Il Corriere della Sera - 28.11.97
Carceri, scatta l'emergenza
A Bergamo, Brescia, Varese e Vigevano l'affollamento più consistente. Tragedia a Cremona: morto un detenuto
Per sfoltire San Vittore reclusi stipati negli altri penitenziari
Sperangelo Bandera
CREMONA - Di nuovo sotto accusa il sovraffollamento delle carceri lombarde. Per alleggerire San Vittore devono ospitare, in media, un numero doppio di reclusi rispetto alla capienza normale. Di conseguenza le condizioni dei detenuti sono durissime. Manca lo spazio vitale nelle celle progettate come singole. Scarsissime le possibilità di lavoro, unica risorsa per rendere rieducativa la permanenza in cella. Il reinserimento nella società resta utopia.
Le condizioni sono nettamente peggiorate negli ultimi tempi, dopo la ventata di illusioni degli anni scorsi quando erano state avviate iniziative socializzanti. A Vigevano ad alcuni reclusi era stato consentito di lavorare a un giornalino a diffusione interna chiamato «Oltre». Ora è stato sospeso. Nell'ultimo numero era stato pubblicato un condensato di problematiche comuni a tutte le carceri lombarde: perché è così difficile ottenere un colloquio con le autorità? Perché il sistema sanitario funziona così male? Perché bisogna aspettare tanto tempo per una visita specialistica? Perché si perdono 15 minuti per prendere i nomi prima di scendere all'aria? Perché la sala colloqui è inospitale e squallida? Perché nessuno risponde alle nostre domande? Perché i componenti dell'area educativa non vengono aumentati? Perché nelle ore di socialità non si lasciano aperte le celle?
Nel carcere di massima sicurezza di Voghera, dove fu assassinato per un caffé avvelenato il banchiere Michele Sindona, è cresciuto il «collettivo verde» ad opera di alcuni ergastolani fra cui Vincenzo Andraus che in cella ha scoperto una vena letteraria che ha riscosso numerosi riconoscimenti. I «pericolosi» di Voghera volevano risvegliare la memoria di chi dimentica che la Costituzione indirizza verso il recupero del soggetto rinchiuso. «Ma ora - denuncia il presidente dell'Associazione Enzo Tortora, Giorgio Inzani - il Collettivo è in gravi difficoltà. Il ministero aveva promesso di inviare altri detenuti in grado di rivitalizzare quell'esperienza d'avanguardia, invece la lascia esaurirsi».
Il viaggio nell'inferno delle carceri lombarde inizia appunto da Voghera: 80 posti «di organico» ma in realtà 130 detenuti, con 20 posti di lavoro; a Vigevano si sta peggio: 180 posti per 390 reclusi e le possibilità di occupazione limitate a 20. Anche a causa di un errore di costruzione la qualità della vita è ancora più scadente: le porte dei bagni, che creano una separazione con la cella, sono montate al contrario e non si possono chiudere.
A Pavia, nel carcere di Torre Gallo, i posti di lavoro sono 33 su 330 ospiti stipati in 180 celle. A Varese i dati cambiano di poco: ai Miogni i detenuti sono 120 su 60 posti e 5 soltanto le possibilità di lavoro mentre a Busto Arsizio queste ultime sono 50, ma gli ospiti 370 e i posti previsti soltanto 200. Analoga situazione a Brescia: nel maggiore carcere cittadino, infatti sono 200 i posti contro 400 detenuti.
Sovraffollamento anche a Como (360 ospiti per 200 celle), Cremona (300 per 160), Mantova (150 per 80) e a Lecco (80 per 50). A Bergamo il quadro è addirittura più negativo con 410 reclusi stipati in 140 celle.
Spacciatori e extracomunitari finiti nei guai le principali cause dell'eccezionale aumento della popolazione carceraria. E a fronte un numero di agenti di polizia penitenziaria dovunque insufficiente. E nessuno fa nulla per cercare di impedire a tossicomani in crisi di astinenza di aspirare il gas delle bombolette dei fornellini. Un comportamento che può provocare anche la morte.
A Cremona l'ultima disgrazia: un detenuto trovato morto a causa di un edema polmonare provocato da un'eccessiva assunzione di gas. Sembrava un suicidio ma l'inchiesta ha dimostrato la vera causa del decesso.
Detenuti abbandonati, lasciati soli nel loro tentativo per rinnovarsi, per superare il passato. Quelli di Voghera hanno fatto sapere ciò che dovrebbe essere noto a tutti gli addetti ai lavori. «Siamo consapevoli - hanno scritto - che se saremo lasciati soli difficilmente riusciremo a percorrere il lungo e faticoso cammino della riabilitazione sociale. Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti, dentro e fuori dal carcere. Ma occorre soprattutto che vengano attenuati i meccanismi dissocianti della condizione carceraria».