Il Manifesto - 24.06.97

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Ai detenuti in sciopero della fame

di GIULIANO PISAPIA *

A Ovidio Bompressi, a Giorgio Pietrostefani, ad Adriano Sofri, a Fanouf Youssef, cittadino egiziano che dopo 40 giorni di sciopero della fame è ricoverato in gravi condizioni al Policlinico di Milano, a Lounici Djamel, cittadino algerino ricoverato al centro clinico del carcere di S. Vittore dopo quasi due mesi di digiuno, a tutti i detenuti che hanno deciso di mettere in gioco la propria esistenza con una forma così estrema e drammatica di protesta.

Comprendo pienamente il vostro gesto e la vostra iniziativa: dimostrano come il pensiero dominante che vi muove non sia l'angoscia per le vostre sorti personali, bensì la preoccupazione di trovare soluzioni per i problemi di tutti coloro che hanno la sventura di trascorrere una parte, breve o lunga, della propria vita negli istituti penitenziari. Stiamo facendo il possibile per risolvere o almeno attenuare i drammi per cui state mettendo in gioco il vostro corpo, la vostra intelligenza, i vostri ideali, la vostra vita, nella convinzione che la scelta che ci troviamo di fronte sia obbligata e dovuta.

La Commissione Giustizia della Camera ha istituito due comitati, uno per i problemi penitenziari, l'altro per gli ospedali psichiatrici giudiziari, che esamineranno queste strutture per mettere il parlamento in condizione di approvare provvedimenti che rendano tali luoghi più umani e degni di uno stato di diritto.

La Camera ha già approvato la depenalizzazione di reati minori e domani, con ogni probabilità, approverà nel suo complesso il progetto di legge sulla depenalizzazione, che prevede la trasformazione di numerosi reati di minor allarme sociale in illeciti amministrativi, e che introduce finalmente nel nostro ordinamento, dopo anni di tentativi, la possibilità per il giudice di applicare, fin dalla sentenza di primo grado, sanzioni diverse del carcere: attività non retribuite a favore della collettività, detenzione domiciliare, libertà controllata. Nella stessa direzione si muove il progetto di legge sulle misure alternative al carcere in relazione al quale Ersilia Salvato, vice presidente del Senato, ha chiesto alla Commissione Giustizia un esame rapido del provvedimento, già approvato dalla Camera.

La pena detentiva cesserà così di essere l'unica risposta dello stato di fronte al reato, e le sanzioni diverse dal carcere, finora solo deroghe d'eccezione alla reclusione, acquisteranno dignità di sanzioni autonome. Questi sono solo alcuni passi del cammino che auspichiamo possa condurre all'umanizzazione della pena e all'abbandono di una concezione esclusivamente punitiva o addirittura vendicativa del sistema sanzionatorio penale, concezione incompatibile con uno stato che si vuole civile.

Forte poi è l'impegno affinché siano esaminate al più presto le proposte di legge sulla difesa d'ufficio e difesa dei non abbienti; nella proposta da me presentata lo scorso 29 maggio si prevede anche l'istituzione in ogni istituto penitenziario di uno sportello che fornisca ai detenuti informazioni sulle procedure processuali.

Spero che alla luce di tale impegno e dell'attenzione con la quale il parlamento si sta dedicando al miglioramento del drammatico stato in cui versano le carceri italiane, poniate termine alla vostra testimonianza, alla quale va riconosciuto il merito di avere posto all'attenzione del paese le condizioni disumane in cui si trovano coloro che, colpevoli o innocenti, condannati o in attesa di giudizio, vivono e soffrono nelle carceri.

Una risposta positiva a questo appello, e a quello di tutti coloro ai quali sta a cuore la vostra vita e che da sempre si battono per una giustizia migliore e più umana, sarebbe un'ulteriore prova della vostra sensibilità.

* presidente commissione giustizia della Camera

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