Il Manifesto - 23.10.97
ANNA PIZZO - ROMA
U NA CONFERENZA stampa piena di deputati e senatori di Ulivo e Polo mescolati assieme è già di per sé un piccolo evento. Se poi alla medesima conferenza stampa partecipano anche tre ex detenuti di Rebibbia, venuti non solo per dire cosa vogliono gli oltre mille che dentro il carcere sono in sciopero della fame ma anche per esprimere solidarietà per quei tre, incarcerati da nove mesi a Pisa, che insieme con altri dello stesso carcere stanno partecipando allo sciopero della fame, l'evento è quasi unico. Marco Boato, Luigi Manconi, Mimmo Pinto, Marcello Pera, Giuseppe Gargani, Francesca Scopelliti hanno parlato, con parole diverse, per una volta lo stesso linguaggio: parole dure nei confronti dei giudici che hanno condannato Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi per un reato che non hanno commesso, giudizi netti verso un sistema basato sull'arbitrio e l'assenza del diritto.
E, sopra tutto, gli oltre mille detenuti di Rebibbia, che da ieri non attuano più un semplice "sciopero del vitto": i mille del Nuovo Complesso sono passati a uno sciopero della fame totale. "Adesso - è scritto in un documento firmato dai mille in agitazione dal 12 ottobre - rifiutiamo sia il vitto dell'amministrazione, sia ciò che si può comperare nello spaccio del penitenziario". A partire dalla prossima settimana, hanno aggiunto "allo sciopero della fame si aggiungerà il rifiuto dei colloqui con i familiari". Il "caso" Rebibbia è il "caso Sofri": "Non un caso isolato - scrivono i detenuti - La condizione in cui viviamo è condivisa da tutta la popolazione detenuta".
Chi diceva che una battaglia per la scarcerazione di Sofri, Bompressi e Pietrostefani aveva un punto debole perché escludeva le migliaia di ingiustizie che quotidianamente si consumano nella più totale indifferenza - è di ieri la storia di Vincenzo Di Leo, detenuto nel carcere di Brucoli, a Siracusa, condannato a 24 anni di carcere ma in seguito scagionato per un delitto di 11 anni fa, che ha cominciato venerdì scorso uno sciopero della fame perché non viene scarcerato - ora deve ricredersi. Lo ha detto il deputato verde Marco Boato, ieri nel suo intervento alla conferenza stampa nella quale ha annunciato due iniziative del comitato Liberi Liberi. La prima riguarda la raccolta di firme per una soluzione all'ingiusta detenzione di Sofri, Bompressi e Pietrostefani: centosessantamila persone fino a questo momento, e tra loro centinaia di parlamentari (105 senatori), hanno sottoscritto il testo che il prossimo sabato 25 verrà consegnato al presidente della repubblica. Lo stesso Boato, ma anche Pinto, e Pera e Gragani e Francesca Scopelliti, hanno sottolineato la necessità di un intervento diretto di Scalfaro: "Il capo dello stato - ha detto il senatore di Forza Italia, Marcello Pera - deve avere il coraggio di assumere una iniziativa senza temere ripercussioni di carattere politico".
La seconda iniziativa, sempre sabato 25 (a nove mesi giusti dall'inizio della detenzione di Sofri, Bompressi e Pietrostefani), a partire dalle tre del pomeriggio all'Auditorium della Tecnica a Roma, è una manifestazione dei comitati Liberi Liberi e chiama a raccolta i centosessantamila firmatari. Tra i molti, ci saranno Paolo Hendel, Mario Agostinelli, Carlo Ginzburg, Claudio Martelli, Renato Nicolini, Laura Betti. Hanno aderito, anche se non potranno esserci, Gianna Nannini, Dario Fo, Jovanotti, Massimo Cacciari, Mario Primicerio, Renzo Imbeni.
Alla domanda inespressa di molti intervenuti alla conferenza stampa su tempi e modi dello sciopero della fame dei tre di Pisa, ha così risposto Boato: "Non posso dimenticare quel che mi dissero il 25 gennaio scorso: 'o noi usciremo da qui in tempo ragionevole a testa alta o usciremo con i piedi davanti'". Quanto agli oltre mille detenuti, ieri hanno ribadito le loro richieste: la approvazione urgente della legge Simeone/Saraceni, la depenalizzazione dei reati minori, la scarcerazione di malati gravi, la legge sull'affettività, l'abolizione dell'ergastolo, l'applicazione non discrezionale della legge Gozzini. Un primo segnale potrebbe essere la visita di Alessandro Margara, direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nel pomeriggio a Rebibbia Nuovo Complesso. Margara avrebbe incontrato sia i detenuti malati del G14 (tra i quali 16 pazienti in Aids conclamato) sia rappresentanze dei detenuti degli altri reparti in agitazione.