Il Manifesto - 21.10.97
MANUELA CARTOSIO -
D A REBIBBIA lo sciopero della fame si è esteso al carcere di Pisa. Lo si apprende dalla lettera quotidiana che Adriano Sofri manda a Il foglio.
E' indirizzata ai "cari detenuti del Nuovo Complesso di Rebibbia" che dal 15 ottobre rifiutano il cibo passato dall'amministrazione carceraria, 450 all'inizio, diventati un migliaio con il passare dei giorni. Il comunicato che spiega le ragioni della protesta a Rebibbia (e che si conclude con un "solidarietà a Sofri, Pietrostefani e Bompressi") è arrivato sabato al don Bosco.
"Abbiamo aderito subito alla vostra iniziativa e ai suoi obiettivi, e la stessa cosa stanno facendo molti altri detenuti. E' certo che la partecipazione di molte carceri a questa lotta civile potrebbe finalmente spingere il parlamento e l'amministrazione penitenziaria alle misure sulla cui urgenza e giustezza non fanno che pronunciarsi, senza che se ne vedano effetti concreti. Ne parleremo giorno per giorno. Intanto grazie e saluti". Sofri, Bompressi e Pietrostefani non spiegano se questo sciopero della fame collettivo proseguirà nel digiuno a oltranza da loro annunciato per "dare le dimissioni dal carcere". Probabilmente sì. Come spesso succede, alla fine è stato il caso a decidere la data d'inizio del digiuno. E forse i tre sequestrati di Pisa hanno colto l'occasione di Rebibbia per mettere di fronte al fatto compiuto i molti che premeveno perché aspettassero e riconsiderassero una scelta tanto drammatica.
In attesa delle notizie "giorno per giorno", vediamo le ragioni della protesta a Rebibbia. I detenuti del Nuovo Complesso chiedono misure concrete per ridurre la popolazione carceraria, fondi per garantire una "decente ed umana vivibilità", migliori condizioni igienico sanitarie. Le loro richieste - dalla legge Simeone alla carta igienica - sono le stesse che i detenuti di Pisa hanno discusso per giorni in una grande assemblea, presenti il responable degli istituti di pena Margara e il presidente della Commissione giustizia Pisapia. Richieste "sacrosante", riconoscono gli addetti ai lavori. Tra questi, il direttore del Nuovo Complesso Rebibbia Maurizio Barbera che, senza tanti giri di parole, dice che i "suoi" detenuti "fanno bene a protestare". A Rebibbia, un posto decente rispetto ad altre carceri, mancano i soldi persino per "il dentifricio" e per "i medicinali".
Il deputato verde Paolo Cento, entrato sabato scorso a Rebibbia, racconta che è la legge Simeone la cosa che più sta a cuore ai detenuti. Da più di un anno Camera e Senato si rimpallano il testo di legge (primo firmatario il deputato di An Alberto Simeone) che modifica l'articolo 656 del codice di procedura penale. Dalla modifica deriverebbe la possibilità automatica di usufruire dei benefici di legge (ad esempio, l'affidamento in prova ai servizi sociali) per tutti coloro che hanno avuto condanne inferiori a 3 anni o che hanno residui di pena fino a 3 anni. La "Simeone" è tornata dal Senato alla Camera e ieri Cento ha chiesto alla Commissione giustizia di approvarla "entro la fine del mese" in sede legislativa. La legge, stando ai calcoli di un anno fa del ministero dei grazia e giustizia, dovrebbe sfoltire di un 20% la popolazione carceraria condannata con sentenza definitiva. Cento racconta d'aver trovato i detenuti "molto pacifici, ma molto determinati". Rifiutano il cibo passato dal carcere, ma sono pochi quelli che ne ricevono dell'esterno. Anche le lamentele sulle condizioni igienico sanitarie sono più che fondate. Basti pensare che la finanziaria del '97 ha tagliato del 30% i fondi per la sanità in carcere e del 17% quelli per i prodotti igienici. I detenuti, aggiunge Cento, "non vogliono diventare merce di scambio nel dibattito in corso sulla giustizia". Contemporaneamente, non vogliono che un condono per i detenuti comuni venga continuamente bocciato perchè potrebbe favorire "quelli di tangentopoli". "Si parla tanto di detenuti virtuali, quelli di tangentopoli, e non si parla per nulla di chi in galera ci sta davvero", osserva Cento. Gli "ospiti" di Rebibbia con il loro sciopero della fame vogliono portare al centro dell'attenzione la "condizione del detenuto comune". Dopo aver appreso che la protesta si è estesa al don Bosco di Pisa, Cento ha presentato un'interpellanza al ministro Flick.
Chiama in causa Flick anche il senatore verde Athos De Luca, subito dopo una visita al carcere romano: "il ministro deve intervenire, dare al più presto un segnale ai detenuti di Rebibbia. Prima che la situazione degeneri in una vera e propria rivolta". Per ora, dice De Luca, la situazione è sotto controllo, "ma non bisogna tirare troppo la corda".