Il Corriere della Sera - 25.10.97

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LETTERA DA SAN VITTORE

L'ex finanziere al sindaco: pronti a collaborare

R. C.

Un giorno di lavoro in piazza Vetra in cambio di un giorno di libertà. Nel libro dei sogni di Sergio Cusani il baratto è possibile. È possibile, cioè, che un detenuto si rimbocchi le maniche e si metta al lavoro per una, dieci, cento giornate: senza pretendere una lira ma sapendo che avrà tanti giorni di sconto pena quanti ne avrà fatti di lavoro. Sergio Cusani, detenuto simbolo di Mani Pulite, è convinto che l'idea possa funzionare. Lui l'ha presa «in prestito» dal professor Massimo Pavarini, esperto di problemi carcerari; ne ha fatto una proposta scritta; due giorni fa l'ha spedita al sindaco Gabriele Albertini e, ieri, ha raccolto la prima adesione politica: quella del consigliere regionale dei verdi, Carlo Monguzzi. Con lui, il detenuto Cusani, è entrato nei particolari: «Volete uscire dal problema del degrado della città? Volete ridare vita a piazza Vetra? Bene. Questa sarebbe la soluzione - ha spiegato -. Chiunque qui dentro direbbe sì alla raccolta delle siringhe e alla ripulita di ogni angolo di quella benedetta piazza se sapesse di avere poi in cambio uno sconto di pena. Anche chi, proprio in piazza Vetra, ha commesso i crimini che adesso lo tengono in prigione. Sarebbe un lavoro socialmente utile e per di più a costo zero per l'Amministrazione pubblica». Di controindicazioni Cusani non ne vede neanche una. Il sindacati sono preoccupati: si sono dati tanto da fare perché i detenuti potessero avere un ruolo nel mondo del lavoro e adesso vedono con diffidenza l'ipotesi di impiegarli a costo zero. «Ma la nostra proposta non sminuisce affatto il lavoro dei detenuti» insiste Cusani. E spiega anche il perché: «A parte lo scambio fra lavoro e sconto pena si creerebbero anche nuove opportunità lavorative. Ogni ente locale che accettasse di far fare a un detenuto un lavoro socialmente utile dovrebbe impegnarsi a destinare l'equivalente della retribuzione non sborsata per finanziare attività rivolte alle aree del disagio, quella della detenzione in testa». Ma se tutto questo diventasse realtà, come garantire la sicurezza pubblica? Cusani ha la risposta pronta anche stavolta: «Col controllo - dice - della polizia penitenziaria».

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