Il Manifesto - 13.11.97

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CARCERI - Casi di tubercolosi: in quattro anni più 127 per cento

A. P. - ROMA

Che nelle carceri le condizioni di salute sono critiche, lo si sa e comunque lo hanno denunciato i detenuti di Rebibbia che di questa questione hanno fatto uno dei punti determinanti della loro protesta. Quello che invece non si sa quasi mai è l'entità reale del disagio per quel che riguarda la salute. Ora uno studio del ministero della sanità in collaborazione con l'amministrazione penitenziaria, rivela i dati sui casi di tubercolosi nelle carceri italiane che sono aumentati in quattro anni del 127%. Questa malattia colpisce negli istituti di pena 30 volte di più che all'esterno. L'incidenza tra i detenuti è di 290 casi su 100 mila persone, contro 9,6 per 100 mila sulla popolazione. I casi di tubercolosi tra i detenuti sono passati dai 227 per 100 mila del '91 ai 290 per 100 mila del '94. In base a questi dati, i ricercatori parlano di "un'epidemia di tbc che nel prossimo futuro potrebbe trovare facile terreno di attecchimento nelle carceri italiane".

Dal '91 al '94 i detenuti risultati positivi al test per Tbc sono stati 467 non comunitari e 551 comunitari. I casi accertati per ciascun anno sono stati: 70 nel '91; 107 nel '92; 120 nel '93; 157 nel '95.

Le cause della malattia, secondo i ricercatori, sono da attribuire all'alto numero di detenuti stranieri, a causa delle pessime condizioni igienico sanitarie e nutrizionali, ai sieropositivi in carcere, alla mancanza di un adeguato sistema di sorveglianza. Anche il personale penitenziario, soprattutto quello sanitario, è considerato "a rischio" tubercolosi, per questo i ricercatori consigliano la vaccinazione nonostante permangano contrasti sul grado di immunizzazione raggiungibile attraverso il vaccino. Lo studio, curato da medici penitenziari, componenti della commissione nazionale aids, infettologi del ministero della sanità e del dipartimento penitenziario, dopo aver ricordato che la Tbc è una malattia a trasmissione aerea, consiglia che tutti i soggetti in sospetto di infezione siano trasferiti in isolamento e trattati con regime terapeutico adeguato.

Anche il Comitato europeo per la prevenzione delle torture (Cpt), dopo la sua ultima visita nelle carceri italiane, nel novembre '95, aveva rilevato carenze di prevenzione in alcuni istituti penitenziari rispetto a malattie infettive come epatite e tubercolosi.

"A San Vittore - rileva nel rapporto del giugno scorso il Comitato - le condizioni di alloggio sono tali che il servizio sanitario, sostenuto dalla Direzione dell'istituto, ha intrapreso notevoli sforzi per una diagnosi precoce della tubercolosi (esame radiologico del torace per tutti i detenuti in ingresso) e il trattamento delle affezioni dermatologiche più diffuse e contagiose". Quanto al carcere di Catania, "la delegazione ha osservato che non veniva effettuato un test di rilevamento della tubercolosi nonostante l'istituto sia dotato di un'apparecchiatura adeguata". La relazione del Comitato conclude raccomandando "che per gli istituti penitenziari venga sviluppata una strategia globale di rilevamento, informazione e prevenzione delle malattie infettive".

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