La Repubblica - 14.11.97

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Se i detenuti offrono soldi per i terremotati

risponde

BARBARA PALOMBELLI

COSA volete che sia, con i tempi che corrono, un milione? Poco decisamente, ma se a raccogliere questi soldi sono dei detenuti, il discorso cambia radicalmente. Non so cosa pensiate dei cosiddetti "galeotti", ma il fatto che liberamente decidano di autotassarsi per venire incontro alle sofferenze e ai disagi dei terremotati, questo ce li rende sicuramente più vicini.

Detenuti che hanno sbagliato certamente, ma non uomini sbagliati, perché chiunque e comunque essi siano, sono sempre uomini, persone umane, parti integranti della nostra stessa umanità. Una solidarietà, la loro, che non nasce a caso, ma trova le sue vere radici proprio nell'istituzione carceraria, non per nulla chiamata luogo di pena. Luogo dove si soffre anno dopo anno, fino a privarti dei più elementari diritti umani e che inesorabilmente ti porta a chiuderti in te stesso, a non credere più a nulla o a nessuno. Oppure, per delle incredibili meccaniche interiori, ti trovi improvvisamente a condividere i dolori altrui, perché hai imparato a riconoscere chi sta soffrendo più di te.

"Ogni creatura - diceva Bertold Brecht - ha bisogno dell' aiuto degli altri", e questo è tanto più vero quando chi aiuta andrebbe a sua volta aiutato! Eppure alla faccia della diffusa indifferenza dei più, un detenuto tra i tanti, passa nelle singole celle, raccogliendo prontamente le adesioni della quasi maggioranza. Alcuni infatti hanno rifiutato, con i soliti luoghi comuni, i detenuti non sono poi così diversi da noi... non ho soldi... cosa vuoi che siano diecimila lire... e a noi chi ci pensa; ma il resto, credetemi, lo ha fatto con vera partecipazione.

Padre Davide cappellano di Gorgona (Li)

 

La solidarietà fra le persone ha bisogno di buoni esempi. Padre Davide e tutti i cappellani che svolgono il loro ministero all'interno delle carceri sono un punto di riferimento - al di là della fede di ciascuno - per i detenuti e le detenute. Così come i tanti volontari che dedicano tempo ed energie a chi sta scontando una pena... Un bel film sul carcere romano di Rebibbia (scritto e diretto da Francesca d'Aloja e Giusva Fioravanti) ci ha mostrato l'impegno e la fraternità dei volontari che scelgono di oltrepassare quelle mura: è una scelta difficile, da ammirare e magari imitare.

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