Il Manifesto - 18.07.97

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Un ergastolo in meno

Stefano Anastasia

Il voto favorevole della Commissione giustizia del Senato sull'abolizione dell'ergastolo arriva a un anno dalla discussione generale sull'iniziativa di Ersilia Salvato. Tanto c'è voluto perché la maggioranza ritrovasse la sua unità su una battaglia di principio e di civiltà. Unità conseguita a qualche prezzo, che i "malpancisti" dell'Ulivo hanno imposto nella sostituzione dell'ergastolo con la pena della "reclusione speciale", superiore per durata alla pena temporanea massima prevista dal codice. Tanto c'è voluto, nonostante la costituzionale finalità rieducativa della pena confligga apertamente con il carcere a vita.

Di fronte a questo lungo e difficile parto di una matura norma di civiltà, sorprendenti sono le levate di scudo dell'opposizione. In prima fila tra i garantisti, il Polo delle Libertà smarrisce i suoi convincimenti ogni volta che non ci sia da chiudere qualche affaire di Tangentopoli. Eccolo lì Enrico La Loggia, presidente dei senatori di Forza Italia, raggiungere prontamente le schiere già patibolari di Alleanza nazionale, ed invocare l'emergenza criminale in difesa dell'ergastolo. Gli stessi magistrati che non potevano esprimere la propria opinione sulla modifica dell'articolo 513 del codice penale vengono ora invocati a confermare il valore dell'ergastolo come deterrente nella commissione di reati.

Nei giorni scorsi numerosi senatori, immaginiamo anche del Polo, si sono fermati lungo il corridoio che porta dalla buvette alle commissioni di Palazzo Madama per digitare il proprio messaggio Internet al governatore della Virginia per la grazia a Joseph O'Dell, biasimando il cinico uso della pena capitale oltreoceano. Eppure la giustificazione addotta in Usa per il ricorso alla pena di morte non è diversa, mutatis mutandis, da quella invocata da La Loggia e compagni per l'ergastolo. Anzi, occorre riconoscere che, con l'argomento della deterrenza, la pena di morte è decisamente più efficace del blando ergastolo: quale migliore "prevenzione generale" - direbbero gli americani - della minaccia di una iniezione letale? e quale migliore "prevenzione speciale" della esecuzione capitale, che impedisce all'incallito criminale di tornare a nuocere alla società?

L'abolizione dell'ergastolo risponde ad un dettato costituzionale troppo a lungo aggirato o disatteso; risponde ad un principio morale di rifiuto delle pene inumane; risponde ad un'opzione di politica del diritto, aprendo il varco alla revisione del sistema delle pene, alla loro ricommisurazione, alla ricatalogazione dei beni tutelati dalla legge penale. E' questa la sfida che dovrebbe interessare chi ha a cuore i diritti e le libertà. O no?

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