un "interruttore" (promoter), cioè un pezzo di DNA preso da un virus o da un batterio, che attiva il gene che gli sta vicino. Questi "promoter", che spesso forzano i geni ad essere produttivi da 10 a 1000 volte più del normale, possono influenzare altri geni vicini, ad esempio attivandoli o alterandone l'attività . Il "promoter" potrebbe, ad esempio, stimolare una pianta a produrre livelli superiori alla norma di una sostanza che a basse concentrazioni è innocua ma che diventa pericolosa se presente in maggior quantità. E' ciò che è stato osservato in un lievito (un microorganismo) che era stato geneticamente manipolato per aumentarne le capacità di fermentazione: è stata riscontrata la produzione di una molecola chiamata metil-glioxal, a concentrazioni tali da avere effetti tossici e cancerogeni .

 

I CAMPI DI APPLICAZIONE DELLA PRODUZIONE DI O.G.M.

La ricerca biotecnologica, come tutte le altre, è nata in ambiente universitario inizialmente come ricerca "pura", e cioè non finalizzata ad altro scopo che la conoscenza dei meccanismi di riproduzione e trasmissione dell'informazione genetica negli esseri viventi. Presto, avendone intravisto precocemente le potenzialità, diverse multinazionali hanno incominciato a stimolare questo tipo di ricerca tramite il finanziamento di quegli studi direttamente applicabili alla produzione.

Un esempio della lungimiranza delle multinazionali è sicuramente costituito dalla politica commerciale della Monsanto (vedi il dossier The Monsanto files) che, sfruttando le ricerche pure finanziate con il denaro pubblico, è divenuta in breve tempo una delle aziende leader nel settore della produzione agricola di organismi geneticamente modificati (OGM); uno dei prodotti che ha permesso questa ascesa nel panorama commerciale prima americano e poi mondiale è rappresentato dalle piante Round-up ready (come cotone, soia, mais) che sono state modificate per resistere all'erbicida Round-up, riuscendo ad ottenere in questo modo l'eliminazione di tutte le altre specie vegetali presenti nel campo tramite l'utilizzo massiccio dell'erbicida. Ovviamente la Monsanto è la produttrice esclusiva del Round-up.

Le industrie zootecniche, i cui "prodotti"sono gli animali ed i loro derivati, si sono avvantaggiate dall'introduzione, all'interno di ovuli bovini appena fecondati, dei geni che regolano la produzione dell'ormone somatotropo (l'ormone responsabile della crescita). La produzione anomala di questo ormone all'interno delle vacche transgeniche prodotte da tale tecnologia le ha rese più grosse ed ha fatto in modo che producessero più latte. La produzione di animali geneticamente modificati non si ferma qui: nell'università di Cambridge due ricercatori sono riusciti a produrre maiali transgenici i cui organi interni sono stati resi compatibili con l'organismo umano, possono così essere utilizzati come "serbatoi viventi"per trapianti (di fegato, cuore, reni) senza rischio di rigetto.

Uno dei settori industriali che si avvalgono delle tecnologie dell'ingegneria genetica maggiormente in espansione è sicuramente la trasformazione di organismi (principalmente batteri, ma anche animali e vegetali) in "fabbriche viventi", ottenuta introducendo nel loro DNA l'informazione genetica necessaria alla produzione di sostanze utili e commerciabili. Alcuni dei numerosi esempi sono: le piante di vite che producono olii animali utilizzabili nella produzione della margarina; il toro "nato"in Olanda con l'informazione per produrre la lattoferrina umana (una proteina che trasporta il ferro) ottenibile dal latte della sua progenie femminile; la capra prodotta in America il cui latte contiene una proteina (la T-PA) utilizzata nella terapia dell'infarto e Tracy, la pecora transgenica, definita dagli stessi ricercatori un "bioreattore cellulare mammifero".

Un caso a parte è costituito dall'utilizzo dei batteri, organismi da cui si possono ottenere solo sostanze relativamente semplici ma utilizzabili (per le dimensioni e l'elevato tasso di crescita) facilmente e con grande profitto. Il numero e la quantità di sostanze prodotte da questi OGM è vastissimo e rappresenta per le industrie che le producono una vera miniera; come esempio ricordiamo la prima proteina di mammifero prodotta da un batterio, la somatostatina (uno degli ormoni responsabile della regolazione della crescita) e la prima proteina di grande interesse commerciale: l'insulina.

Nel campo medico, oltre alla produzione di sostanze farmacologiche, l'ingegneria genetica offre alcune tecniche utilizzabili per curare le malattie genetiche (ad esempio l'anemia mediterranea). L'insieme di queste tecniche prende il nome di Terapia Genica e sono attuate sostituendo i geni difettosi individuati come i responsabili della malattia. La notizia, trasmessa il 3 febbraio c.a. dal Tg1, della morte di un giovane americano sottoposto in via sperimentale ad una forma di terapia genica per una malattia genetica, rende necessaria l'analisi critica degli effetti potenziali di queste tecniche.  Settembre '99, università della Pennsylvania, il giovane  nel giro di poche ore dopo la trasfusione del sangue contenente il carrier virale del tratto di DNA manipolato, ha avuto un rigetto con blocco funzionale multiorgano che ne ha determinato la morte. Per la stampa americana si tratta della prima vittima della medicina biotecnologia, la commissione del senato americano e la Food and Drug Administration (FDA) hanno aperto inchieste al riguardo e molti test clinici sono stati sospesi : "c'è poca trasparenza nei loro protocolli, molti test hanno passato la fase di sperimentazione su cavie animali ma stentano a dare risultati positivi sull'uomo, o..ci servono regole più severe"(Bill Frist ñ capo della commissione del senato americano).

    

I BREVETTI, lo strumento dello sfruttamento

 

Nei primi anni della ricerca biotecnologica lo strumento individuato dai ricercatori, prevalentemente americani e giapponesi, per rendere le loro "scoperte"sfruttabili economicamente (e l'unico mezzo per convincere le multinazionali, inizialmente reticenti, a sponsorizzare le ricerche stesse) è stato quello del brevetto. Da allora è divenuta di uso comune la brevettazione di ogni tipo di scoperta da parte di ricercatori universitari e non, con il conseguente costituirsi di una miriade di piccole società nate con l'unico intento di sfruttare commercialmente un singolo brevetto; dopo aver dimostrato, con un breve periodo di produzione, la reale utilizzabilità industriale del brevetto il destino di queste società è stato quello di essere riassorbite dalle poche e grandi multinazionali.

Il primo brevetto richiesto per un batterio geneticamente modificato risale al 1971: un dipendente della General Electrics, Anand Chakravarty, chiede all'ufficio brevetti americano (lo U.S. Patent Office) il diritto di utilizzare in esclusiva ai fini commerciali un batterio capace, in laboratorio, di biodegradare il petrolio (chi ha mai sentito i telegiornali parlare del suo utilizzo?) che considera sua invenzione. Il processo che ha condotto a questa "invenzione"è stato così definito dall'autore: "ho semplicemente mescolato dei geni, modificando dei batteri che esistevano già" .

In principio il bervetto viene negato con la motivazione che le forme di vita sono "prodotti di natura". Nel 1980 la Corte Suprema degli Stati Uniti scavalca questa decisione poichè "la distinzione rilevante ai fini della brevettabilità non è se un oggetto sia vivente o inanimato, ma piuttosto se un prodotto vivente sia considerabile o meno un'invenzione".

Questa decisione, per prima, sovverte i criteri stabiliti per la brevettabilità (originalità, innovazione, riproducibilità su larga scala), ovvero stabilisce per la prima volta che la semplice modifica di processi preesistenti (i processi riproduttivi dei viventi) può essere considerata "creazione", e le multinazionali le nuove divinità.

 

LE BIOTECNOLOGIE E LA RICERCA

 

La ricerca biotecnologica è esemplificativa di un nuovo modello ed una nuova organizzazione della ricerca scientifica.

Al momento, le biotecnologie rappresentano un investimento molto costoso e non immediatamente remunerativo  e che, pertanto, non può essere sostenuto da piccole aziende. Si è visto però che le aziende che investono in questo settore o che solo promettono di investirvi hanno immediatamente avuto un enorme successo in Borsa. Pur essendo un settore estremamente articolato, molte delle società che lavorano in questo settore sono interne a gruppi multinazionali, che hanno a disposizione ingenti capitali e che possono quindi permettersi di fare investimenti a lungo termine. Si assiste così alla formazione di grandi colossi industriali, dotati non solo di un grande potere economico, ma anche di una crescente capacità di indicare le priorità della ricerca biologica applicata, privilegiando, ovviamente, il profitto rispetto all'interesse collettivo.

La ricerca viene così a svolgersi soprattutto nelle grandi industrie ed in piccolissima parte viene finanziata la ricerca svolta dalle università, che si limitano a fornire la formazione di base.

L'organizzazione della ricerca è per lo più basata su strutture pubblico-private che hanno come modello quello della produzione industria, dove strategia, programmazione della ricerca, definizione degli obiettivi e delle finalità sono puramente produttivi, ma il  prodotto-merce  è comunque la conoscenza.

Si affermano quindi scienziati-manager che avviano il programma di ricerca e al tempo stesso si preoccupano di reperire i fondi di finanziamento attivando canali diversi (pubblico, privato, fondazioni). Anche i programmi di ricerca quindi sono scelti e articolati con l'obiettivo principale di una migliore commercializzazione del risultato della ricerca; è qui che si stabiliscono relazioni che attraversano pubblico e privato, realtà aziendali, soggetti occupati nella ricerca dalla collocazione flessibile (borse di studio, dottorati, contratti di ricerca a termine, etc.).

Il risultato della ricerca deve, contemporaneamente, essere prodotto commerciabile, perchè sia finanziata la sua produzione, e prodotto conoscitivo, anche se con caratteristiche di immediata applicabilità e condizionato dal criterio di utilità.

La produzione peculiare di queste strutture, che è comunque la conoscenza, garantisce anche un impatto mass-mediatico non trascurabile: in Italia, come in Francia, assistiamo periodicamente a massiccie maratone televisive che raccolgono miliardi, offerti anche da gente comune, per realizzare istituti di ricerca genetica al fine di garantire "l'avanzamento conoscitivo"e la "soluzione"di tutti i mali del mondo. Il caso della T-gen ( progetto di ricerca sulle malattie genetiche), finanziata con i soldi di Telethon, è emblematico: in meno di 24 ore è possibile raccogliere decine di miliardi da investire massicciamente nella "produzione di conoscenza", mentre lo Stato taglia sempre più i finanziamenti per la ricerca alle Università.

Le leggi del mondo economico penetrano ancora di più all'interno del metodo scientifico stesso; nella ricerca biotecnologica, come nella ricerca ad alta tecnologia (hi-tech) è sempre più diffuso un "atteggiamento proprietario"rispetto ai risultati della ricerca che si realizza con la brevettazione del prodotto scientifico.

I laboratori di ricerca, ma anche i singoli ricercatori, bloccano temporaneamente o definitivamente la circolazione di informazioni sullo stato delle ricerche per evitare che altri sfruttino economicamente i risultati ottenuti. Se da un lato questo pone un serio problema di controllo sulla ricerca che si realizza, dall'altro determina un progressivo snaturamento dei meccanismi tradizionali della ricerca scientifica basati sulla socializzazione delle scoperte o dei semplici progressi nella ricerca all'interno della comunità scientifica e sulla interdisciplinarietà.

Con il prodotto-brevetto da mettere a punto in tempi record si elimina definitivamente la possibiltà di una elaborazione ed una sperimentazione accurata del risultato scientifico.

Con l'affermarsi dell' "atteggiamento proprietario", e quindi della segretezza delle ricerche, si va irrimediabilmente a negare il meccanismo di comunicazione, socializzazione e rielaborazione del risultato scientifico. Diminuisce la varietà, nonchè la verificabilità e l'affidabilità di progetti di ricerca.

Inoltre gli stessi ricercatori, in questo contesto, possono intraprendere percorsi imprenditoriali, commercializzando i loro risultati scientifici. Ad esempio la Genetech, forse la prima e più grande industria biotecnologica americana, è stata fondata dai due ricercatori americani che avevano messo a punto la tecnologia del DNA ricombinante.

Si afferma quindi un modello di ricerca scientifica  in cui un ricercatore-manager coordina il lavoro e ciascun ricercatore svolge una piccolissima parte di una ricerca più ampia, senza sapere il lavoro svolto dagli altri nell'ambito della stessa collaborazione. Si assiste ad una parcellizzazione della produzione scientifica in cui il ricercatore, degradato a tecnico, non ha nè la visione complessiva nè il controllo del suo prodotto.

 

RISCHI ED EFFETTI

 

L'ingresso e l'utilizzo in Italia di prodotti derivanti da organismi modificati geneticamente è già all'ordine del giorno, ma troppo poco si parla dei rischi e degli effetti che potrà provocare l'uso sempre più massiccio di tali tecniche. Soprattutto i tempi dei tests sperimentali per verificare gli eventuali pericoli di questi organismi sono molto brevi e quindi se non ci sarà un forte movimento di opposizione, nelle nostre campagne, tra poco, potremmo veder comparire queste nuove creature. Già 60 milioni di ettari sono coltivati nel mondo con sementi transgeniche: in Europa, per ora, è stata consentita la coltivazione solo di 9 prodotti transgenici, tra cui mais e soia, per ora solo in fase sperimentale. Tuttavia molti cibi transgenici arrivano dai paesi produttori (USA, Canada, Argentina e, tra breve, Cina). Ma quali sono i rischi cui andiamo incontro?

1) Sviluppo di nuove allergie - Le multinazionali del settore ci hanno a lungo rassicurato sui rischi, sostenendo che non si può avere una risposta allergica trapiantando un unico gene. Purtroppo, malgrado il carattere recente di questi studi, questa teoria è già stata contraddetta dai fatti. Nel 1989 nel New Mexico (USA) alcune persone sono state colpite da dolori muscolari, ulcere, affanno, infezioni. Dopo aver effettuato accertamenti, si è visto che questi problemi erano causati da una quantità altissima di eosinofili nel sangue. Gli eosinofili sono una varietà di globuli bianchi prodotti per resistere ad alcune infezioni. Ebbene, si è scoperto che tutte le persone colpite da questi strani sintomi avevano assunto del triptofano, un amminoacido prodotto da organismi geneticamente modificati (OGM), e che i vettori batterici producenti triptofano venivano riconosciuti come estranei dagli eosinofili e distrutti, provocando così un aumento enorme dei globuli bianchi. Il triptofano è ampiamente usato negli USA per le sue qualità antidepressive e contro i disturbi del sonno e viene prescritto molto facilmente. La malattia derivante dall'assunzione di questo triptofano proveniente da OGM è stata denominata Sindrome Mialgica Eosinofila (EMS) ed ha già provocato 38 morti e 1580 casi di infezione ufficialmente accertati. La causa di questa malattia non è da addebitarsi al triptofano in sé, ma all'amminoacido manipolato geneticamente da una ditta giapponese.

Un altro caso si è verificato sempre negli USA: la società Pioneer, prima compagnia mondiale nella produzione di semi, ha prodotto una soia più ricca di metionina (amminoacido essenziale che il nostro organismo non sa produrre) grazie ad un gene proveniente dalla noce brasiliana. Gli esperimenti di laboratorio, finalizzati proprio a valutare la possibile insorgenza di nuove allergie, avevano tutti dato esito negativo.

L'inaffidabilità di queste procedure è stata svelata da un test semplice e poco costoso, che evidentemente la Pioneer, che ha investito miliardi nel progetto, non voleva fare. Infatti, la noce brasiliana è nota per la sua forte potenzialità allergenica, il che significa che molte persone sono allergiche alla noce brasiliana. Non è stato difficile raccogliere campioni di sangue di soggetti allergici, estrarne il siero e fare un test allergologico con la soia manipolata da Pioneer. In breve, ci si è accorti che persone allergiche alla noce brasiliana, ma non alla soia normale, erano allergiche anche alla soia manipolata della Pioneer, la cui commercializzazione è stata bloccata per un pelo. Senza questi esperimenti, avremmo tutti rischiato di mangiare qualcosa di pericoloso.

Questo esempio non solo dimostra che i test indiretti sono inaffidabili, ma fa sorgere un problema non risolvibile sulle procedure di valutazione del rischio allergico degli alimenti GM. Infatti, non abbiamo il siero di persone allergiche allo scarafaggio, allo scorpione, alla petunia o alle meduse: nessuno mangia questi organismi e tanti altri di quelli di cui fa uso l'ingegneria genetica. Con la noce brasiliana è andata bene. Ma che fare con tutto il resto? La maggior parte degli organismi geneticamente manipolati non può che essere sottoposta  a test di tipo indiretto, di cui abbiamo già esposto i limiti.

Come possiamo allora essere sicuri dell'affidabilità degli alimenti GM?

Come possiamo escludere che essi possano causare allergie?

Semplicemente, non possiamo. Noi tutti saremo, nostro malgrado, la cavia di un esperimento i cui risultati sono imprevedibili e probabilmente irreversibili. Anzi, lo siamo già, visto che gli alimenti GM sono già sui nostri mercati. Ogni giorno si scoprono nuove allergie a nuovi prodotti e si conosce relativamente poco di queste patologie e delle cause scatenanti. Sarebbe, quindi, opportuno non aumentare inutilmente i rischi.

2) Inquinamento genetico - Un altro rischio concreto è che alcuni organismi geneticamente modificati  sfuggano alle coltivazioni o agli allevamenti, anche in fase sperimentale, e vadano ad incrociarsi con le popolazioni naturali.

E' stato verificato che i geni "trapiantati"possono velocemente passare dalla pianta di colza GM a piante affini, selvatiche e non, per esempio. Ciò vale soprattutto per piante che hanno in natura dei parenti stretti, giacchè il loro polline può incrociarsi con le specie affini coltivate o con parenti  selvatiche.

Contaminazioni e inquinamento di ecosistemi esistono già, i salmoni, per esempio, nel cui DNA è stato inserito un gene dell'ormone della crescita con un "interruttore"genetico che serve a renderlo più produttivo del normale. Questo salmone cresce in lunghezza nel primo anno di vita fino a 50 volte più del normale e pesa in media 5 volte di più. L'impatto di un tale super-salmone sugli ecosistemi naturali è potenzialmente disastroso, giacchè per poter crescere tanto devono anche nutrirsi in maniera diversa e molti possono essere i mosaici genetici derivanti da incroci con pesci naturali. L'ipotesi che tali salmoni raggiungano l'ambiente naturale esterno agli allevamenti non è remota giacché, secondo una ricerca norvegese, i salmoni scappati da allevamenti rappresentano ormai la maggioranza rispetto a quelli selvatici. Mosche, zanzare, vermi sono ormai stati prodotti in laboratorio per diversi scopi e, una volta immessi in natura, saranno impossibili da controllare. Inoltre si sta sperimentando in campo l'uso di batteri GM e già si è verificato che tali microrganismi si diffondono per circa due ettari intorno al luogo d'immissione. Gli OGM, dunque, possono andare a danneggiare irreparabilmente molti ecosistemi naturali già tanto colpiti dall'irrazionale "sviluppo"delle tecnologie umane.

3) Aumento dell'uso degli erbicidi ñ Abbiamo già accennato all'"invenzione"da parte della Monsanto della Soia RR (Roundup Ready), cioè di una soia modificata geneticamente in modo da resistere all'erbicida Roundup (prodotto dalla stessa Monsanto) il cui principio attivo è il Glifosato. Gli erbicidi a base di glifosato sono i più utilizzati in agricoltura, perchè sono a largo spettro d'azione, cioè agiscono su tutti i tipi di piante, siano esse erbacee o arboree, mentre non interagiscono direttamente con il metabolismo degli animali superiori. L'americana Monsanto detiene circa il 95% del mercato totale del glifosato, pari a circa il 60% del mercato globale degli erbicidi non selettivi (dati del 1994). Ma il brevetto per la produzione del glifosato è cessato in Europa nel 1994, mentre negli USA nel 2000. Per far fronte alla concorrenza, dunque, la Monsanto negli ultimi 5 anni ha dimezzato il prezzo di vendita del glifosato ed ha investito in tutto il mondo nella costruzione di impianti per la sua produzione. Contemporaneamente la Monsanto ha brevettato la Soia RR (il brevetto scade nel 2111) assicurandosi così guadagni certi per i prossimi 100 anni!! Oltre alla soia RR la Monsanto sta mettendo a punto anche 2 tipi di rape RR (per la produzione di olii di semi), un tipo di barbabietola da zucchero RR, uno di cotone RR ed uno di mais RR. E poi ci vengono a dire che le piante transgeniche sono buone perchè faranno ridurre l'uso di sostanze chimiche dannose per l'ambiente!

   Il glifosato, stando a questi dati, sarà invece sempre più utilizzato nelle coltivazioni. Ma è davvero sicuro per la salute umana? Non ne siamo tanto certi.

   Se è vero infatti che il glifosato non interagisce direttamente con il metabolismo di uccelli e mammiferi, può però essere tossico per batteri e funghi, oltre che per tutti i tipi di piante, e giacchè resiste a lungo nel terreno e può essere trasportato dalle acque superficiali, è nocivo per gli ecosistemi naturali nel loro insieme, poichè riduce le risorse alimentari degli animali che li popolano. Inoltre è stata verificata la sua tossicità anche per alcuni invertebrati terrestri, oltre che per alcuni pesci ed invertebrati acquatici.

 

Sviluppo di resistenza agli erbicidi

Generalmente, l'utilizzo ripetuto di uno stesso pesticida o di diversi tipi con eguale principio attivo, e' considerata una cattiva pratica agricola in quanto può' portare al naturale isolamento di esemplari di infestanti resistenti che possono poi espandersi vanificando l'intervento di controllo.

Questo fenomeno e' già in atto tanto che il numero delle specie di organismi infestanti e' in continuo aumento e diffusione. Secondo alcuni ricercatori e' necessario cambiare radicalmente le scelte di gestione per il loro controllo e l'immissione di specie resistenti agli erbicidi porterà solo ad un'esacerbazione di questo problema.

Le caratteristiche che in un erbicida possono favorire l'isolamento di linee resistenti sono cosi' riassumibili:

a) un singolo sito bersaglio di azione b) largo spettro di azione c) lunga permanenza nel suolo dopo il trattamento ed azioni di controllo delle infestanti nel corso della stagione o applicazioni frequenti nel corso dell'anno d) applicazioni frequenti nel corso di diverse stagioni agricole in assenza di rotazioni o combinate con altri erbicidi.

   Il glifosato possiede tre delle quattro caratteristiche in quanto e' a largo spettro di azione, viene utilizzato più volte nel corso dell'anno e per più anni consecutivi. Ciò' ha portato all'indicazione di primi casi di resistenza a questo erbicida prima sconosciuti.

   Cio' sembra essere accaduto loglio annuale coltivato in Australia. Comunque, esistono evidenze circa segnali di resistenza da parte loglio e della gramigna anche in Gran Bretagna che sembrano derivare dall'uso continuato dei pesticidi. Anche il convolvolo selvatico, specie piuttosto comune in Inghilterra, ha mostrato resistenza al glifosato.

   Generalmente la resistenza cresce ad ogni ciclo di applicazione, con conseguente diminuzione di efficacia da parte del pesticida utilizzato. Non e' ancora tuttavia chiaro se ciò' dipende dall'utilizzo di dosi inferiori a quelle suggerite o dall'intervento di altri meccanismi.

E' verosimile attendersi un aumento della resistenza ai pesticidi nel momento in cui piante resistenti prenderanno l'avvento nelle coltivazioni ed a ciò coseguirà, ovviamente, un aumento costante e progressivo dell'utilizzo di pesticidi.

 

Il trasferimento dei geni resistenti

Uno dei pericoli maggiori nell'utilizzo di piante resistenti e' dato dalla possibilità che le caratteristiche di resistenza possano essere veicolate ad altre specie selvatiche o ad altre piante infestanti. Ciò' può' avvenire attraverso la dispersione del polline o per mezzo di vettori quali virus o nematodi. La probabilità che ciò' avvenga dipende dagli equilibri ecologici che governano l'area interessata alla coltivazione, anche se, genericamente parlando, dovrebbe essere meno probabile nella soia che in coltivazioni di mais, di brassicacee o di avena.

In Giappone, tuttavia, il Glycine max, la specie di soia coltivata, sembra derivi direttamente dalla maggiore infestante di questa coltura, il Glycine soya, e che esistano molte varietà di soia derivanti dall'ibridamento delle due specie soprattutto dove gli areali di distribuzione si sovrappongono.

Anche se la specie coltivata si autoimpollina, non si può' escludere che parte del polline possa essere trasportato attraverso gli impollinatori sulle specie selvatiche o addirittura su quelle infestanti.

Un naturale ibridamento tra le due specie e' stato descritto negli USA. E' evidente, quindi che il passaggio del gene per la resistenza della soia RR a specie infestanti di soia potrebbe rappresentare un enorme problema per le coltivazioni giapponesi ed ovunque in Asia esistano condizioni simili. Inoltre durante il trasporto di semi di soia modificata inevitabilmente alcuni di questi potranno perdersi e finire sul suolo. Nelle regioni più calde, come il sud Europa, la soia potrà crescere e riprodursi. Ma su queste tematiche la ricerca non fa esperimenti.

 

4) Perdita della Biodiversità ed aumento della fame nel mondo ñ L'uso di piante ed animali transgenici viene in genere propagandato come rimedio sicuro per risolvere il problema della fame nel mondo. Questa propaganda ha, purtroppo, il sapore del déjà vu: circa mezzo secolo fa istituti di ricerca occidentali (come la Fondazione Rockefeller, la Ford Foundation e la Kellogg) e compagnie multinazionali (Shell, Sandoz, Ciba Geigy, Cargill) promettevano una soluzione rapida e tutta tecnologica al problema della fame. Allora l'asso nella manica non si chiamava DNA ricombinante ma Rivoluzione Verde. Agli inizi degli anni '50 infatti, con l'obiettivo dichiarato di eliminare la fame nel mondo, si moltiplicò enormemente la produzione di cibo grazie all'uso di nuove varietà di piante, ibridate e migliorate per incroci selettivi, a più alto rendimento ma che necessitano di cure maggiori (insetticidi, concimi chimici, maggiori irrigazioni). Una delle conseguenze derivanti da questo processo è stata la progressiva e rapida perdita dell'autosufficienza alimentare da parte di paesi cosiddetti in via di sviluppo. Dunque ad un iniziale aumento della produzione agricola mondiale è seguito un peggioramento delle condizioni di vita di intere popolazioni. Ciò si spiega perchè tali produzioni agricole erano (e sono tutt'ora) destinate per lo più  all'esportazione sui mercati esteri o nei centri urbani. Dunque, a scapito delle coltivazioni tradizionali, sono state introdotte specie utilizzabili solo nei paesi industrializzati o solo dopo una lavorazione industriale su larga scala. Si pensi al caffé, al té, a tutte le specie oleaginose, al cotone, al latte, alla soia o in Brasile, ad esempio, l'introduzione della coltura della soia, diffusa rapidamente in molte regioni ad opera di un ristretto numero di imprese multinazionali, ha fatto diventare il paese il secondo esportatore mondiale, ma ha causato gravi carenze alimentari e rivolte per fame in tutte le aree dove aveva soppiantato cereali e legumi coltivati tradizionalmente. In altri paesi l'aumento delle produzioni si è verificato in larga misura nei latifondi e nelle aziende agricole più grandi, capaci di affrontare la spesa per l'acquisto dei mezzi meccanici, dei fertilizzanti, etc. Ne è derivato un ulteriore impoverimento di ampie fasce di contadini, costretti spesso a cedere ai latifondisti le loro terre  e ad abbandonare le zone rurali.

Oggi, come ieri la Rivoluzione Verde, il nuovo miraggio si chiama Transgenetica. Scrive Vandana Shiva :

Senza dubbio le biotecnologie possono accrescere la produttività di alcune piante di uso agricolo. Tuttavia i poveri e gli affamati sono tali non perchè ci sia troppo poco cibo nel mondo : sono poveri e affamati perché, invariabilmente, non hanno accesso ai mezzi economici per comprare il cibo o coltivarlo da sé, specialmente a causa del fatto che sempre più contadini nei paesi del sud del mondo perdono il possesso delle proprie terre.

Aumentare la produzione agricola lasciando intatte le cause strutturali della povertà e della fame non è una ricetta per nutrire il mondo, ma per continuare ad affamarlo.

Le compagnie che controllano la produzione e la distribuzione mondiale del cibo possono avere bisogno di pomodori quadrati o che non marciscono, ma i piccoli produttori ed i consumatori che cercano verdura fresca no. Loro interesse è, al contrario, incoraggiare il consumo del cibo in luoghi più vicini possibile a quelli di produzione, per dare maggiore controllo del mercato ai consumatori e coltivatori e beneficiare l'ambiente, riducendo l'inquinamento da trasporto.

In seguito alla Rivoluzione Verde si stima che circa l'85% delle varietà vegetali usate fino all'inizio di questo secolo siano oggi praticamente estinte.

La "rivoluzione genetica" ripropone oggi gli stessi errori della "Rivoluzione Verde". Molte delle varietà indigene che gli agricoltori utilizzavano per i propri raccolti sono oramai perdute per sempre ma l'uniformità genetica porta alla vulnerabilità delle colture, poichè la pressione esercitata da parassiti, malattie e infestanti è maggiore nelle aree dov'è coltivata un'unica specie durante tutto l'anno. Una delle cause della carestia della patata irlandese del secolo scorso fu l'uniformità genetica: tutte le patate erano vulnerabili alla stessa malattia. Un sistema agricolo che presenta alta diversità genetica potrà fronteggiare meglio le sfide che provengono da parassiti, malattie o condizioni climatiche che tendono a colpire solo talune varietà.

Sulla biodiversità si basa la sopravvivenza di molte comunità rurali. Ad esempio, la comunità messicana degli indios Huastec ha una sofisticata forma di gestione delle foreste ove coltiva oltre 300 differenti piante in un mosaico di piccoli giardini, campi agricoli e appezzamenti forestali e in un villaggio nel nord-est dell'India sono coltivate fino a 70 differenti varietà di riso. Nel Bengala Occidentale, 124 specie considerate "infestanti", raccolte nei campi di riso, hanno una grossa importanza economica per i contadini di quelle regioni.

Ogni anno si estinguono almeno 30.000 specie viventi . L'introduzione di specie estranee all'ambiente è una delle maggiori cause di dissesto ecologico e riduzione della biodiversità, cioè della diversità delle specie viventi. Negli Stati Uniti il 42% delle specie a rischio di estinzione è minacciata a causa di una specie introdotta, con costi stimati per l'economia statunitense in oltre 220mila miliardi di lire l'anno. Potenzialmente, ogni organismo GM è una "nuova specie" introdotta nell'ecosistema e rischia di compromettere gli equilibri naturali del pianeta.

Anche l'agricoltura ha le sue responsabilità nella perdita di biodiversità che caratterizza questo secolo: la diffusione delle monocolture è stato uno dei principali fattori della riduzione della biodiversità agricola, cioè del numero di varietà utilizzate per produrre cibo. Secondo la FAO, abbiamo perso il 75% delle varietà agricole che avevamo all'inizio di questo secolo.

"Nonostante le biotecnologie abbiano la capacità di creare un'ampia varietà di piante commerciali, la tendenza imposta dalle multinazionali è di creare un ampio mercato internazionale per un singolo prodotto, generando così le condizioni per una uniformità genetica nel panorama rurale". (Miguel Altieri).

Inoltre, come ammette la stessa FAO: "i paesi in via di sviluppo temono che sostanze sintetizzate in laboratorio o prodotte tramite piante transgeniche  possano eliminare dal mercato esportazioni tradizionali come la vaniglia, il piretro, la gomma naturale e l'olio di cocco"che spesso rappresentano l'unico sostegno economico ad intere comunità.

 

5) Resistenza agli insetticidi - Il Bacillus thuringensis, (Bt), è un batterio del suolo che produce una tossina insetticida. E' molto apprezzato dagli agricoltori biologici come un insetticida naturale, efficace e sicuro. Colpisce particolari specie e viene usato in applicazioni occasionali, specialmente nei casi in cui si verifichi una seria infestazione. Adesso però, alcune piante sono state manipolate con il gene della tossina del Bt, cosicchè esse dispongono della capacità di produzione dell'insetticida nel proprio corredo genetico. Nel 1998 queste piante Bt resistenti agli insetti sono state coltivate su 7,7 milioni di ettari di estensione in tutto il mondo.

In marcato contrasto con l'applicazione occasionale della tossina Bt nell'azienda biologica, nelle piante Bt la tossina è prodotta per tutto il tempo della loro crescita. Questo significa che gli insetti sono continuamente esposti alla tossina, e sono perciò nelle condizioni "favorevoli" allo sviluppo di una resistenza all'insetticida. L'EPA, agenzia statunitense per la protezione ambientale, ha approvato le colture Bt sebbene abbia previsto come conseguenza che la maggior parte degli insetti più esposti svilupperà la resistenza al Bt entro 3 o 5 anni. In realtà, i primi ceppi resistenti sono già comparsi e ciò comporta il rischio di un forzato ritorno all'uso di sostanze chimiche, ovvero il fallimento di numerose aziende del biologico o un notevole aumento dei prezzi dei prodotti dell'agricoltura biologica..

Inoltre, la presenza della tossina Bt nelle piante ingegnerizzate può danneggiare un ampio numero di specie di insetti. Un recente studio in Svizzera ha evidenziato che certi insetti predatori, le crisope (Neurotteri), che si cibano di parassiti del grano, presentano disfunzioni nello sviluppo ed un aumento di mortalità quando sono alimentati con prede cresciute su mais Bt.

L'uso di altre tossine insetticide in colture GM, quale la lectina del bucaneve, ha anche mostrato preoccupanti effetti sulla catena alimentare. In un esperimento di laboratorio, femmine della coccinella sono state nutrite con afidi che si erano cibati di patate resistenti agli insetti. Comparate con coccinelle nutrite con una dieta normale, le prime hanno prodotto meno uova e hanno vissuto per un tempo dimezzato.

In uno studio recentemente pubblicato su Nature, che ha ottenuto la prima pagina dei giornali di diversi paesi, si mostrava che i bruchi di farfalla Monarca (una specie americana di insetto migratore di notevole importanza naturalistica) avevano una mortalità quasi del 50% maggiore alla norma se ingerivano il polline di piante Bt. In base a questa scoperta, l'Austria ha poco dopo vietato l'uso del mais manipolato della Monsanto (MON 810) e l'Unione Europea ha bloccato il processo di valutazione di un'altra varietà di mais della potente azienda sementiera Pioneer.

 

6) Effetti imprevedibili e questione etica ñ è E molto interessante fare un confronto tra le ricerche biotecnologiche e quelle sul nucleare. Gli scienziati, nel caso del nucleare, furono costretti a schierarsi e scegliere se proseguire o meno la sperimentazione, nonostante che la relizzazione della bomba atomica potesse essere bloccata anche se le conoscenze teoriche e sperimantali la rendevano possibile. Negli esperimenti di transgenetica, invece, già nella fase di sperimentazione si ha una modifica irreversibile di un organismo vivente che rappresenta il risultato di una storia evolutiva unica ed irripetibile, durata milioni di anni e che, in un momento, può irrimediabilmente essere distrutta per sempre. I vegetali e gli animali manipolati geneticamente non hanno alcun habitat naturale ed è impossibile prevederne il comportamento. Vi sono inoltre molte persone  per le quali il problema principale non è se gli alimenti GM sono sicuri o meno, ma il fatto che essi siano innaturali e non necessari: per molti essi offendono quei profondi principi morali che riguardano i rapporti tra l'umanità e la Natura.

  LA LEGISLAZIONE

 

Per quanto riguarda la legislazione, sia italiana che comunitaria, risulta evidente lo scarso interesse verso questi prodotti.

Soltanto nel 1990 (direttiva 220/90 C.E.) l'Europa regolarizza la sua posizione sugli OGM e, individuandone la pericolosità, stabilisce precise norme comportamentali per l'immissione sul mercato o per l'emissione nell'ambiente dei prodotti OGM, stabilendo anche i criteri per definire un OGM ed il suo ottenimento. In ogni modo la direttiva 220/90 risulta nebulosa e comunque carente in più punti. Ad esempio sembra strano che venga esplicitamente indicato che questa normativa non debba essere applicata  al trasporto degli OGM (sia su ferrovia che su strada) come se queste attività non comportino rischio alcuno, o come se il fatto stesso che possano essere trasportate le escluda automaticamente dalla legislazione, e quindi dai controlli.

Per quanto riguarda l'immissione sul mercato, la presente direttiva si basa solo sulla notifica del produttore o dell'importatore dove vengono immessi questi prodotti per la prima volta.

Naturalmente questo significa che se il produttore è riuscito in uno stato ad ottenerne la produzione o l'immissione, ha ottenuto, automaticamnete la possibilità di farli circolare liberamente in tutta la Comunità Europea senza ulteriori controlli.

In ogni caso è soltanto nel 1993, con ben tre anni di ritardo, che lo Stato Italiano recepisce la direttiva 220/90 ed emana con una propria legge.

Nel 1997 viene stabilita una legge (Libro Verde) sulla tutela e la salute del consumatore, il cui obiettivo fondamentale sembra, in prima analisi, la massima tutela del consumatore, e sembra che la legislazione si basi sulle valutazioni dei rischi e su prove scientifiche. In realtà noi possiamo dire che, quando non si può provare con certezza l'innocuità del prodotto OGM verso l'uomo e l'ambiente, questo non dovrebbe essere immesso sul mercato.Ma tutto questo ancora non basta a fermare le multinazionali del "cibo di Frankenstein"che, visto che la legislazione non contiene nessun accenno specifico agli OGM, possono tranquillamente continuare a produrre ed a commercializzare questi prodotti.

 Da quando sono stati immessi sul mercato gli OGM, si sono manifestati casi di allergie ed intossicazione verso questi prodotti, facendo aumentare la consapevolezza dei consumatori sulla loro pericolosità. Le associazioni di consumatori ed ambientaliste si battono per una regolamentazione più esplicita: in realtà molte non chiedono la messa al bando degli OGM, ma soltanto una regolamentazione tale che il consumatore possa liberamente scegliere di non utilizzare prodotti geneticamente modificati.

Intanto sempre più nei paesi della Comunità Europea (C.E.) richiedono una regolamentazione chiara riguardo la presenza di OGM e  rispetto al ruolo delle etichettature sui prodotti alimentari. Le risposte sono ambigue; infatti mentre da un lato la C.E. promette il varo di una legge che faccia chiarezza circa la presenza di OGM nei cibi e nei prodotti destinati al consumo, dall'altro con la Direttiva 98/44 la C.E. dà il via alla possibilità di brevettare piante ed animali GM o parti di esse, scavalcando così il diritto internazionale e favorendo in modo sempre più palese gli interessi delle multinazionali produttrici.

D'altronde lo dimostra anche la sentenza  (20/12/1999) dell'Ufficio Europeo dei Brevetti, che, in una causa contro la Novartis, dà ragione alla stessa, aprendo così un pericoloso precedente, in contrasto non solo con i paesi comunitari (dei quali nessuno ha recepito finora la 98/44) ma anche con quelli (Italia, Norvegia, Olanda) che l'hanno impugnata, ed in evidente contrasto anche con l'articolo 53b della Convenzione Europea dei Brevetti che vieta proprio tali tipi di brevetti su piante ed animali.

Dal 1980 la brevettazione degli organismi viventi ha fatto molta strada:

1985 viene decretata la brevettabilità delle piante transgeniche

1987 l'U.S. Patent Office stabilisce che "tutti gli organismi multicellulari, animali inclusi"possono essere considerati invenzione dell'ingegno umano

1988 il primo brevetto per un animale transgenico viene richiesto e ottenuto dall'università di Harvard (U.S.A.), si tratta dell'oncotopo, un topo che ha il cancro dalla nascita, utilizzato nella ricerca

1989 alla richiesta di Harvard di estendere i propri diritti sull'oncotopo oltreoceano, l'European Patent Office (EPO) sancisce che gli organismi superiori non sono brevettabili

1990 l'EPO fa marcia indietro e rilasia il brevetto richiesto

1993 il Parlamento Europeo "consiglia"all'EPO di revocare il brevetto

1997 viene approvata (con il voto contrario dell'Olanda e l'astensione di Belgio e Italia) anche dall'Unione Europea la bozza di legge sulla brevettabilità completa degli esseri viventi

1998 in seguito all'ondata di proteste scatenata dalla direttiva europea l'Italia si impegna affinchè sia garantita la non brevettabilità del corpo umano e di ogni suo elemento

2000 viene brevettata, a Monaco di Baviera la tecnica di clonazione dell'individuo umano.

Come si può leggere dall'atteggiamento legislativo controverso, la normativa sulla brevettabilità degli esseri viventi ha incontrato e incontra numerose difficoltà; le proteste contro le decisioni dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio (OMC, dall'inglese WTO) mostrano come sia ormai chiaro a tutti l'incompatibilità tra globalizzazione del libero mercato e rispetto degli esseri viventi, siano essi utilizzati come consumatori o come cavie di laboratorio.

 

CONCLUSIONI

 

Le potenzialità dei movimenti che chiedono un maggiore controllo sull'attività delle multinazionali da parte di chi subisce gli effetti negativi, reali o potenziali, delle loro attività si dimostra chiaramente nella difficoltà di condurre le stesse trattative; la sospensione degli incontri di Seattle del WTO previsti per il novembre 1999 è stata la più grande ma non l'unica dimostrazione di ciò.

Il General Council, riunitosi per la prima volta dopo Seattle, a Ginevra il 17 dicembre 1999, ha deciso di rimandare al nuovo anno qualsiasi decisione relativa ai temi in discussione a Seattle; sul tavolo vi sono alcuni punti che sono in "scadenza" come l'accordo sui diritti di proprieta' intellettuale TRIPs (Trade Related Intellectual Property rights). I TRIPs, discussi all'interno del più generale General Agreement on Tariffs and Trade (GATT, Accordo Generale sul Commercio e le Tariffe) entrato in vigore nel 1995 con valore internazionale, rappresentano i fondamenti internazionali per ogni regolamentazione dei brevetti.

E' in crescita forte e ben direzionata la protesta che impedirà, in un futuro speriamo vicino, l'ulteriore controllo e sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sulla natura.

E' destinata a finire la rapina e privatizzazione delle risorse naturali condotta dalle multinazionali a scapito di quanti ne dipendono per vivere.

E' ora di riaffermare con forza il libero utilizzo di questi beni collettivi al di fuori delle logiche devastatrici del mercato globale.

A questo proposito pensiamo che la produzione, lo sviluppo industriale e la commercializzazione di prodotti geneticamente modificati non possono essere considerate interesse esclusivo degli "addetti ai lavori"; Ciascuno di noi, indistintamente, è costretto ad un'assunzione di responsabilità, ad una scelta inequivocabile: gli agricoltori dovranno scegliere se il loro lavoro debba procedere seguendo leggi di natura o se debba essere indirizzato allo sfruttamento suicida della terra e dei suoi prodotti, se rispettare gli equilibri naturali o imporre gli equilibri economici sulla natura;

i ricercatori, di qualunque tipo, dovranno decidere se applicare le loro conoscenze in un nuovo percorso di progresso umano, nell'interesse collettivo, o farsi guidare nelle proprie ricerche e nei propri studi dagli interessi economici di pochi;

i consumatori, veri destinatari del mercato biotecnologico, posti davanti alla scelta di preferire un consumo critico dei prodotti alimentari ai risparmi offerti dal libero mercato, per una migliore qualità della vita e tutela della salute.

a ciascuno di noi è affidata la responsabilità di tutelare la nostra salute e quella della nostra terra.

Le possibili iniziative di lotta sono molteplici: dalla promozione di campagne contro gli alimenti transgenici e il boicottaggio della vendita di prodotti contenenti OGM, all'invio di messaggi per il blocco telematico dei siti dei produttori e dei ministeri locali competenti; da una riflessione interna al mondo della ricerca sulle prospettive, gli scenari, le scelte, al blocco delle produzioni e delle sperimentazioni transgeniche.

Iniziare un percorso di confronto, conoscenza e dibattito su queste questioni è un primo piccolissimo passo, ma il progetto di insediare sul nostro territorio il centro nazionale di ricerca biotecnologica ci costringe, più che in altri casi ad una risposta chiara ed inequivocabile.

ultime notizie

Le biotecnologie appaiono effettivamente come l'ultimo sogno del capitalismo: la trasformazione degli esseri viventi in fabbriche generatrici di profitto sotto lo stretto controllo delle multinazionali (V.Shiva: Biopirateria, CUEN). Ma molti sono i percorsi e le correnti nate in opposizione a quest'ultima ricetta dell'impero.

Gli stessi media iniziano a riportare il "flop"delle sementi transgeniche come "l'ascesa e caduta delle scienze della vita"(New York Times-20 gennaio 2000); infatti le attività nell'agrobusiness saranno scorporate dagli altri settori d'intervento delle industrie biotecnologiche (Affari&Finanza-7 febbraio 2000); questi non sono altro che i primi effetti della sollevazione mondiale contro la politica di monopolio e di controllo proposta dai "nuovi"colossi dell'economia.

Monsanto abbandona di forza ricerche e produzione di sementi autosterilizzanti (Terminator) in conseguenza dell'antipopolarità di queste colture; a centinaia le cause iniziano a riempire tribunali canadesi e statunitensi contro le industrie biotech, e a macchia d'olio si diffondono i divieti su queste tecnologie, primi fra tutti India e Zimbabwe.

Proprio in questo periodo dell'anno, quando agricoltori  in molte parti del mondo si stanno preparando alle semine di aprile-maggio, si registra il riutilizzo dei semi tradizionali, anche sostenuto da incentivi: per quest'anno il business dei transgenici sembra destinato a calare di un quarto (Corriere Soldi-14 febbraio 2000).

Anche a livello legislativo si sono fatti dei passi avanti: nello scorso 30 gennaio, a Montreal (Canada), dopo il fallimento del meeting similare di Cartagena (Colombia) del febbraio '99 per l'indiscusso rifiuto degli USA, si è raggiunto un accordo per un protocollo che obbligherà gli esportatori di cibo transgenico a specificare nelle etichette di trasporto che il carico "può contenere organismi geneticamente modificati"(Affari&Finanza-7 febbraio 2000). In molti comuni, anche in Italia, è stata vietata la sperimentazione, la coltivazione, l'allevamento, la vendita di organismi sia animali che vegetali ottenuti da processi di manipolazione genetica. L'appuntamento di Seattle e la rabbia che si è sprigionata è stato un momento importante di contestazione delle produzioni transgeniche e delle politiche del WTO che, tra l'altro, definiranno i monopoli industriali sulle risorse genetiche di origine agricola

 

Riportiamo qui di seguito un elenco delle aziende alimentari che hanno rinunciato a commercializzare prodotti transgenici. Quest'elenco è il prodotto di un'indagine condotta in Italia da Greenpeace e Legambiente presso le maggiori ditte alimentari: le aziende indicate qui di seguito, hanno confermato di escludere l'impiego di derivati transgenici nella produzione degli alimenti:

 

√ Alimenti per l'infanzia:

Dieterba, Gerber, Nipiol, Plasmon Mellin

 

√ Catene distributive:

Coop, Esselunga, Il Gigante

 

√ Pasta:

Barilla, Buitoni, Cirio, Fini, Paf, Voiello

 

√ Zuppe e primi piatti:

Buitoni, Cirio, Knorr, Parmalat linea minestra

 

√ Formaggio:

Fattoria Scaldasole, Grana Padano, Invernizzi, Kraft, Osella Iocca, Philadelphia, Primolo, Sottilette, Splendid, Leggereste, Lila Pause, Vallé, Yoplait, Locatelli, Parmalat (Dietalat, natura Premium, Latte Plus, Prima crescita, Zimil, Omega 3, Gran sviluppo, Vitasette, Weight-Watchers, Light, Lattecacao), kyr

 

√ Salumi e carni:

Aia, Casa Modena, Citterio, Fini, G. Bellentani 1821, G. Pozzoli 1875, Leoncini prosciutti, Levoni, Manzotin, Pandino, Wurstel, Simmenthal, Unibon, Valsola, Vismara

 

√ Pesce:

Carlos Primero, Rio Mare

 

√ Contorni:

Cirio, de Rica, Pfanni

 

√ Surgelati:

Buitoni, Findus, Orogel, Valsola, Valle degli Orti, Surgela, Magia di bosco

 

√ Condimenti:

Barilla, Buitoni, Cirio, De Rica, Hellmann's, Knorr, Kraft, Sasso, Pomì

 

√ Olio:

Cirio, Cuore, Monini, Sasso, Topazio, Valsola

 

√ Gelati:

Algida, Gelateria Ghisolfi, Sorbetteria Ranieri, valsola Sammontana, Sanson

 

√ Caffé:

Hag, Splendid

 

√ Biscotti, merendine e panificazione:

Bahlsen, Buitoni, Colussi, Doria, Galbusera, Kellogg's, Kinder, Lazzaroni, Loacker, Mulino Bianco, Nuova Forneria, Panda, Pavesi, Valsila, Rocher, Mon Cheri, Brioss, Cristallina, Duplo, Estathé, Fiesta, Pocket Coffee, Saiwa, Orzobimbo, Mister day, Pronto forno

 

√ Dolci:

Cote d'or, Danone, Fattoria Scaldatole, Le tre Marie, Milka, Motta, Ferrero, Perugina, Santarosa Toblerone

 

√ Birra:

Agroalimentare Sud, Carlsberg, Catello di Udine, Heiniken, Menabrea, Peroni, Birra Forst

 

√ Bevande:

Biosanafrutta, Enervit, Estathé, Fattoria Scaldatole, frutti G, Star, Vitasnella

 

BOIKOTT!

Quali sonio le aziende alimentari i cui prodotti alimentari  possono contenere ingredienti transgenici. Le ditte indicate qui di seguito hanno ammesso di seguire le direttive dell'Unione Europea in materia, cioè un modo elegante per dire che nessuno li vieta di mettere schifezze transgeniche nei loro prodotti, oppure ancora si sono  rifiutati di commentare. NON COMPRATE DA LORO!

 

√ Also:

Alpem Muesli, Cereal cioc, Enervit, Weetabix

 

√ Amadori/ Gesco:

Amadori, Gibus, Jolly

 

√ Argel:

Arena, Brina, Marepronto, distr. Hagen-dazs

 

√ Ica:

Crik-Crok, Puff

 

√ Malgara/Quaker Oats:

Cruesli, gatorade, Olof, Quaker Corn flekes, Snapple

 

√ Mars/Dolma:

Bounty, M&Ms, Mars, Milky way, Snickers, Twix, Uncle Ben's

 

√ Novartis (Consumer health):

Cereal (tranne gli ingredienti derivanti da coltivazioni biologiche), Peso Forma, Novosal, Ovomaltina, Lecinova, Leciplus, Lievito vit, Isostad

 

√ Socalbe (da Novartis):

Dietor, Frizzina,  Fruttil, Idrolitica, Dietorelle, Vantaggio

 

√ Unichips:

Chips Pai, San Carlo, Pai, Slim, Stick

 

√ Unilever:

Vandenberg, Calvé

 

 BREVE   BIBLIOGRAFIA

-Biotecnologie, M.C.Ferri, edizioni SEI.

-Kollek R. The gene ñ that obscure object of desire, dal libro "L'Industria della Vita".

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 Shiva V., Egziabher T. G., on Hildebrand M., "Lettera aperta ai Ministri dell'Unione Europea"diffusa via       Internet nell'agosto 1997.