Il Corriere della Sera - 09.03.98
DAL NOSTRO INVIATO
FAVIGNANA (Trapani) - La chiamano la «farfalla» del Mediterraneo. E Favignana sembra pavoneggiarsi al sole, con le sue dolci curve. Eppure qualcuno, invece di accarezzare dolcemente le ali di quest'isola distesa di fronte a Monte Erice, vorrebbe innalzare a due passi dal vecchio borgo marinaro i pilastri di un carcere da 120 miliardi con una colata di mezzo milione di metri cubi di cemento. Tutto su distese di margherite gialle in cui annegano radi casolari, pini, tombe puniche e scavi di un'antica civiltà.
Il progetto è pronto dagli anni Ottanta. E sono già realtà studi, sopralluoghi, appalto-concorso. Con l'avallo del ministero di Grazia e giustizia. Sulle carte, un gioiello come Favignana equivale infatti ad una landa desolata. Di qui l'allarme dei Verdi che ieri mattina, con il blitz di una delegazione guidata dai senatori Athos De Luca e Saro Pettinato, si sono presentati nell'isola di buon'ora bussando anche al portone del vecchio penitenziario borbonico con 100 detenuti raccolti negli umidi sotterranei di un diroccato castello normanno.
Nell'isola della mattanza, per secoli crocevia di eserciti in guerra, dopo le battaglie di fenici e cartaginesi, scatta così quella fra ambientalisti e sponsor del nuovo carcere. Obiettivo dichiarato: convincere il governo dell'Ulivo a dirottare altrove le somme stanziate. Magari, sulle banchine-colabrodo del porto, dove si attracca quando si può. Ovvero, sul rudere di un vecchio villaggio abbandonato che con 10 miliardi potrebbe assicurare 600 posti letto. «E sarebbero meglio delle 100 brandine del carcere», ironizzava amaro, tormentando barba e baffoni, il senatore De Luca, appena sbarcato, rivolto al leader dei Verdi trapanesi, il presidente della Provincia Carmelo Spitaleri la cui posizione è netta: «Vogliono mettere le manette al sole e al mare di Favignana».
E in piazza viene investito dagli insulti di un pensionato: «Tu devi scomparire dalla scena». Già, Spitaleri ha la colpa di essere l'unico uomo politico contrario al nuovo carcere. A differenza dei consiglieri provinciali di tutti i partiti, dei notabili e dei 120 agenti di custodia che già operano a Favignana, nella vecchia struttura a due passi dal molo, dalla spiaggia e da quel santuario della gastronomia siciliana che è l'albergo-
ristorante di Maria Guccione, a sua volta pronta a mettere gli «stranieri» in guardia: «Hanno paura di perdere i posti di lavoro e le piccole forniture del carcere perché non sanno pensare al turismo come industria».
Si fa avanti De Luca, e punta sul gruppo che sbeffeggia Spitaleri. Alla fine riesce a dialogare anche con il pensionato arrabbiato, Matteo Sammartano, occhi di fuoco sotto la pelata lucida: «C'è fame di lavoro. Chiusa la tonnara Florio, sono saltati tremila posti. Alberghi e licenze? Non si fa niente perché la Sovrintendenza blocca tutto...». Gli dà man forte un altro pensionato, Vincenzo Mac, ex agente di custodia: «Se si blocca la costruzione, l'impresa chiederà una penale di 20 miliardi». De Luca ascolta, valuta, ma è irremovibile sul piano politico: «Il governo dell'Ulivo, con la nuova politica carceraria, non può agire alla Prandini». E Pettinato s'appella a Flick, ad Ayala, al direttore delle carceri, Margara: «Hanno ereditato un brutto progetto e devono bocciarlo».
Eccoli i 90 mila metri quadrati di Contrada Arena. Una distesa gialla come i campi di Van Gogh. Spiccano i nastri bianchi e rossi utilizzati dai tecnici del ministero per immaginare le mura perimetrali del nuovo carcere. Li scruta con sgomento Mattò, come tutti chiamano Giovanni Tammaro, pittore e titolare del «Quattrorose», il villaggio turistico che si ritroverebbe con i bastioni a 15 metri dal giardino. I quadri di Mattò stanno dappertutto. Nei bar, nei ristoranti. Anche nell'ufficio del direttore del carcere, Paolo Malato. Gentile nel ricevere la delegazione. Ma evita giudizi sulla vicenda. A differenza di tutti gli agenti, guidati dal comandante Lorenzo Torrente, che finge di dolersi per la perquisizione con un vecchio metal detector: «Nel nuovo carcere ci saranno ben altre apparecchiature», ammicca ai senatori con studiata perfidia.
Lui e i suoi colleghi non s'accontentano dell'idea di ridurre il personale lasciando in servizio a Favignana chi ha famiglia. Meglio una nuova fortezza al centro dell'isola. Perché non ci sarebbe incompatibilità fra carcere e turismo. Proprio il contrario di quanto ripete da anni Aldo Bua, con la sua «associazione della farfalla». Una polemica finora rimasta soffocata all'interno dell'isola, con la lobby degli agenti che fabbrica sindaci e maggioranze.
Adesso i Verdi portano il tema dentro il ministero di via Arenula. Anche con colpi ad effetto. Come i colpi di zappa assestati ieri dai due senatori per piantare al centro di quei campi gialli un alberello. Un arancio. D'ora in poi simbolo della nuova battaglia per un carcere che non s'ha da fare. Perché sarebbe meglio ridurre i detenuti e aumentare i turisti.