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Le
droghe costituiscono da sempre un complesso di fenomeni, comportamenti,
scelte che, da qualunque prospettiva le si osservi e si intervenga,
presentano volti complessi, contraddittori (esclusione, autoesclusione
e autodistruttività,
ma anche ricerca della performance e/o desiderio di benessere) che
svelano quanto sia necessario introdurre nuove forme di regolamentazione
e tentare di disegnare una nuova direzione nelle attuali politiche
in materia.
1)
Tristezze della politica
Oggi
si scontano sia le imperdonabili timidezze del centrosinistra /
Su questi problemi si misura la timidezza del centro sinistra/ che
negli anni di governo non ha voluto e saputo introdurre cambiamenti
significativi,sia l' attuale sottovalutazione dei movimenti che
ancora non colgono la reale portata della questione.
Eppure il proibizionismo è una delle più antiche politiche
globali del '900, capace di unificare e coordinare polizie e legislazioni,
governi e poteri, ben prima di molte lobbies, organismi o accordi
sovranazionali oggi esistenti:
da quello multilaterale sugli investimenti a buona parte di quelli
di libero scambio, dall'Onu al Fondo monetario internazionale.
E' una sorta di pensiero unico ante litteram divenuto un potere
sempre più influente nel processo di riproduzione e rappresentazione
di un sistema globale che disegna la finanza internazionale, supera
e confonde le frontiere della legalità, oltreché della
geografia, scatena guerre e le sostiene a
tempo indefinito; legittima operazioni di "polizia internazionale"
ieri
e politiche di guerra imperiale permanente oggi, impone costi sociali
ed economici enormi in ogni parte del globo; fa cadere i governi
o li compra.
La
guerra alla droga sarebbe uno strumento di oppressione e controllo
sociale come tanti se non avesse il formidabile vantaggio di creare
straordinari profitti, caratteristica che condivide con altri traffici
(es. armi e sesso) che di frequente avvengono sul mercato nero.
Raramente documentati e dichiarati sono i costi esorbitanti e i
danni che provoca, sia finanziari, in quanto le istituzioni spendono
sempre di più per le politiche penali e repressive e tagliano
i fondi riservati alle politiche sociali, sia umani perché
il modello punitivo mette in clandestinità non solo le sostanze
ma anche le persone, aumentando rischi e danni per i consumatori
e peggiorando le condizioni di pericolo e sicurezza per tutta la
comunità.
Indispensabile cercare opzioni all?attuale stato delle cose, necessario
contrapporsi con proposte e iniziative concrete.
Le alternative partono dall?esistente: si legge sulle pagine antiproibizioniste
del sito del Corriere della Sera che secondo l'Osservatorio Europeo
sulle Droghe e Tossicodipendenze (OEDT), sono ormai più di
40 milioni i cittadini europei che hanno fumato cannabis. L'Osservatorio
Italiano (OIDT) rileva che l'ha fumata il 31 % degli italiani tra
i 15 e 34 anni, circa una persona su tre. Altro dato: solo lo 0,8%
dei consumatori di sostanze illegali diventa
problematico. In altre parole dovremo riconoscere che esiste una
molteplicità di maniere di usare le sostanze psicotrope e
numerose differenze tra uso e abuso, tra consumo e dipendenze, tra
una sostanza e l?altra. / In altri termini sarebbe auspicabile che
l'opinione pubblica e i responsabili politici ammettessero che le
"droghe" possono dar luogo ad un uso prettamente ricreativo,
intermittente e non esclusivamente a fenomeni di abuso.
Ma tenere conto della realtà, per l?essere umano, è
sempre stata cosa dura:
l' onorevole Fini, colui che vuol dettare la nuova legge sulla droga,
a tuttoggi ragiona a partire dalla sua acutissima premessa: "spinello
e eroina per me pari sono", e questa è la politica con
cui dobbiamo fare i conti.
Fortunatamente non tutti nel centrodestra militano nel cinismo di
Fini e Gasparri. La Regione Lombardia ad esempio chiede al governo
di legalizzare la cannabis ad uso terapeutico e consentire cure
efficaci a malati che soffrono di epilessia, sclerosi multipla,
glaucoma, e/o a chi soffre dei terribili effetti collaterali della
chemioterapia, ecc.
Ma questa indicazione, per quanto importante, per noi rappresenta
semplicemente un atto di civiltà, poichè incivile
è impedire a chi soffre di stare meglio.
Un atto necessario, che rischia di trasformarsi in un nuovo businnes
farmaceutico senza risolvere il problema dei milioni di consumatori
di cannabis, (lasciandoli nella situazione paradossale per cui)
/ che rischiano meno contribuendo alla crescita dell' economia illegale
dello spaccio che coltivando liberamente
una pianta in casa propria. Ludica e terapeutica la cannabis deve
essere liberata e legalizzata.
2) Il Futuro dei Servizi e delle cure: Comunità e Carcere
Le linee guida e i provvedimenti del governo in tema di sostanze
psicotrope, dipendenze e malattia mentale - fortemente connotate
ideologicamente e inadeguate
in relazione ai bisogni e ai diritti di cittadinanza - ri-aprono
processi
stigmatizzanti e alimentano logiche di emarginazione ed esclusione
sociale;
accentuano la natura custodialistica delle pratiche proposte; propongono
la trasfomazione delle comunità terapeutiche in nuove istituzioni
totali;
ipotizzano case di lavoro date in gestione a comunità private
in alternativa alle strutture di stato.
Negazione del diritto alla cura e introduzione di un codice più
autoritario per coloro che per "altri" motivi usano sostanze,
interessano tanto la cannabis che l'eroina.
E questo è ciò che spinge "Noi", che delle
sostanze valorizziamo gli aspetti positivi, a muoverci a fianco
di chi, occupandosi invece per professione o per vocazione dei problemi
connessi alle tossicodipendenze ritiene pericolosa la tendenza in
atto.
In questo caso ciò che il governo intende realizzare, attraverso
semplici leve amministrative (vedi proposta di revisione del D.M.
444 sulle caratteristiche organizzative e funzionali dei Servizi
per le tossicodipendenze) è il passaggio generale "dalla
riduzione del danno dei sert al trattamento coatto nelle Comunità
". L'equiparazione pubblico-privato nella diagnosi e certificazione
di tossicodipendenza, con evidenti ripercussioni su tutti i tipi
di consumo.
Si prospettano orizzonti apocalittici per le nutrite moltitudini
di ragazzi che "colpevoli" di fumare cannabis potrebbero
finire in Comunità, certificati da un qualsiasi medico che
esercita privatamente. Come se non fossero sufficienti le vigenti
sanzioni amministrative (cfr. art. 75 dell'attuale legge) e i debilitanti
ritiri di patenti in alternativa al programma terapeutico al Ser.T
con umilianti controlli urinari.
Una macchina di massimizzazione dei danni che coinvolge le migliaia
di utenti dei servizi, con ottime ragioni per chiedere interventi
più rispettosi/congruenti dei loro diritti e più rispondenti
ai loro bisogni.
La "bassa soglia", per definizione lontana da scelte di
cambiamento repentine e totali, che molti operatori avevano imparato
a conoscere attraverso strumenti terapeutici quali i farmaci sostitutivi
e il lavoro di strada, tornerà nel sommerso.
L'astinenza, magari coatta, potrebbe essere considerata l'unica
strada.
Tutto ciò in virtù dell'affermazione di un modello,
quello di comunità, sempre più potente e candidato
a risolutore di problemi connessi all'uso di droghe fin dentro il
carcere, aprendo alla loro privatizzazione. L'apertura di nuove
strutture segreganti con evidente depauperamento dell'assistenza
territoriale, attacca l'intero assetto dei servizi pubblici, elargisce
privilegi
e concede eccessivo spazio al privato che agisce a scopo di lucro.
I progetti di affidamento delle carceri di Castelfranco Emilia e
di Legnano a San Patrignano e comunità simili sono con molta
probabilità, i primi di una lunga serie.
Si vuole depotenziare l'azione dei Sert per favorire le comunità
private e vanificarne così il lavoro tra il pubblico e il
privato sociale; si vuole privatizzare la salute e delegittimarne
il suo aspetto di bene inalienabile, eticamente non negoziabile.
3 Le alternative possibili
Di fronte a queste prospettive è necessario imprimere una
nuova direzione alle politiche sulle sostanze, guardando a quegli
esempi in Europa che, indipendentemente dagli schieramenti politici
ed istituzionali che li sostengono, mostrano di funzionare. A Londra,
dove nel quartiere multietnico di Brixton è stata la polizia
a chiedere ed ottenere di non occuparsi più del consumo
di cannabis. In Olanda e in Svizzera, dove la distribuzione controllata
di eroina migliora la qualità della vita dei consumatori
e diminuisce la criminalità e dove l'accesso legale ad hashish
e marijuana non ha prodotto alcun danno. In Spagna e in Francia,
dove si pratica con successo l'analisi chimica delle sostanze, una
delle più efficaci forme di intervento nel campo
delle cosiddette nuove droghe. E questi non sono altro che esemplificazioni
di un ampio scenario entro il quale si sono costruiti negli anni
interventi di riduzione del danno, di tolleranza e depenalizzazione
del consumo e del possesso che adeguano le moderne società
agli stili di vita delle nuove
generazioni. Imparando a convivere con sostanze che da più
di trent' anni hanno fatto il loro ingresso nelle nostre vite, modificando
lentamente, ma ineluttabilmente mentalità e comportamenti.
Rispetto alle sostanze non può bastare un approccio giuridico
e socio-sanitario, è necessario un nuovo sguardo. Perchè
le sostanze appartengono da millenni ai popoli del pianeta, che
hanno imparato ad utilizzarle per riti e funzioni diverse e perché
da sempre sono fonti illimitate di produzione di immaginario, arte,
religione, forme simboliche e di conoscenza: uno straordinario patrimonio
culturale.
E poi perché il mondo del consumo di massa è motivato
da un principio del piacere che non può essere rimosso.
Per tutte queste ragioni c?è bisogno di nuove politiche sulle
droghe
E per nuove politiche c?è bisogno di nuovi attori e di nuove
strategie.
A Bologna, per 4 giorni dal 27 al 30 giugno, tutti questi attori:
consumatori e psiconauti, operatori e utenti, pazienti impazienti,
artisti e ricercatori, medici e giuristi, militanti e semplici cittadini,
si incontreranno, si conosceranno, si ascolteranno, si informeranno
e si organizzeranno per elaborare e proporre percorsi di cambiamento.
Come operatori del pubblico e del privato sociale, come consumatori,
come cittadini e associazioni di pazienti chiediamo di aprire uno
spazio di riflessione sulle proposte di co-gestione di nuove strutture
residenziali, di contenimento,
controllo e detenzione a "scopo terapeutico"; sulla vasta
operazione di repressione e limitazione delle libertà, di
pensiero altro a quello conforme,
di scelta (diagnosi e cura), di azione e sulla valutazione dell'efficacia
e della qualità dei percorsi terapeutici proposti.
L'obiettivo è quello di dare voce ed esprimere la ricchezza
di un multiforme movimento di gruppi, associazioni, soggetti a vario
titolo coinvolti, che non intende permettere che sulle sostanze
si torni a politiche e leggi inutilmente repressive. E di connettere
diverse realtà sociali che insieme e dal basso possono attivare
nuovi processi di trasformazione dell'esistente.
Le giornate bolognesi saranno un insieme di seminari e convegni
con ospiti internazionali, gruppi di lavoro e laboratori creativi,
spettacoli e azioni disobbedienti che renderanno visibile quanto,
forti dei nostri strumenti di liberazione e dei nostri diritti,
e con la tenacia di guardare dentro la realtà e di starci,
siamo in grado di operare per la riduzione dei danni causati dal
proibizionismo e festeggiare il futuro antiproibizionista.
E lo
faremo in decine di migliaia, con libertà e consapevolezza,
nelle danze e nei suoni della sesta edizione della street parade,
la più straordinaria e gioiosa manifestazione antiproibizionista
che animata da stupefacenti carri musicali da sabato 29 a domenica
30 giugno chiuderà festosamente le giornate bolognesi.
MDMA
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