Il Messaggero - 03.05.98

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Dopo il voto del Senato sull’abolizione. Ergastolo, è scontro.

Di Pietro: manca la certezza della pena

ROMA - Continua a suscitare polemiche la decisione del Senato di approvare la legge che abolisce l’ergastolo. Da domani se ne occuperà la commissione Giustizia della Camera ma intanto fioccano le prese di posizione. La prima è del neosenatore Antonio Di Pietro, che in aula, al momento del voto, non si era presentato. E che ha preferito dire alla manifestazione del suo nuovo movimento «L’Italia dei valori»: «Il vero problema in Italia non è la pena di morte o l'ergastolo. Il problema è un altro, è quello della certezza della pena. Perché qui, in Italia, alla fine, chiunque, qualunque cosa faccia, a qualunque pena venga condannato, dopo un po' lo vediamo fuori a passeggiare». «Ed è anche giusto che sia così - ha proseguito Di Pietro - perché anche la rieducazione è importante, anche il reinserimento sociale della persona. Però la certezza della pena deve essere centrale e a me sembra che questo manchi ancora in Italia». Gli risponde a tono, Giulio Maceratini, capogruppo di An al Senato: «Una latitanza inammissibile quella di Di Pietro, un personaggio che a parole invoca sempre la severità della legge contro i malfattori ma che giovedì scorso è astutamente mancato all'appuntamento con la responsabilità del voto sull'ergastolo». Maceratini spiega così la poltrona vuota del collega senatore: «Un’assenza strategica per evitare un altro contrasto con D'Alema e i suoi elettori del Mugello o per non dare un dispiacere ai suoi possibili elettori di centro-destra che guardano con sgomento al disegno di legge approvato dal Senato che significa resa alla delinquenza». Ne approfitta anche l’avvocato Carlo Taormina, in passato vicino al Polo, che chiede le dimissioni del ministro Guardasigilli, Flick, che si era detto contrario all’abolizione dell’ergastolo: «E’ un personaggio extra ordinem, che si ricorda della sua autonomia solo quando può contare sull'assenza o sulla irrilevanza delle reazioni, quali sarebbero quelle degli ergastolani».

Ma anche nel mondo degli addetti ai lavori, il provvedimento che riduce a 33 anni la pena massima per un condannato, non trova troppi entusiasmi. Ne parla Walter Giovannini, il pm di Bologna che ha condotto l’inchiesta sui killer della Uno bianca: «È estremamente difficile come magistrato e come uomo, accettare l'idea che in futuro le porte del carcere si riapriranno, con certezza e indipendentemente dai loro percorsi individuali, per Fabio e Roberto Savi, condannati in via definitiva per ben 23 efferati omicidi». Mentre il Lisipo, uno dei sindacati di Polizia, dice per bocca del suo segretario, Luigi Ferone: «E’ inopportuno, proprio in un momento in cui la delinquenza, specialmente quella più feroce, che non esita a massacrare chi si oppone ai suoi disegni criminali, sembra aver accresciuto la sua potenzialità offensiva».

Solo Giacomo Mancini, sindaco di Cosenza ed ex segretario del Psi, ha scritto alla vicepresidente del Senato, Ersilia Salvato, promotrice della legge, per dire che «il voto con il quale il Senato della Repubblica ha cancellato la pena dell'ergastolo dall'ordinamento giudiziario italiano è un segnale di grande civiltà che colloca l'Italia tra i Paesi più avanzati del mondo».

M. Mart.

 

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