Il Manifesto - 01.05.98
EUROPA UN PARAGONE
- FRANCESCO PICCIONI - ROMA
L a caratura tutta provinciale dell'attuale dibattito italiano sull'ergastolo la si può valutare più efficacemente se si confronta la massima pena prevista nel nostro paese con gli equivalenti degli altri paesi dell'"Europa di Maastrischt".
La legittimità del confronto non è affatto forzata. Non si capisce infatti come si possa pretendere che l'"ingresso in Europa" sia misurato solo con la soglia del 3 per cento tra deficit e Pil, e non, anche, sull'entità della pena massima o la durata della carcerazione preventiva. Sul piano della salute dei conti pubblici l'Italia è ormai piazzata ottimamente, ma nel campo dei diritti fondamentali della persona sottoposta a giudizio il Belpaese è decisamente in fondo alla scala. Quando Tietmeyer o Duisemberg lamentano i ritardi dell'Italia nell'adeguarsi agli standard di bilancio, tutti scattano sull'attenti; i richiami della Corte di Strasburgo ai governi italiani a proposito delle prassi "disinvolte" con cui viene qui da noi amministrata la giustizia passano invece regolarmente sotto silenzio.
Vediamo dunque il quadro europeo. Pur in una evidente difformità di soluzioni, l'Italia è fanalino di coda nella classifica dei paesi "civili". Al nostro livello stanno solo Francia e Gran Bretagna, che mantengono nel codice la pena dell'ergastolo. In Francia, tuttavia, il giudice ha un'ampia facoltà di trasformarla in una pena detentiva temporanea, che può arrivare fino alla soglia dei 30 anni. Parzialmente simile la situazione inglese, dove è il ministro dell'Interno a decidere se rilasciare il condannato una volta trascorso il periodo minimo di detenzione fissato dal giudice all'atto della condanna. La Germania - che certo non passerà alla storia come paese "lassista" - è già su un gradino più alto: l'ergastolo può essere formalmente comminato, ma dopo 15 anni il giudice può sospendere la pena; e quasi sempre lo fa. L'unica eccezione riguardava i prigionieri della Rote Armee Fraktion; ma anche questi sono stati ora rimessi in libertà, senza necessità di "indulti", grazie a questo meccanismo che funziona in modo semi-automatico. Oasi di civiltà come l'Olanda, la Danimarca o la Svezia prevedono condanne massime che vanno dai 10 ai 15 anni, di fatto. In Svizzera si possono comminare fino a venti anni di reclusione; ma la semilibertà dopo 10 è quasi un obbligo per un paese che non considera reato l'evasione dal carcere.
Ma lo schiaffo vero per l'Italia viene dagli altri paesi latini e "cattolicissimi". Spagna e Portogallo hanno addirittura escluso dalla propria costituzione le pene di durata illimitata. Sul piano pratico prevedono la pena massima di 20 anni, temperata, come ovunque in Europa, da un certo numero di misure alternative.