Il Messaggero - 27.01.98
La protesta dei malati di Rebibbia per sollecitare l iter del pacchetto Simeone alla Camera
Aids, quei condannati a morire in cella
di ANTONELLA STOCCO
Si chiamano Paolo Montanari, Tommaso De Santis e Marco Lanzetti; sono malati di Aids ricoverati nellinfermeria del carcere giudiziario di Rebibbia, simboli di una delle promesse disattese dal governo sulla questione penitenziaria. I malati di Aids chiusi nelle carceri italiane continuano a vedersi negare la sospensione della pena, dopo una sentenza della Consulta che risale al 93, emessa sullonda dellindignazione per le gesta della «banda dellAids a Torino». E se morte in carcere deve essere Montanari, Lanzetti e De Santis hanno voluto protestare nellunico modo possibile, con una settimana di sciopero della fame e della sete.
La loro storia filtra insieme alle denunce, affidate al movimento federativo democratico-tribunale del malato, sulle disastrose condizioni dellinfermeria di Rebibbia: il famigerato G14 già terreno di polemiche asprissime tra parlamentari, lega per la lotta alAids e vertice del dipartimento penitenziario, sulla somministrazione ai malati degli inibitori delle proteasi. Cibo immangiabile, niente cena la domenica, divieto di usare i fornelli per cucinare, relazioni sanitarie attese per mesi, sporcizia e terapie divergenti dalle prescrizioni: «Sono le segnalazioni più gravi che abbiamo girato al tribunale di sorveglianza e al dipartimento dellamministrazione penitenziaria responsabili del diritto alla salute dietro le sbarre; senza peraltro avere risposta» commenta il presidente della sezione romana dellmfd, Corrado Stillo. Finora la sola iniziativa concreta è la diffusione di una circolare del direttore generale degli istituti di pena, Alessandro Margara, datata 16 gennaio, che dispone per i detenuti malati di Aids la disponibilità di cucine autonome dal resto del carcere.
Aspetta risposte da uninfinità di tempo lintera popolazione detenuta di Rebibbia e di tutta Italia, sul complesso di norme sulle pene alternative alla detenzione chiamato pacchetto Simeone che è allesame (lentissimo) della commissione giustizia della Camera nonostante limpegno più volte ribadito per una rapida approvazione e grazie a un dietrofront del gruppo di An che ha sbarrato la via per la sede legislativa. Adesso i detenuti della biblioteca Papillon di Rebibbia, carcere guida di tutte le proteste divampate nei penitenziari, compreso lultimo lunghissimo sciopero della fame, chiedono dopo un anno di immobilismo che i partiti formalmente propensi alla soluzione dei problemi dei detenuti vengano inchiodati alle loro responsabilità e, in estrema analisi, «una sensibilità politica e civile che porti alle dimissioni i membri delle commissioni giustizia di Camera e Senato». Scrivono i detenuti di Rebibbia che in assenza di uno sbocco positivo lunica alternativa è la continuazione della lotta e lanciano un appello al Paese perchè nel 98 non cada nuovamente il silenzio sulla realtà carceraria.