Il Manifesto - 10.10.97
MILANO
LUCA FAZIO - MILANO Bisogna individuarlo in tempo il microrganismo del genere Leptospira, prima che l'infenzione spappoli il fegato, prenda i reni e salga fino al cervello. La leptospirosi è una malattia rara, antica, una malattia che spaventa perché c'entrano i topi, racconta di una miseria che a Milano sembra impossibile. Ecco perché un giovane di nazionalità marocchina lo scorso agosto è morto nel carcere milanese di San Vittore. Stava male, il suo quadro clinico non convinceva ma l'ospedale ci ha messo un mese a diagnosticare la leptospirosi. Troppo tardi. E' di pochi giorni fa un altro caso di infezione, toccato anche questa volta a un giovane detenuto marocchino, ma lui ce la farà. "Questo ragazzo se la caverà -spiega Luigi Pagano, il direttore del carcere di San Vittore - proprio perché abbiamo fatto tesoro della prima esperienza. Ai primi sintomi lo abbiamo ricoverato immediatamente in ospedale".
Luigi Pagano ne ha viste troppe, è improprio parlare con lui di "emergenza", tanto più sanitaria. L'emergenza a San Vittore, come in tutte le carceri della penisola, è quotidianità. Dice il direttore che "il carcere ormai è diventato quello che era alle origini, e cioé un ricettacolo dei mali della società". Pagano invita anche a riflettere su un altro fatto, e l'invito sembra rivolto a tutti quelli che sono fuori, ai politici, ai legislatori: "Pensiamoci bene, non è un caso se questa malattia che si è manifestata per la prima volta ha colpito proprio due stranieri". Ma la sofferenza dei più deboli, non può non preoccupare tutti gli altri anche perché in carcere, come spiega Pagano, succede tutto prima che fuori: "Il primo caso di Aids io l'ho visto a Brescia nel 1982". Ciò significa che il problema dei topi non riguarda solo i detenuti del carcere di San Vittore, i topi sono dappertutto, "e questo prima o poi potrebbe essere un problema per tutta la città". Toccherà alla giunta comunale, alle Ussl competenti, o magari al ministero della sanità, lanciare una campagna di derattizzazione. Al direttore Pagano tocca invece imbastire "l'ennesima campagna di prevenzione, come abbiamo fatto per l'hiv e per la tubercolosi, malattia quest'ultima che avrebbe potuto metterci in ginocchio". Dunque, cosa fare. La malattia viene veicolata dall'urina dei topi e probabilmente i due giovani detenuti marocchini si sono infettati camminando a piedi nudi nel cortile del carcere durante l'ora d'aria. "Innanzitutto aumenteremo il ritmo della derattizzazione - spiega Pagano - poi daremo semplici ma utilissimi consigli: mettetevi sempre le scarpe, non lasciate il mangiare sul davanzale della finestra, buttate via il pezzo di pane che avanza". Frigoriferi in cella? "Eh, quello è impossibile...". Sembra fuori luogo dirlo proprio in questa occasione, eppure a San Vittore in questo momento "si sta un po' meglio di prima". Da 2400 che erano, i detenuti oggi sono 1700. "Abbiamo parzialmente risolto il problema del sovraffollamento anche grazie agli interventi del ministro Flick".