Il Manifesto - 01.05.98

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Il senato sega le sbarre

Abolito l'ergastolo, nonostante l'arringa di Flick

- ANDREA COLOMBO - ROMA

L' ergastolo non c'è più. Almeno secondo il senato, che ha approvato la sua abolizione con 107 voti a favore, 51 contrari e 8 astenuti. Gli schieramenti avevano lasciato libertà di voto, ma il dissenso, nel centro sinistra, si è limitato a Rinnovamento italiano e al democratico di sinistra Raffaele Bertone. Con pochissime eccezioni il Polo ha invece votato contro, anche se le numerose assenze nelle file forziste potrebbero indicare il disagio di un partito che passa con straordinaria disinvoltura dal garantismo alle posizioni più forcaiole. Singolare il parere di Rocco Buttiglione. Approva l'abolizione della condanna a vita. In compenso chiede che sia ripristinata la certezza della pena.

Non ha votato contro la legge, ma solo perché non è parlamentare, il ministro della giustizia Flick. In compenso il guardasigilli di centro sinistra è intervenuto in aula, con toni appassionati, per sottolineare il suo "personalissimo dissenso". L'ergastolo, ha detto il ministro, "è giusto che resti, almeno come ipotesi, per chiunque si accinga a offendere vilmente la libertà".

Formulazione vaga, che Flick ha chiarito elencando i crimini che a suo parere meriterebbero comunque il "fine pena mai": stragi di mafia e non, uccisione di bambini e di "servitori dello stato".

L'intervento del guardasigilli, che parlava a titolo personale e senza impegnare il governo, è stato comprensibilmente accolto malissimo dalla vicepresidente del senato, Ersilia Salvato, la principale regista del voto di ieri (relatore era invece il Ds Salvatore Senese). Le posizioni di Flick, ha detto in aula, "pongono oggettivamente la questione della compatibilità tra i convincimenti del ministro e l'indirizzo del governo sulle questioni della riforma del codice penale e della tutela dei diritti dei cittadini". Una esplicita richiesta di dimissioni, con la quale Ersilia Salvato ha voluto sottolineare quanto sia abnorme il caso di un ministro che dissente dalle posizioni del governo e della maggioranza su una fondamentale questione di principio come questa. Critiche aspre al ministro sono arrivate anche dal verde Manconi, che parla di "evidente forzatura, ai limiti della propria soggettiva convinzione rispetto al ruolo istituzionale".

L'incidente è innegabile, dal momento che Flick non è un qualsiasi parlamentare e neppure un semplice ministro ma il responsabile diretto della giustizia. Conseguenze dirette però non ce ne saranno, ma l'episodio non potrà non acuire una tensione già alta. Nella storia dell'Ulivo, di scontri tra governo e maggioranza ce ne sono stati parecchi. Frequente l'accusa all'esecutivo di non tenere nel dovuto conto la sua stessa maggioranza. Ma negli ultimi mesi proprio Flick è stato il principale bersaglio delle polemiche, accusato da tutti i partiti del centro sinistra di muoversi pochissimo e, così facendo, di costringere la bicamerale a occuparsi dell'intero pacchetto giustizia.

Ora la legge ccontro l'ergastolo dovrà passare al vaglio della camera. Qui la maggioranza non può contare su un margine ampio come quello del senato. In compenso a quelli del centro sinistra dovrebbero sommarsi i voti dell'Udr cossighiana e le defezioni nel Polo dovrebbero essere molto più numerose che non al senato. A Montecitorio è infatti presente, sia in Forza Italia che in An, una corposa ala contraria all'ergastolo. Resta da vedere se i nazional-alleati, i vari Urso, Alemanno, Storace, Fragalà se la sentiranno di appoggiare una legge contro la quale la maggioranza del loro partito intende battersi, forse arrivando addirittura al referendum abrogativo.

Se la camera non apporterà ulteriori modifiche, la massima pena comminabile oscillerà d'ora in poi dai 30 ai 33 anni di carcere. E' un passo importante, anche se per ora prevalentemente simbolico. Come fa notare l'associazione "Nessuno tocchi Caino", che si batte contro la pena di morte nel mondo ma è stata altrettanto attiva contro il carcere a vita, il tetto per la libertà condizionale resta fissato a 26 anni di dentenzione e quello per la semilibertà a 20. La strada resta ancora lunga. Ma il voto di ieri, anche se ancora privo di conseguenze concrete per la grande maggioranza dei detenuti, rimane un passo decisivo.

 

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