Il Manifesto - 16.05.98
CASSAZIONE
Non ha diritto a nessun risarcimento dallo Stato il cittadino sottoposto ingiustamente a carcerazione preventiva in seguito a una condanna inflittagli dai giudici "in mancanza di elementi pertinenti" o "insufficienti" -in pratica senza prove -anche quando la sentenza che gli ha tolto la libertà è stata successivamente annullata, senza rinvio, dalla Cassazione con formula "perché il fatto non sussiste". E' la stessa Suprema Corte - sentenza 4730 della Prima sezione civile -ad affermare tale principio motivato in base alle vigenti leggi sulla responsabilità dei giudici secondo le quali i magistrati possono essere chiamati a rispondere solo se nell'esprimere i loro "verdetti" non svolgono alcuna attività valutativa degli atti processuali ma non qualora, sulla base di quegli stessi atti, emettano condanne "in contrasto con ogni canone che presiede alla formazione della prova". Questi i motivi con i quali è stato respinto il ricorso di Donato D.G. che dopo aver scontato, per una violenza carnale mai avvenuta, 15 mesi di carcere - dal quale lo aveva tirato fuori con piena assoluzione proprio la Cassazione che nel '90 aveva posto fine alla pena per le gravi irregolarità della sentenza di condanna - aveva deciso di rivolgersi alla magistratura per chiedere il risarcimento dei danni patiti col carcere cautelare.Ma questa volta i supremi giudici gli danno torto pur riconoscendogli un certo diritto all'arrabbiatura.