La Repubblica - 06.12.97
Nelle carceri francesi liberi di fare sesso
Il progetto potrebbe partire già nel '98. Piccoli appartamenti per i reclusi dove ospitare mogli e figli per un periodo tra 8 e 72 ore
di FRANCO FABIANI
PARIGI - Rivoluzione nelle carceri francesi. Tra breve potrà concretizzarsi il vecchio e mai realizzato sogno dell'ex ministro della Giustizia, il socialista Robert Badinter, che, dopo aver decretato la fine della ghigliottina nel 1981 avrebbe voluto "umanizzare" le prigioni creando nell'ambito carcerario miniappartamenti per permettere ai detenuti per qualche ora o qualche giorno una vita familiare e sessuale. Questo vecchio progetto è oggi allo studio dell'amministrazione penitenziaria e dovrebbe essere sottoposto prossimamente al guardasigili Elisabeth Guigou.
Si tratterebbe di costruire nelle carceri appartamentini nei quali i condannati che scontano lunghe pene avranno diritto a "una intimità familiare" per un periodo stabilito tra le 8 e le 72 ore, senza sorveglianza diretta.
Un luogo insomma che permetta alla famiglia del detenuto, come spiegano gli psicologi e i sociologi dell'amministrazioone penitenziaria, di vivere periodicamente seppur per un breve momento "la vita familiare in tutte le sue dimensioni, dalla preparazione dei pasti a una notte in comune, passando per i rapporti amorosi".
Nello intenzioni degli estensori del progetto, quest'ultimo aspetto non è tuttavia la molla determinante. Se la possibilità di relazioni sessuali è esplicitamente prevista "nelle condizioni di una normale intimità", l'obiettivo principale alla base della creazione di questo dispositivo, che è già stato battezzato "Unità di visita familiare" (UVF), è "il mantenimento dei legami familiari preesistenti, in vista di un futuro reinserimento".
A questo progetto si è giunti dopo lunghe riflessioni e sulla base di un rapporto realizzato nel 1995 da una commissione di esperti che offre un quadro costernante della miseria affettiva che regna nelle prigioni francesi. Essendo proibite le relazioni sessuali, i detenuti, spesso sono costretti a fugaci rapporti amorosi nei parlatoi, in condizioni per loro quanto mai umilianti, ma assai sgradevoli anche per i sorveglianti che mal sopportano il loro forzato ruolo di guardoni. Il rapporto degli esperti rileva anche che la breve durata dei colloqui - spesso non più di mezz'ora - è traumatizzante per i familiari e soprattutto per i bambini che si vedono brutalmente privati di un reale rapporto con il genitore incarcerato.
Nella maggioranza dei penitenziari francesi le visite dei familiari si svolgono in grandi stanzoni suddivisi in anguste cabine a loro volta munite di una porta a vetri che dà su corridoi pattugliati dai onnipresenti sorveglianti. È spesso in queste condizioni che i detenuti si abbandonano a furtivi amplessi.
Le "Unità di visita familiare" dovrebbero essere concepite come degli spazi intermedi tra la prigione e un ambiente normale: piccoli appartamenti di due stanze, una per la coppia, l'altra per i figli. Inoltre dovrebbero essere equipaggiati di un angolo cucina e di servizi sanitari. L'accesso a queste UVF verrebbe proposto a tutti i detenuti che non sono in condizione di beneficiare di permessi di uscita o di altri trattamenti di favore destinati a garantire loro dei legami affettivi.
Sono tra gli 8 mila e i 15 mila i detenuti che potrebbero utlizzare le "Unità", secondo le cifre fornite dall'amministrazione penitenziaria. Una decina di prigioni sarebbero già state scelte come unità pilota e il progetto potrebbe vedere la luce, a titolo sperimentale, fin dal prossimo 1998. Il progetto si ispira alle richieste già avanzate nel 1991 dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura che chiedeva a tutte le amministrazioni penitenziarie di autorizzare visite familiari prolungate "in condizioni che rispettino la dignità umana" e il più possibile vicine ad una vita normale "in modo da favorire il mantenimento di relazioni stabili". Queste sollecitazioni ma anche l'esempio di riusciti esperimenti nelle carceri di altri paesi, hanno convinto i francesi a rilanciare il vecchio sogno di Robert Badinter. Tanto più che, come sostengono gli esperti, l'installazione di queste unità che consentono ai carcerati di riallacciare relazioni più o meno normali, "non può che contribuire a favorire la pace sociale e la tranquillità nelle prigioni".