Il Messaggero - 27.10.97

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I PROBLEMI DEL REINSERIMENTO

Prigioniero di un incubo, anche fuori dal carcere

Un lavoro esterno e forse un nuovo amore, ma oltre le sbarre non aveva trovato la felicità. Altri reclusi o “ex” hanno incontrato gli stessi problemi. Per questo il ministro Flick sta sollecitando l’applicazione delle nuove norme sulle misure alternative alla detenzione

di ANTONELLA STOCCO

Se davvero Fausto Fantoni si è ucciso, il carcere si deve interrogare su cosa ha condotto un detenuto ”fortunato” ad andarsene tutto solo in una baracca di campagna per tagliarsi le vene. Aveva un lavoro, Fausto Fantoni, la possibilità di uscire tutti i giorni dalla terza casa di Rebibbia per rientrarvi il pomeriggio; in dieci anni aveva rimesso insieme le macerie della sua vita: da assassino tossico con la prospettiva di trent’anni di cella a detenuto in articolo 21, formuletta che significa l’accesso a un beneficio prezioso e raro come il lavoro esterno. Non è bastato, come non è bastata una storia sentimentale, forse con una psicologa, a dargli la forza di continuare a vivere.

Eppure Fausto Fantoni ce l’aveva messa tutta: in carcere si era disintossicato, era andato a scuola con ottimi risultati, si era impegnato in varie attività sportive. Aveva combattuto e vinto la battaglia per cominciare il reinserimento. Eppure il 14 ottobre era stato visitato dai medici del centro di igiene mentale, e lunedì scorso uscendo come tutte le mattine per andare al lavoro è invece andato a morire tra le ortiche.

Sono stati tanti, nel tempo, i detenuti che sono precipitati nella depressione una volta ottenute le sospirate misure alternative al carcere. Perchè fuori dai penitenziari per loro non c’è il paradiso e ha ragione il ministro Flick quando dice che il lavoro è un diritto, una risorsa e non un costo per il carcere. Quando chiede con forza la collaborazione degli enti locali per il lavoro nel carcere, dopo il carcere, fuori dal carcere e in alternativa al carcere. A Rebibbia penale, la casa di reclusione, i laboratori di falegnameria e carrozzeria sono chiusi da due anni, chi lavora fuori in articolo 21 o in semilibertà nella costellazione di cooperative e iniziative per i detenuti spesso percepisce stipendi magrissimi, troppo poco per tentare di costruire una famiglia, affittare una casa. Sempre con l’incubo di perdere anche quei quattro soldi, essere licenziato e tornare ”chiuso”, ovvero vedersi revocare il beneficio.
Il risultato è una sorta di limbo sia pur invidiato da chi non ha nemmeno questo. Un limbo dove la parola reinserimento rischia di perdere il suo significato e la prospettiva di mettere nuovamente radici nel mondo esterno svela tutta la sua precarietà. Dice il ministro Flick che grazie al pacchetto Simeone, le norme per l’ampliamento delle misure alternative al carcere, sono stati trovati i fondi per assumere centinaia di assistenti sociali che si occupino dei detenuti in situazioni extramurarie, ovvero fuori dalle carceri. Un’altra delle iniziative indispensabili perchè non siano ampliate anche le delusioni. I detenuti che lavorano chiedono anche la revisione della norma che permette alle direzioni delle carceri di trattenere in custodia una quota di ciascun stipendio rendendo ancora più esile la possibilità di costruirsi un’esistenza fuori. Una richiesta in tal senso è stata presentata dal movimento federativo democratico per i detenuti di Rebibbia-penale.

Un’altra è stata recapitata al direttore generale dell’amministrazione penitenziaria Alessandro Margara dai reclusi della terza casa, con tutte le firme, compresa quella di Fausto Fantoni.

Oggi appena dietro l’angolo, ovvero nel grande complesso di Rebibbia-giudiziario una delegazione di deputati e senatori incontrerà i detenuti che dieci giorni fa hanno cominciato lo sciopero della fame proprio per la rapida approvazione del pacchetto-Simeone, seguiti dai detenuti di Regina Coeli e del carcere di Velletri. Preceduti in mattinata dal candidato sindaco Tiziana Parenti e, ieri mattina, dai parlamentari di Forza Italia Marco Taradash e Ernesto Caccavale ai quali i detenuti hanno espresso l’esigenza di un convegno-confronto sui diversi sistemi carcerari europei in particolare per quanto riguarda i detenuti malati.

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