Il Manifesto - 22.10.97

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Condannati a morte

FRANCESCA MORESE - ROMA

"Non condannateli a morte. L'Aids in carcere non si cura. Libertà e diritto alla salute". Alle 11,30 di ieri, lo striscione della Lila (Lega per la lotta all'Aids) sventola davanti al ministero di grazia e giustizia. Un piccolo capannello attende che la delegazione di parlamentari torni dalla visita al carcere di Rebibbia, dove circa 1.000 detenuti dal 15 ottobre sono in sciopero della fame. Poi cercherà di farsi ricevere dal ministro Flick. Secondo i dati della Lila, sono circa 4.000 i detenuti sieropositivi, di cui 74 malati di Aids e 396 in fase di pre-Aids (Arc): tutti "condannati a morte" dopo la revisione, nel '95, della legge che sanciva l'incompatibilità tra Aids e regime carcerario. "Ora - dice Francesco Rella, legale dell'Associazione - c'è una specie di vuoto legislativo in cui a decidere sono solo i tribunali di sorveglianza. Come nel caso di Renata, detenuta a Rebibbia con Aids conclamato, a cui per tre volte è stato rifiutato il differimento pena per comportamento poco meritevole. A giorni - continua Rella - ci sarà il responso della Cassazione. E se sarà negativo, porteremo il caso alla corte europea per i diritti dell'uomo". Non usa mezzi termini nemmeno Vittorio Agnoletto, presidente della Lila, sopraggiunto insieme al segretario regionale Lila Claudio Fazio e ai deputati Maura Cossutta, Giuliano Pisapia, Luigi Manconi, Paolo Cento e Athos De Luca. Agnoletto chiama in causa il ministro Flick, perché non ha tenuto conto dei risultati della seconda conferenza sulla riduzione del danno: "Pensavo di far visita a un centro clinico, invece al G14 di Rebibbia ho trovato un reparto penitenziario. E dei peggiori: una ventina di malati gravissimi, confinati in un ghetto senza farmaci e senza assistenza. In seguito all'arresto, alcuni di loro hanno sospeso la terapia con gli inibitori delle proteasi, con conseguenze nefaste perché così il virus sviluppa resistenze a tutte le altre terapie". Inoltre, come lamentano molti detenuti, i centri clinici - Secondigliano, Opera e Rebibbia - sono spesso lontani dai luoghi di provenienza, con grave danno per la salute psico-fisica dei malati, privati delle visite dei parenti e della possibilità di ricevere pacchi-viveri. In più, nelle precedenti finanziarie le voci "spesa sanitaria" e "attività" sono state tagliate fino al 30%. "Quest'anno - dice Pisapia, presidente della commissione giustizia alla camera - ci sarà un'inversione di tendenza: la finanziaria prevede un potenziamento delle spese sanitarie e di quelle per psicologi e assistenti sociali". "Nelle carce

ri - conferma Maura Cossutta - la protesta si va estendendo. Digiunano anche i malati di Aids rischiando la vita perché dovrebbero prendere i farmaci a stomaco pieno". E poi, c'è la denuncia del Tribunale del malato per il pestaggio subito da alcuni detenuti in Aids. I verdi Manconi e Cento chiedono che il ministro vada a riferire in parlamento. Alle 12 il ministro fa sapere che non sarà presente. La delegazione consegna al sottosegretario, Franco Corleone, il Piano triennale Aids che la Lila vorrebbe fosse materia di legge e che prevede: lo spostamento dei fondi per riconvertire l'assistenza penitenziaria in assistenza domiciliare o ospedaliera; l'abolizione dei centri clinici, a meno che non siano abilitati da severi controlli sanitari; l'approvazione delle norme di riduzione del danno (depenalizzazione dell'uso e della coltivazione personale e dell'uso amicale di droghe leggere, conferma delle sanzioni per lo spaccio, il traffico e i reati associativi. Non punibilità del consumo e della detenzione per uso personale e di gruppo delle droghe pesanti, nonché abolizione delle sanzioni amministrative come la sospensione della patente). Corleone ha ribadito l'impegno di fare approvare alla camera entro il 1997 i due disegni di legge, già approvati in senato, sull'incompatibilità per detenuti malati di Aids al regime carcerario e per la detenzione alternativa al carcere per i condannati a pene sotto i tre anni.

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