XV.
Il Cocito
Agire
muoversi colmare distanze inaspettate.
Trovare
un giorno una svolta e senza decidere fare una scelta immediata, compiere un
gesto senza girarsi a considerare probabilità statistiche o possibilità
identitarie.
Sai,
nell’istante in cui ci si assegna dei doveri etici è così facile crederli
imprescindibili che, quando a un passo s’impone il ricordo di quella svolta,
subiamo la violenza di un urlo impotente.
Ma
tant’è, mi sono determinato a questo, e poco importa cos’altro potevo
essere. Il vino si beve e rende forti, fa sangue. A che serve dirmi oggi se un
sogno che m’ha condotto per mano, m’ha fatto migliore, sia stato vuoto di
certezze? tocca solo stringere le palpebre e continuare a sognare.
Certo,
se ripenso agli ultimi anni, alle azioni sbagliate, al piattume che siamo stati
capaci di esprimere, la caduta è l’immagine che più vivo. È incredibile
come ci si lasci invischiare da retaggi duri a morire, abbassando il livello
d’attenzione e comprensione dell’esistente; ci si abbandona ai ricordi, si
solletica il pancino al proprio ego con la grandezza d’un’azione compiuta, e
si cade.
Ermeneutica
e tautologia.
Si
finisce con lo scimmiottare proprio il potere che si proclama tanto inviso, si
ripetono pedissequamente i gesti, i meccanismi di controllo ed esclusione, la
misera forza del branco, fino a raggiungere un discreto livello d’abulia
politica …
Sì! capisco quello
che dici … sentirsi liberi … mf! mf! … fuori dalla menzogna ideologica –
sapientemente somministrataci attraverso le più varie bevande vivande merende
prebende media et intermedia profferte languidamente accettate … chiamarsi
liberi, mentendo a se stessi, immaginandosi in un agire comunicativo teso a
determinare mutazioni irreversibili nel tessuto connettivo d’una società
informata da morbose smanie di possesso; nell’opporre senza tregua il proprio
rifiuto contro qualsiasi ragione devota all’imperante feticcio; nel lavorare
all’estirpazione quotidiana da sé di tutte le tare che la cultura del dominio
comunque giustificato, del sapere asservito a dinamiche di profitto e potere
esso stesso, del questo è mio e guai a chi me lo tocca, della separazione,
dell’inquadramento, della classificazione con misere etichette commerciali e
non, del rispetto sacrale e inopinabile per legalità autorità bestialità
varie, dell’annaspare per arraffare, della sopraffazione, dell’obliare ora e
per sempre la minima sensazione di totalità - o pienezza, se preferisci –
nella propria peculiare esistenza, ci ha inoculato nella mente fin dal brodo
primordiale; nel vivere una dignità differente, divenire un non-oggetto
disincastrabile da meccanismi e processi di valorizzazione del capitale;
nell’essere se stessi, senza tema o paranoia alcuna –
da ciascuno secondo le proprie capacità, a ciascuno secondo i propri bisogni
– è un principio etico oltre che
economico …
proprio
così! … e le belle parole? … i vacui discorsi … il chiamarsi marginalità
– noi siamo la periferia del mondo deboli stranieri apolidi reietti
intoccabili l’uomo nero donne uomini gay lesbo anti-anti-anti-anti-anti i
comici siamo tanti pochi ma tanti un solo soggetto un’oggetto di scambio
qualcosa d’invendibile non perché priva di valore ma perché non vuole
esserlo noi siamo la rivoluzione un moto interiore che ti fa spiccare il volo
l’assalto al cielo e ci arrocchiamo paurosi uno negli occhi dell’altro
uomo-riduci-pancia! noi siamo la negazione del vertice – un noi ch’è sempre
e solo un pensionato stanco chino su una zappa fra i suoi pochi ortaggi –
l’ondulata mobile variabilissima linea orizzontale che permea dal basso e
s’apre in mille differenti rivoli unico intricato fluire d’un magma costante
che troverà a suo tempo la via per venir fuori invadere le strade … e portami
rispetto! c’ho una certa età, cazzo! – tattica e strategia – Brranca da
Norcia! – la formazione dei quadri l’eskimo la hefja i gadget le borchie le
spille da balia i collari la bandiera rossa la bandiera rossa e nera la bandiera
biancorossonera i poster di zidane e d’el che i percing e i tatuaggi le zeppe
e le zecche i gibbosi incupiti – Quasimodo! – obbiettivo tattico e
obbiettivo strategico – manutenzione degli ingranaggi di consenso sociale –
produrre un agire comunicativo realmente in grado d’infettare l’esistente,
quantomeno con eczemi pruriginosi, inutile sognare metastasi irreversibili –
obbiettivo stratattico supermilitantman chi è lo re?
– in coro – sei tu lo re! –
avanguardie di tutte le avanguardie del mondo unitevi e fate come dico io –
oh, what a mess I’ve made of my life!
– stratobbiettivo e l’amor mio che non muore …
Ma
tutta la forza e la determinazione, la rabbia che scaturiva da una profonda
analisi dell’esistente, non possono essere andate perdute!
nel niente, e sono anche riuscito a rompermela!
Era inevitabile che finissi qui, al Cimitero.
Ma da questo lago ghiacciato la mia intelligenza dovrà pur riuscire a volare di
nuovo, ad assaltare questo luminosissimo cielo.
Ahijiiaa!
Êh-èehh … la ferita … fa un male
cane.