Il Manifesto - 28.10.97

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Cosa si può fare? Parla Margara

"Le richieste dei detenuti sono ragionevoli". E la legge sulle droghe "ha soprattutto aumentato le dosi: non delle droghe, ma delle pene"

A. P. - ROMA

I L NUOVO presidente delle carceri, il fiorentino Alessandro Margara, già giudice di sorveglianza di una città che per anni si è distinta per intelligenza e equità nell'amministrazione della giustizia, è ora alle prese con una bella gatta da pelare, nel suo nuovo incarico. Non ci sono solo i mille del Nuovo complesso di Rebibbia, a rifiutare il cibo che passa il carcere, ma la prostesta si sta ora estendendo. E' come se le tante incongruità del carcere, compresa la sua stessa esistenza, avessero tutte insieme fatto un corto circuito che non è più possibile risolvere con promesse e contentini. E sotto accusa c'è una questione che non spetta a lui risolvere, ma che appare sempre più esplosiva, quella della discrezionalità totale dei giudici di sorveglianza e della conseguente disparità di trattamento di un detenuto da regione a regione.

Presidente, i detenuti non sopportano più questa sorta di roulette russa rappresentata dai magistrati di sorveglianza.

Credo che soprattutto i giudici di sorveglianza siano scoraggiati da troppi segnali negativi, compresi quelli che gli arrivano dai media e dall'opinione pubblica e quindi tendono a un eccesso di prudenza. Dovrebbero essere incoraggiati a fare il loro mestiere, non a non farlo. Comunque, alla fine del mese faremo incontri con tutti i presidenti dei tribunali di sorveglianza per chiedere loro quali esigenze hanno.

Sì, però la responsabilità dell'esasperazione dei detenuti è anche da imputare a loro.

Guardi che le cose non vanno poi così male. Le misure alternative nel '96 solo per quanto riguarda gli affidamenti sono state 23 mila, più le semi-libertà. In definitiva, dei 49 mila attuali detenuti in tutte le carceri italiane, 20 mila sono in esecuzione pena esterna, 29 mila in esecuzione pena interna. Fortunatamente ci sono molti in custodia cautelare, altrimenti nelle carceri sarebbero settantamila. Occorre decidere: se vogliamo che i giudici facciano il loro mestiere, bisogna fare in modo che possano farlo.

Come si può porre un freno al dilagare del carcere? I dati sono sotto gli occhi di tutti: nel '90 c'erano 29 mila reclusi, oggi sono 49 mila.

Attualmente non si prospetta la solita panacea dell'amnistia che, certo, a breve risolverebbe molti problemi ma che, alla lunga, non serve a risolvere radicalmente alcune situazioni.

Quali ad esempio?

Quelle di coloro che sono condannati a pene lievi. A questo servirebbe la legge Simeone-Saraceni, perché potrebbe almeno fermare la crescita giornaliera. Occorre dire che, al senato, la legge è stata modificata in meglio, dal momento che sono stati estesi i casi di detenzione domiciliare. C'è poi la questione dei malati di Aids: penso che si potrebbe ragionevolmente arrivare a prevedere misure alternative per metterli fuori con l'obbligo di curarsi. La sentenza della Corte costituzionale del '95 ha ristretto l'ambito per poter usufruire delle misure alternative.

E i detenuti per reati connessi con la tossicodipendenza, che dall'approvazione della legge del '90 sono diventati un numero esorbitante?

Penso che la legge 162 ha soprattutto aumentato le dosi, non delle droghe ma delle pene.

Cosa pensa dello sciopero della fame che stanno attuando oltre mille detenuti di questo carcere?

Penso che le loro richieste sono del tutto ragionevoli, vogliono che il carcere assomigli di più a quel che la legge prescrive.

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