Il Manifesto - 10.07.97

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L'inferno della Dozza

I prigionieri del carcere di Bologna in sciopero della fame.

Protestano contro condizioni disumane e per rompere l'omertà sulla loro situazione

Daniele Barbieri - BOLOGNA

Tutti i detenuti della Dozza (maschile e femminile) in sciopero della fame da oggi. E in piazza Nettuno, nel cuore della città, 15 persone si associano a loro. Uno solo l'obiettivo: rompere l'omertà che circonda il carcere bolognese, trasformato in un inferno. Una situazione talmente insostenibile che perfino il consiglio comunale di Bologna ha istituito un gruppo di lavoro (6 mesi di indagini) per controllare ciò che avviene al di là del muro.

C'è anche un omicidio nella storia recente della Dozza. Epilogo annunciato d'una situazione di terrore permanente. Per raccontare quest'ultimo anno di orrori la parola è al quindicinale Zero in condotta, unica voce bolognese che da sempre tiene gli occhi spalancati sul carcere. Il 20 settembre '96 arriva in redazione una lettera dei detenuti: "non lasciateci soli, c'è un clima di paura e da quando Le voci di dentro (nato su iniziativa della Cgil) ha cessato le pubblicazioni, nessuno parla più di noi". Il 30 settembre Valerio Monteventi (direttore del quindicinale e consigliere di Rifondazione) viene a sapere che due detenuti sono morti nei giorni precedenti. Il franco-algerino Alain Georges Laid (32 anni) si sarebbe impiccato in circostanze misteriose la notte del 23 settembre, quattro giorni prima di riacquistare la libertà. Alla fine d'agosto è morta Patricia Berghen, trentenne liberiana: è arrivata in ospedale troppo tardi per salvarla. Pochi giorni dopo Amapi (Associazione medici amministrazione penitenziaria) indice una manifestazione davanti alla Dozza per denunciare "sovraffollamento, promiscuità, miseria, continui atti di auto-lesionismo con tentati suicidi e scioperi della fame". Scatta subito l'omertà. Le guardie negano ogni violenza, dicono che i giornali li infangano. Il direttore del carcere, Giorgio Chirolli, le difende e accusa "alcuni extracomunitari di forzare la situazione". La Cisl-Fils bolognese si unisce al coro, dicendosi certa che l'inchiesta "restituirà dignità professionale a quegli operatori della casa circondariale che svolgono con abnegazione l'alto compito di custodia, rieducazione e risocializzazione dei detenuti".

Il 29 novembre tre guardie carcerarie (Gianluca Larva, Antonio Pollino e Antonio Nicosia) della Dozza vengono arrestate per "favoreggiamento dell'assassino o degli assassini di Alain Georges Laid". Hanno tentato di "occultare l'omicidio con la simulazione di un decesso per auto-impiccagione" scrive il giudice Aurelia Del Gaudio, forte delle perizie mediche. Il direttore del carcere rilascia una dichiarazione-choc: "Solidarietà con gli arrestati che, anche se colpevoli, andrebbero capiti". Alessandro Gamberini, legale della famiglia Laid, chiede al ministro Flick le dimissioni di Chirolli.

La pentola della Dozza è scoperchiata. Eppure nulla cambia. In marzo Lorenza Tonti (una ricercatrice che ha lavorato alla Dozza per un anno) rivela che circa metà dei 120 tossicodipendenti si buca in cella e che l'82% dei sieropositivi non usa siringhe sterili. Nonostante le indicazioni dell'Oms (Organizzazione mondiale della sanità) in prigione siringhe sterili e condom non entrano. "Il 32% dei sieropositivi ha rapporti sessuali con altri detenuti, sempre senza profilattico" aggiunge la ricerca. Ma alla Dozza può davvero accadere di tutto, senza che il direttore si scomponga. Dai detenuti in attesa di giudizio ammucchiati in tre dove c'è posto per uno fino agli ascensori (per i malati) fuori uso per anni; dal "continuo, indiscriminato aumento dei prezzi dei generi vittuari" (lo denunciano i detenuti dal marzo '96) fino al detenuto che ha diritto al lavoro esterno ma vi viene ammesso solo dopo un anno di insistenze. Certo l'area pedagogica funziona ma è il classico fiore nel marciume.

E ancora il 14 giugno, a cinque ore dall'arresto, si è tolta la vita Federica Faccioli. Soffriva di crisi depressive, doveva essere piantonata ma la guardia si è accorta troppo tardi che aveva la corda al collo. La sezione femminile della Dozza non ha infermeria né adeguata assistenza medica. Venti giorni prima si era tolto la vita Gaetano Ragusa. I tentati suicidi si contano a decine. Per loro, per Laid (ucciso a 4 giorni dalla libertà), per tutti i detenuti, oggi alle 13 in piazza Nettuno inizia il digiuno di solidarietà -fino a sabato - delle 15 persone (Amici di Piazza Grande, Lila, Iniziativa Donne Aids, Progetto Luoghi Comuni, Zero in condotta, singoli cittadini) per avanzare richieste di elementare civiltà: trasparenza su ciò che accade in carcere; attenzione degli organi competenti sulla corretta applicazione delle leggi; favorire percorsi alternativi alla detenzione; risposte alle istanze poste dalle persone detenute.

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