Il Manifesto - 11.06.97

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Via d'uscita dal carcere

Tra un mese lanceremo la proposta di creare strutture a custodia attenuata solo per i tossicodipendenti

ANNA PIZZO - ROMA

Da lunedì Ovidio Bompressi sta attuando lo sciopero della fame per protestare per le condizioni dei detenuti. E ieri "Fuoriluogo", il mensile veicolato dal "manifesto", ha pubblicato parte del rapporto del Comitato europeo contro la tortura e per la prevenzione dei trattamenti inumani, in cui denuncia la situazione carceraria italiana e in particolare cita alcuni esempi particolarmente negativi: il carcere di San Vittore a Milano, il Lanza di Catania, Poggioreale a Napoli, Regina Coeli a Roma. Ce n'è abbastanza per chiamare in causa il presidente degli istituti di prevenzione e pena, Michele Coiro.

Presidente, cosa risponde alla Commissione europea?

La situazione è critica ma non ai livelli indicati nel rapporto. San Vittore è da tempo alla nostra attenzione e da un mese stiamo attuando lo sfollamento automatico: quando si superano i 1.600 detenuti, gli altri vengono trasferiti se si può in Lombardia, altrimenti fuori. Purtroppo noi ordinavamo i trasferimenti ai carabinieri e loro non li eseguivano. Così ora abbiamo deciso di eseguirli noi. Al 30 aprile, i detenuti a San Vittore erano 1655 (la Commissione parlava di 2.100 al marzo '97 ndr) ed è iniziata la ristrutturazione proprio perché sono diminuiti i reclusi.

La Commissione parla anche di Catania.

Catania risente dei maxi processi e quindi molti detenuti vi soggiornano temporaneamente. Ora sono 256, su un massimo previsto di 221.

E Napoli?

Il problema è risolto: i reclusi sono 1326 su una disponibilità di 1292 e anche a Palermo la situazione è risolta. E' San Vittore la situazione più grave, ma in via di soluzione.

Dunque, la risposta sta tutta nell'apertura di nuovi carceri?

No, la legge in discussione prevede l'uscita dal carcere per pene inferiori ai 3 anni e permetterebbe uno sfollamento di 3, 4 mila persone. Ma mettere fuori la piccola delinquenza preoccupa l'opinione pubblica. E poi, c'è la soluzione del braccialetto elettronico.

Lei sa che ci sono polemiche sul "collare".

Ma consente di uscire di prigione e di stare a casa.

Ma bisogna proprio scegliere tra la padella e la brace?

Sì, non c'è altra soluzione. Nemmeno il detenuto si dovrebbe ribellare al controllo elettronico perché i vantaggi sono enormi. Per questo i ministeri di interno e giustizia hanno istituito un'apposita commissione che però deve ancora riunirsi.

Nell'intervista al "manifesto" Mario Gozzini dice che se ci fosse una maggiore articolazione territoriale del controllo, il problema di far scontare fuori dal carcere certe pene sarebbe risolto.

Occorrerebbe un incremento di strutture al di sopra delle nostre possibilità e responsabilità. Inoltre, tra il poliziotto che bussa a tutte le ore a casa tua e il braccialetto che differenza c'è? In tutti i paesi dove si applicano le misure alternative è diffusissimo l'uso del braccialetto, così negli Stati uniti come in Gran Bretagna e anche in Francia c'è una proposta di legge in proposito.

Abbiamo fatto un esame dei punti di maggiore crisi del sistema penitenziario. Ma nel complesso, come lo giudica?

Attualmente sono 49 mila i detenuti, la situazione non ottima, ma nemmeno pessima.

Gozzini dice che in carcere non c'è possibilità di studio né di lavoro. E' così?

Per quel che riguarda lo studio non è esatto. I corsi di scuola media ci sono dappertutto e per chi vuole proseguire cerchiamo di assicurare la possibilità di farlo. Il grosso problema è il lavoro: difficile combinare la vita del carcere con un lavoro produttivo e remunerato. E poiché in base alla legge il lavoratore detenuto ha diritto allo stesso trattamento di qualsiasi altro lavoratore, non si trovano imprenditori disposti ad assumerli. Venerdì a Firenze ci sarà un convegno su questo tema.

E la salute in carcere?

Su questo non ho dubbi: l'assistenza al detenuto è migliore nelle carceri di quella pubblica. Il problema attuale è se mantenere la medicina penitenziaria separata o unificarla al servizio sanitario nazionale. Ne discuteremo con il ministro della sanità. Posso di certo dire che l'assistenza sanitaria in carcere è migliore di quella esterna.

C'è un punto molto delicato, segnalato da Ovidio Bompressi nella sua lettera in cui annuncia lo sciopero della fame: i suicidi.

E' un problema che mi angoscia. E' al lavoro una commissione per studiare il fenomeno e offrire le misure opportune.

E come pensa di risolvere il problema dei detenuti tossicodipendenti che rappresentano un terzo degli attuali reclusi?

Le dò una notizia: entro un mese lanceremo la proposta di creare grosse strutture a custodia attenuata solo per i tossicodipendenti. Un po' come a Solliccianino.

Tutto bene, allora?

Il mio problema principale è combattere contro mentalità antiquate che vedono il carcere solo sotto l'aspetto custodialistico e punitivo.

Insomma, presidente, Ovidio Bompressi ha fatto bene o fa male a fare lo sciopero della fame?

Io non posso intervenire nelle sue scelte.

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