Il Corriere della Sera - 14.10.97

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LA COMMISSIONE DI STRASBURGO SULL'EX DIRIGENTE SISDE POI CONDANNATO

«Nei confronti di Contrada ci fu eccesso di carcere»

Franco Nuccio,

PALERMO - La detenzione in carcere di Bruno Contrada, lo «007» accusato di essere colluso con la mafia, avrebbe violato la Convenzione dei diritti dell'uomo. È quanto sostiene la Commissione europea dei diritti umani in un rapporto reso pubblico ieri a Strasburgo. La decisione presa a stretta maggioranza, 17 voti a favore e 15 contrari, è destinata a rinfocolare le polemiche su uno dei processi di mafia più controversi, concluso in primo grado con la condanna dell'imputato a 10 anni di reclusione. Anche perché il rapporto contiene una dura requisitoria contro i pentiti e invita i giudici italiani a valutare le loro accuse «con grande prudenza». Proprio sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia è stata in gran parte imperniata l'inchiesta nei confronti dell'ex funzionario del Sisde, indicato dall'accusa come la «quinta colonna» di Cosa nostra all'interno delle istituzioni. Il pm del processo Antonino Ingroia non ha voluto commentare la decisione. Negli ambienti del Palazzo di giustizia si sottolinea tuttavia che le istanze di remissione in libertà presentate dalla difesa di Contrada sono state respinte da ben 4 sezioni del Tribunale della libertà e in due occasioni anche dalla Corte di Cassazione.

Bruno Contrada, arrestato alla vigilia di Natale del 1992 con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, rimase rinchiuso in un carcere militare per 31 mesi e 7 giorni. Secondo la Commissione europea, la detenzione preventiva sarebbe stata «di durata eccessiva», in violazione dell'articolo 5.3 della Convenzione dei diritti umani. Quello di ieri è tuttavia un parere ancora interlocutorio, la Commissione di Strasburgo, che è l'organo istruttorio, trasmetterà infatti il «caso» alla Corte europea dei diritti umani. Quest'ultima pronuncerà il prossimo anno una sentenza definitiva che avrà valore vincolante anche per lo Stato italiano.

Il «verdetto» dei giudici europei è stato accolto con soddisfazione da Contrada: «Considero questo pronunciamento non come una riparazione alla devastante ingiustizia da me subita, ma come un primo rimprovero solenne al modo di amministrare la giustizia in Italia. Io sono stato trattato come il criminale nazista Rudolph Hess». Il ricorso all'Alta Corte per i diritti umani era stato presentato dalla moglie di Contrada, Adriana Del Vecchio: «Vedevo che tutte le istanze per la libertà di Bruno venivano respinte. Soffrivo per la sua lunghissima carcerazione. Mi sentivo con le mani legate...».

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